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Le teoria di Frith e Harvey sulla schizofrenia


Frith suppone che l’aspetto linguistico implicabile nei disturbi di questo gruppo (deliri paranoidei, di riferimento, allucinazioni in terza persona e incoerenza) si possa individuare nell’ambito della pragmatica, cioè a livello dei processi con cui usiamo il linguaggio per comunicare i nostri pensieri e i desideri degli altri.
Alcuni disturbi del pensiero schizofrenico riflettono un disturbo della comunicazione causato in parte dall’incapacità del paziente di prendere in considerazione la conoscenza dell’ascoltatore nella formulazione del proprio discorso. Ciò comporterebbe la difficoltà degli schizofrenici a comprendere i significati metaforici o ironici della comunicazione. Per comprendere tali livelli della comunicazione, non basta decodificare il significato letterale ma bisogna tener conto del contesto e fare supposizioni riguardo la conoscenza e le intenzioni del locutore.
Harvey individua, negli schizofrenici, un’alterazione del processo di Reality Monitoring, ovvero nell’abilità a discriminare la fonte di un’informazione presente nella memoria a breve termine; ne conseguirebbe una difficoltà a discriminare un compito mnestico, un’informazione detta da quella solo immaginata, pensata.
Frith giunge a sostenere che nella schizofrenia, come nell’autismo, ci sia un disturbo comune e soggiacente alle 3 classi menzionate che riguarda la capacità di metarappresentazione.  Grazie a questa competenza il bambino diventa capace di predire il comportamento proprio ed altrui sulla base di stati effettivi: è il periodo critico per l’acquisizione della “Teoria della mente”.
Una caratteristica delle metarappresentazioni è la loro nocività, ricorsività che si può applicare all’infinito (ottenendo credenze di secondo, terzo, quarto, quinto ordine).
Se solo a partire dai 4 anni emergerebbe la capacità di metarappresentazione, relativa a credenze di primo ordine, bisogna attendere i 6-7 anni per veder comparire la capacità di attribuire credenze di secondo ordine. L’idea di Frith è che gli schizofrenici abbiano alterazioni simili ai pazienti autistici, con un deficit nel meccanismo che presiede alla capacità di mentalizzare (metarappresentare). In molti casi questo meccanismo funziona in modo adeguato fino al primo scompenso psichico e si manifesta in modi diversi. L’autistico non ha mai avuto consapevolezza del fatto che gli altri posseggono la capacità di pensare; invece lo schizofrenico sa che gli altri posseggono questa capacità, ma ha perduto la capacità di inferire sugli altri contenuti di pensiero, convinzioni e intenzioni e possono sempre perdere la capacità di riflettere sui contenuti della propria mente. Avranno comunque a disposizione rituali e comportamenti routinari per interagire con gli altri che non richiedono inferenze sugli stati mentali.
Negli studi di Frith, il deficit di Teoria della Mente si è manifestato in test di Falsa Credenza generalmente sia di 1° che di 2° ordine, ed in pazienti schizofrenici acuti ricoverati. Nei pazienti in remissione sintomatologica ed in soggetti normali, la performance metacognitiva è corretta.
Il bambino dopo i 4 anni è in grado di riconoscere stati mentali immediatamente passati (desideri, credenze) anche se falsi, come propri.
Di fronte ad un compito non alla sua portata (differenziare l’esterno, ossia come gli altri lo vedono, dall’interno, ossia da quello che prova) il bambino può mostrare una sorta di decalage, cioè tornare ad una performance tipica di una fase precedente, già superata. Il decalage si manifesterebbe con l’incapacità a mantenere il riconoscimento di ciò che credeva/desiderava prima di essere confrontato con il punto di vista esterno.

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