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Le Relazioni Umane come “lubrificante” del Taylorismo


Con i vari esperimenti i risultati ottenuti furono contradditori.
Si scoperse che esistevano tanto situazioni dove una bassa soddisfazione coesisteva con un alto rendimento, quanto situazioni in cui un’alta soddisfazione coesisteva con un basso rendimento.
Da qui, l’esigenza di elaborare un altro e più complesso quadro teorico, capace di spiegare queste anomalie.
Le Relazioni Umane, nonostante le critiche suscitate negli ambienti scientifici, riscossero un così prolungato successo perché, nel 20° secolo, il progresso tecnologico si manifestò in processi di crescente meccanizzazione, con fasi complete di produzione attenuate da sistemi di macchine  integrate. Per quanto riguarda il controllo del lavoro umano, quelle innovazioni provocarono due principali effetti:
spostamento dell’attenzione dalla incentivazione individuale al mantenimento della massima regolarità produttiva in funzione dei tempi stabiliti dalle macchine
il progressivo declino del cottimo individuale e la comparsa di cottimi collettivi di squadra
Queste tendenze significavano il superamento di due prescrizioni tipiche del proto- taylorismo: incorporazione nelle macchine di tempi e modi di esecuzione attenuava la necessità di ricorrere alla pura disciplina gerarchica come mezzo di controllo del lavoro operaio; dall’altro lato il lavoro di squadra veniva a prevalere sul lavoro solitario e individuale predicato da Taylor.
Di fronte alla spersonalizzazione crescente del processo produttivo, diventava urgente per il management recuperare il consenso operaio puntando sulla personalizzazione dei rapporti gerarchici dell’officina.
Il limite storico delle Relazioni Umane fu quello di non aver mai prodotto cambiamenti, il lavoro rimase sempre stupido e oppressivo, con le gerarchie intatte; loro però tentarono di avvolgere il tutto, con un’atmosfera di collaborazione e armonia. Le relazioni umane sono state una sorta di lubrificante per far funzionare meglio la macchina tayloristica.

Tratto da STORIA DEL PENSIERO ORGANIZZATIVO di Priscilla Cavalieri
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