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Le fasi del genocidio ebraico


Sebbene sia innegabile che l’antisemitismo militante è stato un fenomeno marginale, si deve sottolineare l’importanza di un antisemitismo passivo che un gran numero di tedeschi avrebbe manifestato dopo la prima guerra mondiale. È un antisemitismo di tipo reattivo: i tedeschi consideravano gli ebrei un corpo estraneo nella nazione e che oltretutto occupavano posizioni sempre più influenti nella società. Dopo il 33 l’antisemitismo passivo determinò un atteggiamento cieco di fronte alla politica di segregazione che accettava persino la parvenza giuridica delle leggi di Norimberga le quali accanto alla condizione rispettabile dei cittadini del Reich, definiscono anche quella infamante dei sudditi dello stato. Poiché tale politica era legale, una parte della popolazione non si sentì colpevole delle misure adottate contro una minoranza che era stata guardata con sospetto un’inchiesta aveva messo in dubbio l’impegno patriottico degli ebrei L’indifferenza della popolazione aumenta man mano che cresce il sostegno nei confronti della politica generale del regime e dei suoi successi eclatanti in campo economico, diplomatico e militare.
La loro percezione della realtà era alterata dall’ideologia che disumanizza il nemico giudeo-bolscevico. Il condizionamento ideologico subito da milioni di tedeschi comuni se anche da solo non basta a spiegare la specificità del genocidio a comunque contribuito a creare il clima ideale perché venissero adottate quelle misure burocratiche che preparavano l’annientamento fisico degli ebrei.
Per la tesi intenzionali sta Hitler è intenzionato sin dall’inizio a distruggere fisicamente gli ebrei e la “soluzione finale” è il risultato di un programma pianificato che egli ordina e a cui soprintende personalmente. Per la tesi funzionalista le misure contro gli ebrei derivano da molteplici iniziative improvvisate dalla policrazia nazista e l’annientamento finale è una soluzione burocratica funzionale alle esigenze politico-militari che si manifestano a partire dal 1941 e non l’esito di un piano razionale. Gli storici dello Shoah sono sempre più convinti che all’origine del genocidio ci siano le pratiche locali di sterminio adottate nei territori sovietici occupati. Si tratta di operazioni diverse che non erano inserite in un piano generale ordinato da Berlino: i dirigenti dei “gruppi d’intervento” interpretarono infatti in senso piuttosto ampio le direttive criminali che ordinavano loro di fucilare seduta stante i dirigenti comunisti, gli ebrei che rivestivano importanti cariche pubbliche così come tutti gli altri elementi radicali. La cronologia generale del processo che ha condotto prima alla decisione e poi all’attuazione di un annientamento ormai totale e industriale può essere diviso in 4 fasi:
1. tra giugno e novembre 1941 viene fucilato 1 milione di persone più altre 400.000 l’anno seguente nel corso di varie operazioni di massacro. I membri delle comunità ebraiche sono assimilati a dei nemici, a bocche inutili o a propagatori di epidemie, sono individui superflui.
2. tra dicembre 1941 e febbraio 1942 sarebbe maturata la scelta definitiva del genocidio. Sono le autorità berlinesi a gestire i massacri che si trasformano in sterminio sistematico degli ebrei. La decisione è stata presa in risposta alla dichiarazione di guerra degli Stati Uniti che i nazisti interpretano come una mossa della finanza ebrea internazionale. Viene sperimentato l’uso dei camion a gas come sistema ausiliario per uccidere donne e bambini.
3. tra il mese di marzo e l’estate 1942 si assiste all’attuazione del genocidio organizzato con la costruzione e la messa in funzione delle fabbriche della morte. Sono inaugurati diversi lager compreso Treblinka e Auschwitz
4. a partire dall’estate del 1942 per un periodo di 3 anni il sistema di genocidio industriale funziona causando la morte di 3 milioni di persone
C’è la stretta collaborazione tra tutte le istituzioni tedesche (SS, polizia, amministrazione civile) nel perseguimento del loro obiettivo.

Tratto da IL SECOLO DEI GENOCIDI di Filippo Amelotti
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