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Le singole cause di giustificazione: stato di necessità


Art. 54 c.p. stato di necessità: abbiamo già visto come il soggetto danneggiato nella situazione di stato di necessità sia estraneo alla situazione di pericolo in cui verte l’autore del fatto tipico.
Si è di fronte a delle giustificate intrusioni nella vita di terzi che niente hanno a che fare con la situazione impellente che giustifica il soggetto agente a compierle.
E’ proprio per questo motivo che l’istituto dello stato di necessità deve essere più rigido.
Innanzi tutto sono giustificati i fatti tipici solo se lo stato di necessità che li causa riguarda un “danno grave alla persona”.
E’ sempre necessaria la proporzionalità tra l’offesa arrecata dal soggetto agente e quella da lui temuta, e infine deve esserci uno stato psicologico tale da portare il soggetto agente ad agire senza essere in grado di pensare all’offesa che sta arrecando al terzo, quest’ultimo requisito è molto importante in quei casi in cui ad agire non è il soggetto in pericolo: il c.d. soccorso di necessità.
La disciplina dello stato di necessità è sostanzialmente uguale a quella della legittima difesa anche se, dato che il bene giuridico aggredito dall’azione giustificata non appartiene al soggetto aggressore ma a un terzo estraneo, si hanno alcune differenze:
- Oggetto del pericolo, non un qualsiasi pregiudizio a un qualsiasi bene o interesse ma solo un danno grave alla persona.
Quindi il pericolo deve riguardare l’offesa ad un diritto della personalità e deve essere un’offesa grave che sarà valutata caso per caso.
- Fonte del pericolo, non un’aggressione ingiusta da parte di un uomo, bensì può consistere sia in un fatto illecito altrui (regolamento di conti) sia in un fatto naturale (inondazione).
Se la fonte del pericolo è un fatto illecito di un soggetto allora sussiste stato di necessità quando l’offesa non tocca l’aggressore ma un terzo, altrimenti si ha legittima difesa, e quando la possibilità di far cessare il pericolo neutralizzando l’aggressore stesso non sussisteva: c.d. pericolo altrimenti evitabile.
Il pericolo può nascere anche da una minaccia purché il soggetto minacciato non abbia altra scelta che compiere il fatto tipico per salvare se stesso dalla minaccia, e che questa sia seria e potenzialmente pericolosa.
L’art. 543 c.p. afferma che del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a compierlo come autore mediato.
Il soggetto concretamente agente è responsabile solo qualora avesse modo di sottrarsi alla minaccia.
Infine non è invocabile lo stato di necessità da colui che ha volontariamente causato il pericolo.
Questa “squalifica” non colpisce il bene che viene a trovarsi in pericolo ma il soggetto titolare del bene, ciò comporta che egli potrà essere salvato da un terzo in soccorso di necessità che potrà regolarmente avvalersi dell’esimente dello stato di necessità.
Per “volontariamente causato” il pericolo si intende debba essere stato causato dal soggetto agente per dolo o colpa.
- Pericolo inevitabile altrimenti, cioè la condotta tipica è l’unico modo per tutelare il bene in pericolo.
In questo caso l’unicità è assoluta e non relativa come nella legittima difesa.
Si riprende anche il principio di necessità della reazione.
- Proporzione tra pericolo e reazione necessitata, nello stato di necessità la proporzione è più rigorosa e quindi il pericolo deve essere maggiore o uguale alla reazione.
- Elementi soggettivi, cioè tutti gli aspetti psicologici che legano il soggetto agente alla sua condotta tipica: dolo, colpa, preterintenzione, responsabilità oggettiva.
Questi influiranno sulla determinazione di eventuali responsabilità conseguenti al suo comportamento, come ad esempio colui che salvando se stesso o un terzo da una situazione di pericolo uccide una persona del tutto estranea alla vicenda.
Infine va ricordato il caso particolare previsto dall’art. 542 c.p. il quale afferma che non possono invocare l’esimente dello stato di necessità coloro che hanno il dovere giuridico di esporsi al pericolo.
Questa deroga all’applicazione generale dello stato di necessita è comunque rivolta solo ad azioni a difesa di un proprio bene giuridico, come il vigile del fuoco che abbandona una persona tra le fiamme per salvare se stesso.
Mentre non si applica ai casi in cui si tratti di un soccorso di necessità da parte del soggetto che ha il dovere di affrontare il pericolo, come il vigile che distrugge una parete per portare in salvo una persona da un incendio, oppure nei casi in cui sia lo stesso soggetto in dovere a necessitare il soccorso di necessità di altri, come il soggetto che viola un domicilio per portare in salvo un vigile del fuoco ferito.
Sia nella legittima difesa che nello stato di necessità l’ordinamento ricorre a due clausole generali per individuare in concreto la giustificazione: proporzionalità e necessità.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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