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Le successioni

Con il termine successione si indica il fenomeno per cui un soggetto subentra ad un altro nella titolarità di uno o più diritti.
La successione mortis causa può avvenire:
-    A titolo universale: si parla di eredi, che succedono all’intero patrimonio del defunto o in una quota di esso
-    A titolo particolare: si parla di legatari, che acquistano solo uno o più diritti patrimoniali determinati dal testatore
Con la successione mortis causa i beni intestati al decuius vengono trasferiti agli aventi diritto. La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. La giurisprudenza e la dottrina ritengono equiparata alla morte naturale la morte presunta. La delazione (o vocazione) ereditaria indica colui che è chiamato all’eredità, essa può avvenire per legge (successione legittima) o per testamento (successione testamentaria). Sono nulli i patti successori (contratti stipulati tra persone viventi, con i quali si regola la successione di una di esse in favore dell’altra o di un terzo), proprio perché ostacolano la libertà testamentaria. La dichiarazione di volontà del chiamato all’eredità del decuius si chiama accettazione. L’erede si considera come titolare del patrimonio ereditario fin dal momento dell’apertura della successione (efficacia retroattiva dell’accettazione). Il termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità è di 10 anni. Se il chiamato all’eredità è indeciso se accettarla o no, il giudice nomina un curatore del patrimonio ereditario con il compito di amministrarlo (eredità giacente).
Qualunque persona fisica, che al momento dell’apertura della successione, sia già nata e sia ancora in vita, è senz’altro capace di succedere. Oppure coloro che al tempo dell’apertura della successione erano soltanto concepiti (se nati entro 300 giorni dalla morte del decuius). Nel caso di successione testamentaria possono essere chiamati alla successione anche i figli non ancora concepiti di una persona vivente al momento dell’apertura della successione.
L’indegnità consiste nell’inidoneità del soggetto a subentrare nei rapporti che facevano capo al decuius. Le cause di indegnità sono:
-    Atti compiuti contro la persona fisica o contro la personalità morale del decuius (o di un suo coniuge, discendente o ascendente)
-    Atti diretti con violenza o dolo contro la libertà di testare del decuius (aver distrutto, occultato o alterato il testamento, formare un falso testamento)
-    Decadenza della potestà genitoriale: è escluso dalla successione del figlio, il genitore che sia stato decaduto dalla potestà genitoriale
La sentenza che pronuncia l’indegnità ha effetto retroattivo: l’indegno è considerato come se non fosse stato mai erede ed è perciò obbligato a restituire i frutti che gli sono pervenuti dopo l’apertura della successione.
La rappresentazione è l’istituto in forza del quale i discendenti legittimi o naturali (rappresentanti) subentrano al loro ascendente nel diritto di accettare l’eredità qualora il chiamato (rappresentato) non può o non vuole accettarla. Il rappresentato deve essere però un figlio, un fratello o una sorella del decuius.
Quando mancano le condizioni necessarie per far luogo alla rappresentazione (chiamata congiuntiva), si applicano le regole dell’accrescimento: con questo istituto, la quota che sarebbe spettata alla persona chiamata, che non può o non vuole accettare, si devolve agli altri chiamati congiuntamente tra di loro e in quote eguali.
Il chiamato all’eredità potrebbe avere un interesse morale a non diventare l’erede di una persona malfamata benché ricca (es. usuraio) o un interesse economico a non essere disposto a pagare i debiti se l’eredità è passiva, per questo l’accettazione può essere:
-    Espressa: semplice (viene fatta in un atto pubblico o in una scrittura privata, dichiarando di accettare l’eredità e di assumere quindi il titolo di erede) o con beneficio di inventario (viene fatta mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere)
-    Tacita: quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare
Con l’accettazione pura e semplice si verifica la confusione tra il patrimonio del defunto e quello dell’erede, che diventano un unico patrimonio, invece l’accettazione con beneficio di inventario impedisce questa confusione, perciò secondo le disposizioni contenute nell’art. 490 cod.civ., l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari, inoltre il suo patrimonio sarò separato da quello che ha ricevuto in eredità dal decuius.
L’accettazione con beneficio di inventario è obbligatoria quando ci si trovi nei casi di: minore di età o di persona giuridica.
Si fa luogo alla successione legittima quando il decuius non ha redatto un testamento, oppure ha redatto un testamento che dispone solo di una parte del suo patrimonio, le categorie di successori legittimi sono:
-    Il coniuge
-    I discendenti legittimi e naturali
-    I fratelli e le sorelle legittimi
-    Gli altri parenti legittimi fino al 6° grado
-    I fratelli e le sorelle naturali (nati fuori dal matrimonio)
-    Lo stato
Si ricorre alla successione necessaria ogni qual volta il decuius abbia disposto dei propri beni mediante un testamento o donazioni fatte in vita, sottraendo quindi parte riservata ai successibili (coniuge, figli, ascendenti). La quota che la legge riserva a costoro si chiama quota legittima o di riserva, i successibili che vi hanno diritto sono chiamati successori legittimi o necessari (perché devono in ogni caso succedere).
Quando all’apertura della successione vi sono dei legittimari, il patrimonio ereditario si distingue in 2 parti:
-    Quota disponibile: parte che il testatore era libero di attribuire a chi avesse voluto
-    Quota legittima (o riserva): parte della quale non poteva disporre, perché spettante per legge ai legittimari
Il patto di famiglia ha lo scopo di permettere al decuius, qualora svolga attività imprenditoriale, di regolare la successione nella propria azienda mentre è ancora in vita, ma in previsione della morte. Il patto di famiglia è un contratto plurilaterale stipulato fra il decuius e tutti coloro i quali sarebbero i suoi legittimari se egli morisse in quel momento: con esso egli trasferisce l’azienda, a uno o più fra i suoi discendenti, escludendone altri.
Si fa luogo alla successione testamentaria quando il decuius ha redatto un testamento. Il testamento è definito dal codice come "un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o parte di esse". Esso è appunto revocabile fino all’ultimo momento di vita del testatore, è strettamente personale, quindi non può essere fatto mediante un rappresentante, non è consentito il testamento congiuntivo, cioè fatto da 2 o più persone né a vantaggio di un terzo, né con disposizione reciproca. Se è redatto da un incapace di intendere e di volere il testamento è annullabile.
Essendo il testamento un atto formale, il codice prevede che possa essere redatto in più forme diverse:
-    Olografo: è il testamento redatto in forma scritta, datato e sottoscritto a mano da parte del testatore, deve inoltre indicare la data in modo completo
-    Per atto di notaio: può essere di 2 specie: segreto (sottoscritto a mano dal testatore e consegnato al notaio alla presenza di 2 testimoni, il notaio redige un atto di ricevimento, datato e sottoscritto da lui stesso, dal testatore e dai testimoni), e pubblico (redatto dal notaio, il quale mette in forma scritta le dichiarazioni di ultima volontà che gli vengono fatte oralmente dal testatore alla presenza di 2 testimoni; l’atto deve essere datato e sottoscritto dal notaio e dai testimoni).
Se vi sono più eredi, essi si trovano in una situazione di comunione, si applicano le regole dettare dal codice per la comunione. Nel caso in cui un coerede voglia eliminare la sua quota, gli altri coeredi hanno un diritto di prelazione avente efficacia reale: se la quota viene alienata, violando il diritto di prelazione, i coeredi hanno il diritto di riscattarla dall’acquirente (ritratto successorio).
La comunione ereditaria si scioglie con la divisione, che deve essere effettuata in natura, cioè dividendo i beni ereditari tra i coeredi in proporzione alle rispettive quote. Può essere realizzata mediante un accordo tra le parti, o mediante una sentenza pronunciata dal giudice su richiesta dei coeredi (o anche uno di essi). Il testatore può effettuare egli stesso nel testamento la divisione, assegnando i beni ereditari a ciascuno dei coeredi (divisione testamentaria).

Tratto da DIRITTO PRIVATO di Marco D'Andrea
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