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Le radici dell'indipendenza americana


L'indipendenza americana affonda le sue radici qui. I coloni inglesi, nella loro memoria storica, sono rappresentati come privati che agirono di loro spontanea volontà, impiegando propri capitali. I coloni inglesi andarono in America non per conquistare ma per coltivare ed avere successo. Non erano emigrati per perpetuare la corrotta società europea degli Stuart, ma per edificarne una nuova, più giusta e soprattutto repubblicana. Richard Bland, colono della Virginia, disse che quando i sudditi sono privati dei diritti civili o sono insoddisfatti del posto che occupano nella loro comunità hanno il diritto di lasciare la società di cui erano membri e ritirarsi in un altro paese. Bland negò il diritto della corona di tassare le colonie senza una vera rappresentanza in Parlamento. Il potere della Madrepatria non aveva l'autorità di limitare la libertà che i fondatori di quelle comunità avevano acquistato esercitando il loro diritto di uscita. James Wilson chiosò così: “forse che coloro che si sono imbarcati liberi in Gran Bretagna, sono sbarcati schiavi in America?”.
L'Inghilterra era stata a lungo vista come il paradigma di uno Stato Moderno: commerciale, calcolatore e non turbato da contrasti culturali o religiosi di lungo periodo. Era agli occhi di tutti, in particolare dei francesi, la nuova Lega Achea. Tutto sembrò però mutare al termine della guerra dei Sette Anni (1763) con la perdita del Canada e la vittoria degli inglesi.
Dal 1763 la corona britannica si fece più intransigente verso le colonie, specialmente nell'insistenza di richiedere più tasse e nell'imporre l'obbedienza ai dettami del governo centrale, senza una vera rappresentanza parlamentare. L'Inghilterra sembrava così somigliare alle dispotiche Spagna e Francia di cui parlava. Già nel 1775 il futuro presidente degli Stati Uniti, John Adams, obiettò che un concetto di impero inglese in America non era mai esistito né nella common law né nel diritto naturale, e che tale pretesa apparteneva solo al linguaggio delle gazzette e dei pamphlet. Harringt e Fletcher sostennero che l'Inghilterra e i suoi domini d'oltremare erano invece qualcosa di più simile ad una confederazione di Stati e che le colonie americane non erano mai state parte del Regno d'Inghilterra ma domini distinti e separati, al contrario delle spagnole e parzialmente delle francesi. Sia pure che tale confederazione sia unita da una sola corona, ma ogni potere di legislazione doveva essere definito e completo in ogni sua parte, e ciascuna sede legislativa doveva essere del tutto indipendente dall'altra.
Se le colonie avevano origine lockiana ed erano dunque basate sul diritto naturale, ne conseguiva che esse non avessero nessuna autorità superiore tra gli abitanti delle colonie e che dunque erano libere di scegliersi uno (o nessuno) governo di qualsiasi tipo e che l'autorità sarebbe stata conferita a colui che aveva garantito il diritto a lasciare la comunità politica nella quale i coloni erano nati. In sostanza, al re. Era al re e non al Parlamento che i coloni erano soggetti, ma su un piano di parità, come se egli fosse solo un supervisore generale. La preoccupazione di togliere il Parlamento dalla guida delle colonie si riferiva alla preoccupazione di farsi riconoscere il diritto di dichiarare guerra e di imporre tributi, perchè eliminati questi ostacoli, allora, e solo allora, l'America sarebbe davvero stata un regno. I rivoluzionari americani sfruttarono per i loro fini il fatto che le colonie americane erano state, almeno per certi aspetti, fondazioni feudali, dato che tutte le terre d'America erano state concesse in origine in libero e comune feudo del manor di East Greenwich nel Kent.  Da un punto di vista giuridico ciò voleva dire che esse erano parte della proprietà reale e nessuna parte della terra del re poteva essere concepita costituzionalmente se non come porzione dei feudi reali d'Inghilterra.  A causa di tale finzione puramente giuridica, in materia di tasse e di rappresentanza era anche possibile obiettare che le colonie non si distinguevano da alcuna contea inglese.
Ma se ciò era vero, allora le colonie avrebbero dovuto godere di tutti i diritti goduti dagli inglesi.
La finzione secondo cui la Nuova Inghilterra è parte integrante dell'Inghilterra è una delle cause  che spiega perché coloro che furono più accaniti nel rivendicare la dipendenza semifeudale delle colonie dal re piuttosto che dal Parlamento, furono anche i più accaniti nel negare che i coloni avevano semplicemente acquistato le loro terre  dagli indigeni americani. Se si poteva dimostrare ciò, che ogni colono americano poteva comprare terre come poteva fare ogni europeo in Europa, sarebbe stato difficile obiettare che la possedevano indipendentemente dal Parlamento. Ciò spiega perchè Jefferson, ed è curioso sentirlo da lui, non parlò di acquisti ma di conquiste.

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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