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Opere di Leon Battista Alberti


Se Brunelleschi è il tecnico, l’orefice, l’ex artigiano, Alberti è il teorico, l’intellettuale, nasce da una famiglia colta e quindi può studiare e laurearsi in Giurisprudenza. Ha una cultura mostruosa, scrive diversi trattati, un romanzo, una grammatica della lingua volgare. Si tratta di un’epoca in cui non c’è la stampa quindi le opere sono manoscritte. Chi le ha studiate ha dovuto recuperare i vari codici manoscritti di Alberti e confrontarli per fare ricostruzioni fedeli delle opere originali.

Il trattato di architettura De re aedificatoria nasce a metà ‘400 dall’esigenza di mettere in ordine il patrimonio classico concettualizzato da Vitruvio nel I secolo. Alberti, visti i problemi d’interpretazione dell’opera ritiene di doverla aggiornare. Il trattato consta di 10 libri (capitoli) suddivisi in capitoli (paragrafi). La traccia che segue è “vitruviana” perché segue i 3 fondamenti dell’architettura (utilitas, venustas, firmitas). Alla necessità sono dedicati i primi 3 libri, all’utilità il 4° e il 5°, alla bellezza dal 6° al 9°, il 10° parla delle acque e del restauro.

Avrà il grande vantaggio che gli discende dalla sua cultura e soprattutto dall’essere un abbreviatore apostolico -> persona di grande fiducia del pontefice, trasferisce in lettere ciò che gli dice il papa oralmente. Per cui ha un rapporto diretto e privilegiato con le famiglie più importanti dell’epoca (Gonzaga, Orsini, Colonna) che gli commissionano diverse opere.

Prima opera a Rimini -> ci sono i Malatesta. Sigismondo Pandolfo Malatesta è il suo primo committente. Vuole trasformare una chiesa medievale in cappella per la sua famiglia. Alberti deve misurarsi con una struttura medievale che deve rielaborare nei termini della classicità. Ritiene di costruire una maschera da applicare alla chiesa medievale.
I temi classicisti che lo ispirano provengono anche da una tradizione locale. Nel trattato insiste sul rapporto tra tradizione locale e opere di architettura che si devono costruire. Esiste una continuità culturale da prendere in considerazione. A Rimini c’è un arco trionfale romano per cui questo può essere proposto nel prospetto.
Sui 2 fianchi, i lati lunghi della chiesa, non fa aderire il nuovo muro con il vecchio e imposta una successione di archi a tutto sesto, così le vecchie finestre possono ancora esistere e trovare il vuoto dell’arco anche se non centrato.
Obiettivo -> non alterare il patrimonio del passato ma allo stesso tempo offrirgli una maschera che possa leggere i tempi nuovi.
La successione di archi è funzionale perché su ogni arco, essendoci un basamento, ci può essere una statua per i signori della famiglia Malatesta.

Da Rimini a Firenze dove sono presenti più opere.
PALAZZO RUCELLAI -> personaggio ricchissimo che si può permettere di avere rapporti diretti con Alberti a cui commissiona molte opere. Egli dimostra la teoria di Alberti secondo il quale bisogna lasciare la cultura architettonica della città e bisogna trovare un sistema per dire il nuovo rimanendo nella tradizione.

Per capire il passaggio da un linguaggio severo, di tipo romanico, a un linguaggio rinascimentale, bisogna guardare un palazzo coevo -> Palazzo Medici (oggi si chiama Medici Riccardi, architetto fu Michelozzo).
Al primo piano vi sono bugne irregolari senza raffinatezza, si vuole un impatto robusto con la strada. Le aperture a piano terra hanno grade poderose. Si ricorre a un poderosissimo arco a tutto sesto e dentro vi è una finestra con un timpano che sovrasta il foro della finestra. Dopo il primo ordine si cambia. C’è un marca piano che corre per isolare il piano terra dal primo piano. Nel secondo piano ritornano le bugne e l’arco a tutto sesto. La stessa cosa al piano superiore. Infine nell’ultimo vi è la chiusura con falde.

PALAZZO RUCELLAI ->
Ci sono le bugne ma c’è più raffinatezza perché sono piatte e seguono un criterio di filari uguali in altezza ma diversi da filare a filare. Questa scelta avviene perché si vuole risparmiare denaro. Questo concetto è esteso anche alle paraste. Quindi si mantengono le bugne ma queste devono avere un linguaggio classico, quindi ci saranno: basamento – capitello – linea di trabeazione che divide il primo livello dal secondo. In questo ordinamento di primo ordine non si cita soltanto il mondo attraverso l’ordine architettonico e la trabeazione, ma si inseriscono anche altri elementi classici per l’innovazione del progetto. Infatti al piano terra ci sono delle banchine -> il basamento della casa inizia dove finisce la seduta. Lo schienale è fatto con la tecnica dell’obus reticulatum. La quota che passa tra calpestio e prima trabeazione è maggiore di quella tra primo e secondo che è maggiore dell’ultima (per prevenire il difetto ottico).

L’opera più importante di Firenze è S. MARIA NOVELLA.
Deve intervenire su un’opera già esistente e capisce che deve inventarsi soluzioni giuste per assorbire il retaggio gotico dentro un linguaggio classicista.
Nei campi estremi di destra e sinistra, rispetto al portale principale, s’inventa soluzioni a tarsie marmoree, governate dall’alto dalla trabeazione, con motivi decorativi che si concludono con archi a tutto sesto.
Dentro il ripetersi 4 volte a sinistra e 4 volte a destra di questo arco a tutto sesto ci sono delle campiture rettangolari che nascondono il segno gotico perché l’elemento più importante è il momento di contatto fra la ripetizione di archi a tutto sesto e la trabeazione. Tutto ciò che accade sotto avviene con meno importanza.
Piano attico -> piano che non raggiunge un’autonomia. In questo caso è un fascione dove ci sono le tarsie, che prende da un estremo all’altro e mette in comunicazione la differenza che passa dal 1° ordine e riapre il 2° ordine. Questo è assolutamente autonomo. Nasce dal fatto che bisognava giustificare la posizione di un preesistente rosone che non era in armonia con nulla di ciò che c’era al primo ordine. Essendo difficile da gestire, Alberti s’inventa il piano attico isolante.
Le falde inclinate hanno un andamento più morbido e raffinato.
A concludere tutta l’operazione vi è il timpano dove è presente un finto oculo.

A Mantova sono presenti solo 2 chiese, di S. Andrea e di S. Sebastiano. La prima fu oggetto di infiniti studi perché fu solo progettata da Alberti e affidata l’esecuzione ad altri.
I Gonzaga avevano affidato il progetto a un altro progettista per poi richiedere il parere di Alberti. Egli afferma che la soluzione va bene ma c’è bisogno di cambiamenti.
Per dimostrarlo fa lui un progetto dove ribadisce il concetto di riportare la tradizione del luogo, quella mantovana era legata agli etruschi.
Viene dato a lui l’incarico.
Aveva contestato la copertura con travi lignee per il solaio, usato nella tradizione etrusca. Per lui occorre una soluzione più duratura e concettualizza una grandissima volta a botte con un sistema di arco a tutto sesto. La volta a botte per essere sostenuta da elementi verticali ha bisogno di una buona soluzione strutturale. Alberti la trova articolando i fianchi della chiesa con delle piccole cappelle e dei passaggi.
La soluzione di Alberti è l’arco trionfale -> a 3 forbici con un passaggio interno che si muove parallelo al filo del prospetto. Il prospetto è definito in modo tripartito ed esalta il vuoto centrale dell’arco che assorbe i 3 livelli laterali a destra e sinistra contro un solo foro centrale che l’ingresso della chiesa. Questa inizia arretrata in un rapporto che non è in relazione con le porte esterne del portale principale.
La torre campanaria, preesistente, non si voleva rimuovere; quindi mentre la larghezza poteva essere ampia, la torre campanaria ostacolava, anche se solo da un lato, l’ampiezza della chiesa.
Alberti, quindi, concepisce questo elemento di riunione di entrata alla chiesa che è un arco trionfare autonomo rispetto alla chiesa vera e propria. Esso ha una tripartitura con 2 campi definiti da un elemento serrato e uno dilatato, in successione fino a coprire tutta la navata. Se si portano queste misure, in altezza e larghezza, dentro la navata questa viene conclusa con una trabeazione. La trabeazione s’interrompe a una quota determinata da cui sale, tantissimo, la volta a botte.
Per cui rispetto alle misure del prospetto esterno, si prendono nella chiesa altre misure verticali.
Per risolvere questo rapporto di quote differenti, l’angolo di orecchione e il timpano, viene usati da Alberti per risolvere un problema già precedente: si verificava che, in determinate festività della liturgia cristiana, veniva offerto ai fedeli una ostensione del sangue di Cristo. Accadendo dei disordini si concepì che l’ostensione avvenisse non sulla quota diretta con i fedeli ma da una balconata dall’alto.

Tratto da APPUNTI DI STORIA DELL'ARCHITETTURA di Debora Neri
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