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Oggetto della tutela penale


L’oggetto della tutela penale è variato nel corso della storia subendo una progressiva dilatazione.
Le fasi storiche dello sviluppo del concetto di oggetto della tutela penale sono tre:
1. diritti individuali, durante il periodo illuminista l’uomo era al centro al centro della società e la tutela più forte, quella penale, doveva essere usata per difendere i suoi diritti personalissimi;
2. beni giuridici, questa nozione ha permesso di identificare l’oggetto della tutela penale e prescindere da un suo collegamento con un soggetto determinato.
Con la nozione di bene giuridico si apre la porta a tutta una serie di oggetti di tutela penale ultraindividuali, tra cui:
- beni sociali, cioè beni la cui titolarità appartiene ad una collettività di soggetti indeterminati o indeterminabili come ad esempio i beni ambientali che, con i moderni sviluppi tecnologici, rischiano sempre più di essere offesi da condotte umane;
- beni istituzionali, cioè beni di cui titolari entità più o meno precisamente organizzate.
Di queste entità possono essere violati i beni “individuali” come l’onore o il prestigio, i beni relativi allo svolgimento delle loro funzioni come ad esempio i reati contro l’amministrazione della giustizia, oppure ancora i beni strumentali allo svolgimento delle attività finali come ad esempio gli obblighi autorizzatori.
Esempi di istituzioni come queste sono lo Stato, gli enti pubblici territoriali ma anche organizzazioni più ristrette come le imprese o la famiglia;
3. valori culturali, in questo insieme rientrano tutta una serie di oggetti di tutela che non presuppongono un peggioramento materiale della situazione di fatto a seguito del comportamento illecito, il danno che si prospetta non è materiale ma ideologico.
Basti pensare al vilipendio alla bandiera o al divieto di affitto dell’utero.
In quest’ambito si ha la massima smaterializzazione dell’oggetto della tutela penale.
Degenerazione massima verso lo smateriamento dell’oggetto di tutela penale si ha se si considera tale la semplice obbedienza, ossia non si tutelano beni o valori ma si tutela l’obbedienza alla legge e quindi ogni disobbedienza, a prescindere dal contenuto della norma, è punibile.
Si ha così la massima affermazione dell’autorità statale.
Per riuscire a contenere questa espansione delle fattispecie criminalizzate occorre dare concreta attuazione alle garanzie sostanziali, con una utilizzazione del principio di dannosità sociale da parte del legislatore a seguito di una accurata operazione di razionalizzazione sociologica.
La dannosità sociale deve quindi essere sentita come tale dalla collettività.
Il Parlamento, organo democratico del Paese, garantisce questo aspetto in maniera formale ma spesso non sostanziale.
Uno Stato democratico dovrebbe ascoltare le tesi anche delle minoranze e in ogni caso, data la estrema violenza del diritto penale, essere tollerante verso queste posizioni.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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