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Leibniz. Verità di ragione e verità di fatto



Logica e metafisica: Negli anni della giovinezza si interessa soprattutto di logica: il suo obiettivo è la formulazione di un metodo che matematizzi il pensiero. Per far questo innanzitutto bisogna ridurre l’intero contenuto del pensiero a un numero definito di concetti semplici: si tratta di costruire una sorta di alfabeto concettuale dove appunto questi concetti semplici incarnano le lettere. In secondo luogo bisogna assegnare a ciascun concetto un carattere di modo che quando si passerà ad analizzare la struttura dei concetti composti si possa procedere attraverso simboli. Si tratterà allora di scoprire la characteristica universalis cioè la lingua del pensiero con la sua struttura grammaticale e sintattica. La verità si fonderà sul principio di identità: una proposizione è identica e quindi vera se in essa il predicato è già contenuto nel soggetto. A tale principio è riconducibile anche quello di contraddizione come sua variante negativa (A non è = non A). le verità fondate su questi due principi sono chiamate verità di ragione e hanno la prerogativa di essere necessarie e infallibili. Questa prerogativa riguarda chiaramente però solo la verità formale, ossia si riferiscono solo a ciò che è logicamente possibile, a prescindere se esse si realizzino o meno nella realtà. Per questo motivo Leibniz accanto alle verità di ragione colloca le verità di fatto le quali si verificano effettivamente nella realtà, ma delle quali è sempre cmq possibile il contrario (“Cesare ha passato il Rubiconde, ma poteva anche non farlo).
Tali verità sono allora contingenti e si basano sul principio di ragion sufficiente: perciò nulla accade secondo L. senza una ragione sufficiente, ossia ogni evento deve sempre avere una spiegazione che chi ne conosce a fondo quell’evento deve obbligatoriamente conoscere. In realtà agiunge Leibniz le realtà di fatto non sono contrapposte a quelle di ragione poiché anche nelle realtà di fatto è possibile vedere, attraverso una serie di passaggi logici che le verità di ragione non richiedono, che il predicato è in qualche modo già contenuto nel soggetto (“ha passato il Rubicone” è già in qualche modo contenuto in “Cesare”).

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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