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Le tasse dovute per l’erogazione di servizi pubblici


Un altro settore con riferimento al quale si rinvengono prestazioni qualificate come tasse è quello di alcuni servizi erogati dallo Stato o da altri enti pubblici talvolta con carattere di esclusività.
Non può sfuggire la netta eterogeneità di siffatte prestazioni rispetto alle tasse che abbiamo analizzato nel paragrafo precedente.
Qui, l’attività dell’ente pubblico non si compendia nell’esercizio di un potere autoritativo e discrezionale.
A maggior ragione in tali casi la prestazione definita tassa si differenzia dall’imposta; anche se nulla impedisce al legislatore di tenere conto della capacità contributiva ma al solo fine di una diversa  quantificazione dell’entità della prestazione.
È innegabile che lo scenario cui ci si trova davanti è diverso.
In primo luogo, diventa non agevole ravvisare la fonte di detta prestazione nella legge anziché in un rapporto contrattuale.
In secondo luogo, e in via di stretta interdipendenza, non si vede come in siffatte ipotesi possa escludersi che le due prestazioni diano vita a un rapporto obbligatorio bilaterale, con tutti gli inevitabili corollari che ne discendono.

Sembra che si possa utilmente richiamare quel che si è detto a proposito delle ragioni le quali hanno comportato la propensione ad assimilare la tassa all’imposta.
Non resta dunque che prendere atto della realtà per cui, sotto il peso di una tradizione non più suffragata dalle motivazioni che l’hanno ingenerata, alcune prestazioni del privato continuano ad essere denominate tasse sebbene le medesime a rigore non siano sussumibili nell’ambito di siffatto istituto così come lo abbiamo ricostruito alla stregua dei connotati caratterizzanti le prestazioni dovute all’ente pubblico in occasione dell’esercizio da parte di esso di poteri autoritativi.
Tutt’al più, in un estremo sforzo di cogliere qualche elemento unificante, questo può essere indicato nel complessivo e preminente rilievo pubblicistico del fenomeno in entrambi i casi, sia dal punto di vista della disciplina giuridica che da quello della quantificazione dell’obbligazione.
Si deve peraltro notare che qualche segnale di mutamento proviene da alcune innovazioni legislative.
In particolare, l’articolo 49 d.lgs. 22/97, il quale ha stabilito la soppressione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ha previsto che i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti suddetti siano coperti dai Comuni mediante l’istituzione di una “tariffa”.
La diversa qualificazione delle prestazioni in esame sembra legittimare l’idea di una “privatizzazione” di essa: nel senso che si è in concreto realizzato uno slittamento concettuale della prestazione medesima verso una configurazione per l’appunto privatistico/commutativa, nella quale cioè l’obbligazione viene ad essere collegata alla fruizione di un servizio reso dal Comune secondo uno schema sostanzialmente sinallagmatico.
Un ultimo chiarimento va dedicato alle prestazioni dovute dai privati a favore dell’ente pubblico in relazione al godimento di beni di proprietà del medesimo ad essi attribuito; prestazioni normalmente definite canoni per il loro carattere periodico.
Tali prestazioni vanno ricondotte ad una fonte di stampo contrattuale e sebbene a monte di esse vi sia normalmente un atto autoritativo (il più delle volte una concessione) il cui piano resta peraltro distinto da quello negoziale.
Va ricordato che anche con riferimento alle prestazioni in oggetto si è manifestata la tendenza legislativa che abbiamo appena finito di segnalare.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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