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Modi di estinzione del rapporto di lavoro. L'impossibilità sopravvenuta della prestazione

Il rapporto di lavoro, come ogni vicenda umana, ha un inizio ed anche una fine. L'effetto estintivo può essere riconducibile ad un solo contraente (recesso unilaterale, dimissioni o licenziamento) o alla volontà di entrambi (risoluzione consensuale). Ma i rapporti obbligatori possono anche risolversi per effetto di una impossibilità sopravvenuta della prestazione che abbia carattere definitivo o quanto meno così tanto temporaneo da essere assimilato a quello definitivo. Tale disciplina riguarda tanto il rapporto obbligatorio in linea generale, quanto il rapporto di lavoro seppur con notevoli accorgimenti. Anzitutto la prestazione del datore di lavoro, ossia quella retributiva, è molto improbabile, proprio per sua natura, che divenga impossibile. Tutti i casi, invece, che potrebbero indurci a pensare che si abbia una risoluzione per impossibilità sopravvenuta nel caso del lavoratore, vanno analizzati nel dettaglio: non è detto che un'inidoneità fisica permanente del lavoratore porti a ciò, essendo possibile un cambio di mansioni magari esercitabili dal lavoratore; non è detto neanche che il perimento di uno stabilimento porti alla risoluzione, essendo possibile l'assegnazione ad altro stabilimento. Come vediamo, quindi, nulla è scontato, neanche in caso di vis maior (forza maggiore) o factum principis (provvedimento delle Autorità), in quanto in tal caso dobbiamo distinguere tra “eventi concernenti l'impresa” (distruzione dei locali aziendali, requisizione dell'azienda), non l'imprenditore, ed eventi concernenti la persona del lavoratore (detenzione definitiva, assoluta incapacità permanente, morte del prestatore). 

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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