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Le caratteristiche dei regimi di transizione

Sono quei regimi che presentano forme proprie della democrazia ma al tempo stesso conservano aspetti autoritari. Se ne trovano esempi nell’Africa Centrale e in alcune zone dell’Asia.
I regimi di transizione sono dunque tutti quei regimi preceduti da un’esperienza autoritaria o tradizionale, cui faccia seguito un inizio di apertura, liberalizzazione e parziale rottura della limitazione del pluralismo. Ciò significa che accanto ai vecchi attori politici, col tempo incominciano ad apparire delle opposizioni grazie anche ad un parziale rispetto dei diritti civili.
Tuttavia le opposizioni ammesse al processo politico non hanno possibilità di accedere al governo. Esistono dunque più partiti dei quali però solo uno è dominante e la competizione politica è molto ridotta.
Sono assenti forme evidenti di repressione poliziesca. Diciamo che questa è la risposta degli attori autoritari governanti alle spinte democratiche provenienti dagli altri attori politici, continuando comunque a mantenere l’ordine e il controllo della partecipazione politica. Infatti per questi regimi si può parlare di democrazia protetta: sebbene il regime presenti aspetti democratici è tuttavia controllato da apparati militari o forze esterne e leggi che limitano la competizione politica e il pluralismo.
Si tratterà invece di democrazia elettorale laddove ci sarà un corretto procedimento elettorale, ma i diritti civili non sono ben garantiti e la stessa informazione è monopolizzata. E ancora si hanno pseudo democrazie, le cui norme prevedono processi democratici che però non sono riscontrabili nella realtà.

Tratto da SCIENZA POLITICA di Marco Cappuccini
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