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Le liberalità non donative


• donazione indiretta art. 809
Si ha donazione indiretta quando il donante raggiunge lo scopo di arricchire un’altra persona servendosi di atti che hanno una causa diversa da quella della donazione (es.: nel pagamento di un debito altrui, la cui causa consiste nell’estinzione del debito, in sostanza si avvantaggia il debitore come se gli si donasse la somma dovuta per il pagamento).
Tale negozio non può ritenersi tecnicamente una donazione anche se attua una liberalità, per cui non è soggetto alle regole formali tipiche della donazione. Ad esso, tuttavia, l’art. 809 estende l’applicabilità delle norme sulla revoca e sulla riduzione delle donazioni.
Nelle donazioni indirette la liberalità coincide con il risultato dell’atto, mentre nelle donazioni dirette la liberalità costituisce il contenuto, l’oggetto immediato dell’atto.
• negozio misto con donazione
È una categoria della quale si individuano due distinte ipotesi.
La prima riguarda il contratto in cui concorrono gli elementi di più contratti tipici che si fondono in un’unica causa, concorrendo così a realizzare un interesse unitario sul piano pratico-economico.
La seconda, invece, riguarda l’ipotesi di una pluralità di cause concorrenti nella unicità del rapporto (es.: vendita mista a donazione).
Nell’una e nell’altra ipotesi (fusione o concorrenza di cause) il contratto misto è inteso come contratto unico.
Per determinare la disciplina giuridica può farsi riferimento sia al criterio cd. della combinazione, secondo il quale ciascun elemento contrattuale distinto deve essere regolato dalle norme che gli sono proprie, sia al criterio cd. dell’assorbimento, secondo il quale si applica la disciplina del contratto prevalente.
Si ritiene attualmente preferibile il criterio cd. dell’assorbimento attenuato, secondo il quale può applicarsi la disciplina dell’elemento prevalente unicamente in caso di incompatibilità tra le discipline dei distinti elementi contrattuali.
• liberalità d'uso art. 770.2
Le liberalità d'uso sono quelle liberalità che si suole fare in occasione di servizi resi o comunque occasione di determinate circostanze (es. genitori dei futuri sposi per l'arredamento della casa) a causa di determinati rapporti (es. parentela) in conformità agli usi (es.: le mance, le gratifiche ai dipendenti etc.) ossia caratterizzate dal fatto che chi le compie intende osservare un uso, cioè adeguarsi al costume vigente nell’ambiente sociale di appartenenza; anche se cmq la dona­zione non deve comportare un depauperamento apprezzabile del patrimo­nio di chi la compie.
Pertanto, la configurabilità della liberalità d'uso richiede:
che l'attribuzione patrimoniale gratuita sia effettuata per speciale apprez­zamento dei servizi in precedenza ricevuti dal donante o per rispettare l'uso che consiglia di compierla in determinate occasioni (variabili da luogo a luogo e di tempo in tempo);
una certa equivalenza economica tra il valore delle cose donate e quello dei servizi ricevuti dal disponente, rientrandosi altrimenti, per la prevalenza dell' animus donandi sull'animus solvendi, nell'ipotesi contemplata dall'art. 770.1, quella della donazione rimuneratoria.
Nella liberalità d'uso, che è un contratto, la causa è identica a quella del con­tratto di donazione. Le differenze risiedono nel motivo e nell'elemento sogget­tivo, poiché la volontà dell'autore della liberalità d'uso non è libera ma vinco­lata dal costume sociale.
Tuttavia, alla liberalità d'uso non si applicano le disposizioni sulla donazione relative alla capacità di donare, alla legittimazione a ricevere e alla forma so­lenne.
Ai sensi dell'art. 770 c.c. le liberalità d'uso non costitui­scono donazione.

Tratto da LA DONAZIONE di Beatrice Cruccolini
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