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Mondo come volontà in Schopenhauer



Condanna Hegel considerandolo un ciarlatano e riprende Kant, nonostante egli non appartenga alle scuole neo-kantiane, anche se apporta qualche modifica al suo pensiero. Sschopenhauer sente la necessità di andare oltre il fenomeno. Quello che lui chiama velo di maia è il confine che sta dietro la rappresentazione che egli voleva squarciare. In un certo senso è lo stesso processo adottato da Hegel anche se quest’ultimo voleva cogliere ciò che sta al di là del fenomeno in maniera logico-deduttiva. Il noumeno è la volontà. La volontà non è intesa come la volontà del singolo individuo, ma un principio cosmico che anima tutto l’universo. Esso allora non ha a che fare con la nostra concezione. È un impulso a procedere sempre oltre, quasi un principio metafisico. Questo impulso ci fa passare dal dolore (senso della privazione che la volontà cerca di colmare attraverso il soddisfacimento dei desideri) alla noia (uscita dalla sensazione di dolore per un breve arco di tempo, dopo che è stato soddisfatto il desiderio o bisogno, e ritorno allo stato di dolore una volta che la sensazione di appagamento è finita). Per fare un esempio basta pensare ad uno dei bisogni primari dell’uomo: il cibo. Nel momento in cui esso manca il mio obiettivo più grande è quello di riuscire a trovare qualcosa da mettere sotto i denti. Ma nel momento in cui il cibo inizia ad esserci quotidianamente, la mia tendenza è quella di ricercare cibo sempre più raffinati, fino ad arrivare ad un punto limite che mi cadere nella noia, appurando che il senso di appagamento è precario.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA di Carlo Cilia
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