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Le categorie giuridiche


Noi eravamo arrivati al modello federale, poi in realtà dal punto di vista giuridico si tende a distinguere fra tre grandi tipologie di ordinamento:
- Stati Unitari;
- Stati Federali;
- Confederazioni.
Gli stati unitari : Le funzioni di governo possono essere attribuite ad unità politico-geografiche
sub-centrali (elettiva, se no sarebbe detta deconcentrazione) che però non hanno il potere di partecipare alle decisioni concernenti l’attribuzione delle competenze e delle risorse necessarie al loro funzionamento. Anche questa è una definizione teorica, nel senso che uno stato unitario in parlamento può decidere quali imposte devono finanziare i comuni, poi il processo politico-decisionale, che poi le amministrazioni locali con il loro rappresentante non intervengano è un discorso tutto da vedere come molti di voi sanno, tutte le decisioni in Italia di questo caso vengono prese con la consultazione e la partecipazione anche attiva dell’A.N.C.I. che l’associazione nazionale dei comuni italiani. In teoria il potere lo stato centrale c’è l’ha; questo serve a far vedere la differenza con lo stato federale dove La federazione nasce da un accordo tra una pluralità di enti politici indipendenti, (la federazione americana nacque come confederazione, poi trasformata in federazione soprattutto per esigenze militari di mettere in comune risorse) ma ambedue i livelli di governo (federazione e stati) sono autonomi nell’agire all’interno delle competenze loro attribuite dalla Costituzione, con la conseguenza che i cittadini sono soggetti contemporaneamente all’autorità di due governi. Ogni modifica della Costituzione richiede la maggioranza degli stati o l’intervento di un organo terzo (Corte suprema negli USA).
Più che modifica ci possono essere casi soprattutto nell’attribuzione delle competenze in cui è difficile capire chi è veramente competente in alcune materie trasversali o interdipendenti. Per esempio pensiamo ai rapporti tra politiche industriali e politiche ambientali, se lo stato fosse competente delle politiche industriali è chiaro che in certi casi ci sarebbero degli spazi di sovrapposizione in cui potrebbe intervenire la federazione per impedire un intervento di politica industriale; qui si potrebbe aprire un conflitto di competenza e quindi in genere gli stati federali hanno un forte organismo di garanzia tipo la nostra corte costituzionale che deve dirimere questi conflitti e del resto la corte costituzionale in Italia proprio a seguito della riforma costituzionale del 2001, negli ultimi 10 anni ha avuto un’esplosione di conflitti di attribuzione tra stato e regioni e quindi c’è stata una crescita enorme del livello di decisioni inerenti questi aspetti.
Questo è lo stato federale.
Richiama sempre le garanzie centro-vincolanti, cioè lo stato centrale non può fare qualsiasi modifica ma di fatto dev’essere concordata con gli stati della federazione.
La Confederazione è un modello più leggero: derivano da un’alleanza su base stabile tra diversi stati sovrani, ed i suoi poteri sono esercitati solo sulla base di una delega che può sempre essere ritirata. Essa non ha quindi alcuna sovranità sui cittadini dei singoli stati i quali non hanno a loro volta diritti e doveri di cittadinanza nei confronti della Confederazione.
È un livello di aggregazione molto più limitato. Viene messo in luce come le organizzazioni e le cooperazioni sono organizzazioni molto più deboli degli stati federali.
Bisogna capire come questo aspetto abbia rilevanza nell’individuazione delle relazioni finanziarie tra questi soggetti. Nel caso di una confederazione è chiaro che sarà difficile che la confederazione abbia un potere unitario forte, a differenza della federazione. Probabilmente potrebbe essere finanziata solo attraverso trasferimenti in questo caso dal basso, dai singoli stati oppure con una minima compartecipazione ad un’imposta comune dagli stati. Pensiamo al caso della piccola quota di compartecipazione i.v.a. che gli stati che fanno parte dell’UE danno all’UE per finanziare il bilancio europeo, ma è minima.
Esiste poi un ulteriore livello di organizzazione, le c.d. organizzazioni sovranazionali che sono un qualcosa ancora di più limitato rispetto alle stesse confederazioni, per esempio l’ ONU che deriva da accordi tra nazioni per cercare di trovare soluzioni a problemi mondiali come la pace, dell’inquinamento. Ovviamente sono organizzazioni molto deboli, perché sono spesso soggette alla regola dell’unanimità per ogni tipo di decisione; mentre la confederazione nei rapporti iniziali con la delega già certe questioni le dirime; in più (le organizzazioni) non hanno nessuna capacità coattiva diretta , perché ad esempio l’ONU quando vuole mettere in pratica una certa deliberazione ha bisogno di uno o più stati membri che lo aiuti ad applicarla.
Un principio importante che è collegato a tutti i discorsi che abbiamo fatto, è il c.d. principio di sussidiarietà. Perché ne parliamo? Perché poi in realtà quando noi ci chiediamo: ma perché esistono più livelli di governo? Vedremo come economisti che potrebbero esserci delle giustificazioni, la presenza di più livelli di governo da un punto di vista del principio di efficienza. Però c’è anche l’insieme politico e giuridico che ha elaborato il c.d. principio di sussidiarietà in base al quale si prevede che la decisionalità in genere è bene che sia il più possibile allontanata dallo stato centrale. Il principio in estrema sintesi afferma che: qualsiasi problema dovrebbe essere affrontato e risolto da parte dell’autorità competente collocata al livello più basso possibile della scala gerarchica di riferimento. Ha a che fare con il principio di decentralizzazione ma è comunque una cosa diversa perché è di fatto un principio di tipo filosofico; il concetto è in generale applicato ai rapporti tra individuo e società e istituzioni. L’idea di base è che il potere politico deve intervenire solo quando la società e le sue parte costitutive: individui, famiglie, comunità locali non sono in grado di soddisfare adeguatamente i loro bisogni. Questo è il punto fondamentale. È la base del principio di sussidiarietà. Sono queste tre fasi, che ci consentono di tipizzare il principio di sussidiarietà in due tipologie:
- Sussidiarietà orizzontale;
- Sussidiarietà verticale.
La sussidiarietà orizzontale è quella da cui nasce il principio generale di sussidiarietà che deriva da un Enciclica Papale del 1931 che sosteneva che lo Stato non deve intervenire quando i corpi sociali intermedi, famiglia e istituzioni, sono in grado di svolgere le stesse funzioni autonomamente.
Non casualmente è un principio che nasce in un epoca di sviluppo del totalitarismo è proprio un po’ il meccanismo di autodifesa della società rispetto alla dominanza totalitaria dell’organizzazione statale. Quindi la difesa del libero associazionismo da tutti i punti di vista, a difesa dei diritti fondamentali della persona umana.
La sussidiarietà verticale è quella più vicino a noi e che è lo scopo del corso. Sostanzialmente è il principio anche nei tratti dell’UE che sta alla base delle relazioni intergovernative sia per  quello che concerne i sistemi federali che quelli non federali in cui sia presente il decentramento, il principio di sussidiarietà cosa vuole significare? Che la decentralizzazione va preferita se non vi sono ragionevoli motivi per l’attribuzione delle funzioni al centro. Ad esso spetta l’onere della prova, esiste una presunzione di base in favore dell’attribuzione dei poteri a livello più bassi. Quindi il principio dice questo, però attenzione sulla base del principio di sussidiarietà noi potremmo anche scegliere di accentrare una funzione decentrata se lo stato centrale è in grado di dimostrare che vi sono ragionevoli motivi da un punto di vista della funzionalità del servizio, cioè le infrastrutture  energetiche di un paese non ha senso che le gestisca un singolo comune. Ci sono molti motivi funzionali che possono giustificare e quindi se questo fosse fatto in base al principio di sussidiarietà noi lo attribuiamo allo stato centrale.
Il principio di sussidiarietà può essere visto come un principio a favore delle amministrazioni locali, perché si basa su questa presunzione di favore dell’attribuzione dei poteri a livelli più bassi. L’onere della prova dev’essere dato dall’amministrazione statale, se no perde forma una funzione che è decentrata al massimo. Quindi c’è una valenza politica e giuridica del principio di sussidiarietà. Politica per questi motivi, giuridica perché l’art. 5 del Trattato di Maastricht attribuisce agli stati tutte le funzioni che non abbia senso attribuire all’Ue sulla base del c.d. principio di non sufficienza cioè il fatto che gli interventi degli stati non sono funzionalmente adeguati allo snellimento delle funzioni di cui si sta discutendo. Principio di sussidiarietà dall’art.5 del Trattato di Maastricht: “solo se e nella misura in cui gli obiettivi che si prefigge con la propria azione non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque in ragione della loro dimensione o degli effetti dell’azione proposta essere meglio conseguiti dalla Comunità”.
Riprendiamo un attimo il tema delle tipologie della decentralizzazione: nella classificazione ci sono tre grandi tipologie, già descritte la volta scorsa, cioè la deconcentrazione, la devoluzione e il federalismo. Va fatto notare che nel testo invece si parla di sistema funzionale, di sistema della decentralizzazione spaziale e infine di sistema federale. In realtà il sistema della deconcentrazione spaziale e il sistema funzionale sono stati utilizzati come sinonimi, soprattutto nel mondo europeo. Se volessimo essere corretti dovremmo parlare di sistemi funzionali, che si distinguono in sistemi prefettizi e in sistemi funzionali in senso stretto.
Nel linguaggio europeo il modello della deconcentrazione sta a significare un modello di tipo funzionale, cioè in cui l’articolazione del settore pubblico è di tipo centralistico, però queste amministrazioni centrali, che lavorano in un’ottica settoriale - funzionale, hanno delle forme di decentramento funzionale rispetto ai loro organismi periferici; il modello tipico è quello del Ministero Centrale Direzione Regionale connesso all’istruzione, o ai lavori pubblici.
Il concetto è quindi sempre quello: c’è un’organizzazione centrale che si occupa di una determinata funzione, e che viene articolata territorialmente con delle diramazioni periferiche (caso tipico dei Ministeri); se vogliamo prendere un caso tipico di un Paese europeo, abbiamo la Francia, tradizionalmente centralistica, ma in cui c’è una vasta deconcentrazione: il termine deconcentrazione è usato come alternativo al termine decentramento o decentralizzazione , in quanto il termine deconcentrazione è tipicamente un termine di tipo burocratico (è come una grande banca che ha delle direzioni regionali); queste diramazioni periferiche a loro volta possono avere maggiori o minori poteri delegati per quello che concerne l’autonomia di bilancio, le scelte di spesa e così via. Però rispetto ad un sistema di decentralizzazione spaziale o devoluzione implica un trasferimento di poteri agli organismi decentrati e che hanno una forma di rappresentanza politica basata sull’elezione diretta.
In questo  senso abbiamo un trasferimento di potere a degli organismi elettivi, che consistono in vere e proprie deleghe, con trasferimenti molto forti a livello di autonomia decisionale.
Quindi il termine deconcentrazione è un termine molto europeo, mentre a livello internazionale (specie nei paesi del Sud America e del sud-est asiatico) si è assistito ad una grossa trasformazione da sistemi di tipo deconcentrato-funzionale a sistemi di decentralizzazione spaziale, il che ha comportato un aumento di trasferimenti di poteri a organismi elettivi.
L’ultima volta avevamo visto il principio di sussidiarietà; è un principio molto generale che tocca tutti i rapporti fra individuo, società, istituzioni e corpi intermedi, e difatti si parla di sussidiarietà orizzontale e sussidiarietà verticale; noi ci concentriamo sulla sussidiarietà verticale, che implica le relazioni che si riferisce alle relazioni fra livelli di governo, e che ci dice come principio di base che l’ipotesi di gestione del potere amministrativo o legislativo, a seconda del modello di ordinamento in cui noi ci troviamo, deve essere generalmente preferito al livello più basso possibile.
Il principio di sussidiarietà è un principio bivalente, cioè non è che ci impone di fissare i poteri dal centro alla periferia, ma ci dice solo che c’è una presunzione di base di attribuzione dei poteri alla periferia, ma se esistono giustificazioni razionali dal punto di vista economico o funzionale, queste funzioni devono essere trattenute al centro o addirittura ricentralizzate.
Quindi la valenza pro-centralizzazione del principio di sussidiarietà è solo basata sul fatto che questa presunzione di base è soggetta all’inversione dell’onere della prova, cioè se non c’è una giustificazione adotta dal centro valida, automaticamente le funzioni devono essere attribuite alle amministrazioni locali. Ci devono quindi essere adeguate motivazioni basate su ragionamenti di tipo economico-funzionale per giustificare le scelte di accentramento, di centralizzazione.
Il principio di sussidiarietà lo ritroviamo nell’Art. 5 del Trattato di Maastricht: essendo quest’ultimo un trattato fra Stati, il principio viene riferito nei rapporti fra la Comunità e gli Stati, ma evidentemente diventa un  principio ispiratore negli ordinamenti giuridici per quel che concerne tutti i rapporti fra gli Stati e le entità politiche dei livelli inferiori, e a maggior ragione nei rapporti diretti che ci sono fra Unione Europea ed enti subnazionali che ci sono nei vari Paesi che la compongono.
L’Art.  5 del Trattato di Maastricht recita “… la Comunità svolgerà la propria azione secondo il principio di sussidiarietà, solo se e nella misura in cui gli obiettivi che si prefigge con la propria azione non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque in ragione della loro dimensione o degli effetti dell’azione proposta essere meglio conseguiti dalla Comunità”. Questo principio implica che la giustificazione di un certo tipo di iniziativa della Comunità Europea in termini di accentramento di funzioni e di sottrazioni di compiti agli Stati membri deve essere giustificata e basata su questo principio della non sufficienza. Questa valenza del principio di sussidiarietà è anche certamente di tipo giuridico, e nella sua applicazione pratica certamente presenta delle problematiche; ad esempio in caso di conflitto di attribuzione occorre l’intervento di un organismo terzo di tipo giudiziario, che è la Corte di Giustizia Europea, con un compito di mediazione.
La scorsa volta avevamo parlato della difficoltà di trovare una differenza fra modelli di Stato di tipo unitario, di tipo più o meno decentrato per arrivare alla soluzione di modelli di tipo federale o confederale, e si era detto che importante era la differenza fra due concetti base che vengono utilizzati nella analisi dei sistemi di relazione fra i diversi livelli di governo; abbiamo un problema di natura della ripartizione del potere come costituzionalmente definita, è questo a differenziare il sistema accentrato da quello federale (nel sistema federale il centro non può cambiare l’assetto delle competenze fra i livelli di governo e le stesse relazioni finanziarie senza un’approvazione esplicita da parte delle organizzazioni politiche che compongono la federazione). Là dove ci sono queste garanzie, il sistema è di tipo federale, c’è un fedus che deve essere rispettato fra gli Stati.
È importante sottolineare che questa natura non necessariamente si accoppia ad una ripartizione di poteri ugualmente rilevante, nel senso che possiamo avere un sistema di forti garanzie rispetto alle autonomie locali, ma allo stesso tempo queste autonomie locali, a causa dell’accordo iniziale, hanno mantenuto poteri relativamente limitati, o comunque magari poteri più limitati di quelli che troviamo in un modello ordina mentale di tipo unitario o di tipo regionale.
Se noi studiamo un sistema di federazioni intergovernative, dovremmo andare a vedere da un lato la natura delle relazioni, cioè in che misura i governi subnazionali sono tutelati dall’ingerenza del potere centrale, e dall’altro lato dovremmo andare a valutare la quantità del potere che viene ripartito fra i livelli di governo in termini di distribuzione di competenza per un’analisi del potere effettivo che viene gestito a livello locale, sia dei sistemi unitari che federali. Questo è stato definito come il problema della misurazione del grado di decentramento.
Quando studiamo il federalismo fiscale, abbiamo dei grossi problemi oltre a quello di gestione del sistema in termini di coordinamento complessivo della finanza pubblica, è cioè quello di misurazione in termini comparati.
La differenziazione per natura della ripartizione territoriale del potere e qualità del potere ci serve per comprendere come a volte possa emergere un evidente paradosso di modelli di Stato federale in cui magari c’è una distribuzione del potere delle varie funzioni pubbliche più accentrata rispetto a quella che troviamo negli Stati decentrati come ad esempio la Francia.
La Svezia ad esempio non è un Paese federale, ma i poteri attribuiti alle amministrazioni locali, rendono la distribuzione del potere più accentuata che i Germania.

Tratto da SCIENZE DELLE FINANZE di Andrea Balla
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