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Le fonti di letteratura storica del Vasari

Utilizzata largamente dal Vasari nella seconda edizione. Il Borghini gli aveva certamente fatto avere degli estratti della Cronica Langobardorum di Paolo Diacono, già stampata nel 1514 e con traduzione italiana del Domenichi nel 1518. Notevole e caratteristico è il suo modo di servirsi delle Storie fiorentine di Giovanni e Matteo Villani, dimostrato dal Kallab col metodo dei passi paralleli. Vasari ha tolto i passi che si riferiscono agli edifici di Firenze e dintorni e li ha completati in molti modi, aggiungendo del suo ai testi degli antichi cronisti, presi alla lettera (cosa mai notata prima nella letteratura artistica). Questo riguarda soprattutto i nomi degli artisti del Trecento, che egli aggiunge di fantasia alle notizie date da cronache anonime per arricchire il suo scarso materiale. Sono attribuzioni risultate quasi sempre erronee ma ancora oggi prese spesso per buone. Un procedimento che rimane comunque indiziario della tecnica romanzesca del Vasari.
Secondo quanto dice egli stesso, ha esaminato anche dei documenti. Nella Vita di Giotto nomina il Libro vecchio della Compagnia dei pittori fiorentini,mentre nella vita di Andrea Pisano nomina il Libro dell'arte della Calimala. In realtà è stato dimostrato dal Kallab che Vasari non fece un vero uso dei documenti e che i dati costruiti sono molto arbitrari.
Dava, invece, molto valore alle iscrizioni, già nella prima edizione e molto di più nella seconda. Erano a lui più familiari, unites strettamente all'opera d'arte, e talvolta le ha copiate e riprodotte con sufficiente fedeltà.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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