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Nuove oralità


Esiste uno scarto tra il linguaggio scritto e quello parlato: l’errore orale è ammesso, tollerato, mentre la scrittura congela e crea gli errori. Quello nel web, però, è uno spazio virtuale, non fisico, dove non percepiamo le parole allo stesso modo di come lo percepiremmo se fossero scritte nella carta, anche perché, mentre le lettere vengono conservate per anni, spesso le mail vengono cancellate non appena vengono lette: sono strumenti di comunicazione, ma non oggetti da conservare. Emerge quindi un senso di aleatorietà, ancora più accentuato negli sms, dove i segni vengono ridotti a un minimo indispensabile per la comprensione. La virtualità stride con la permanenza, con la durata, con la fissità, non vale la pena di investire nell’estetica della scrittura, che perde la sua proprietà evocativa e si riduce a mera comunicazione, a servizio, che comporta anche un minore potere espressivo, ridotto a pochi segni indispensabili. Da un punto di vista formale il linguaggio di queste nuove forme di scrittura si fa sempre più simile a quello orale, un’oralità funzionale, che di quella vera non ha il lato percettivo ed emotivo, dal momento che non c’è il faccia a faccia. La scrittura è un’invenzione culturale che ha segnato l’inizio di uno stadio chiamato civiltà: ormai, però, stiamo diventando sempre più orali.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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