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Numeri sui brevetti


Analizziamo i dati relativi all’Ufficio europeo dei brevetti. 10 Paesi contribuiscono per il 90% del totale, con Usa 26.6%, Germania 19.7%, Giappone 18.6%, Italia 3.6%. Tra il 1991 e il 2000 i Paesi europei registrano un incremento (eccetto l’Italia, poco sotto la media), mentre gli Usa una regressione (-8.3%); Cina, India e Singapore sono sopra la media. Rapportando il numero di domande di brevetto alla popolazione residente nel paese e al numero di ricercatori operanti nelle imprese si nota che la Svizzera è il Paese più “produttivo” (365 domande per milione di abitanti), poi Germania, Finlandia e Svezia; l’Italia è tra gli ultimi. Ma qual è la causa? Scarsa quantità di risorse o insufficiente produttività dei ricercatori? Studiando il rapporto tra domande di brevetto nel 2000 e numero di ricercatori impegnati nelle imprese (per tener conto del fatto che la gran parte dei brevetti scaturisce dalla ricerca industriale e non pubblica) nel 2001 (per tener conto del ritardo tra invenzione e domanda di brevetto) si nota come l’Italia sia ben sopra la media europea. Come per le pubblicazioni scientifiche, l’Italia non è arretrata in termini di qualità; il problema è rappresentato dall’esiguità di risorse e dal sottodimensionamento della struttura scientifica e tecnologica. Per quanto riguarda il posizionamento dei singoli Paesi nelle varie tecnologie, gli Usa detengono la leadership in ICT, semiconduttori, farmaceutica e biotecnologie, l’Europa nell’analisi e controllo dei processi e materiali, il Giappone nell’audiovisivo e nei semiconduttori, l’Italia solo nei settori tradizionali (siamo praticamente assenti nei settori dove si gioca la competitività internazionale, quali Ict e biotecnologie, dove abbiamo una quota di brevetti pari all’1-2%).

Tratto da TECNOLOGIA, PRODUZIONE E INNOVAZIONE di Moreno Marcucci
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