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Pelagio, Agostino e la dottrina della giustificazione



La discussione era già stata affrontata da Agostino nella disputa contro Pelagio. Pelagio aveva sostenuto che l’uomo per ottenere onestamente la vita eterna doveva certamente ottenere una grazia esterna, ma doveva poi “sfruttarla” poiché l’agire bene o male rimaneva comunque una decisione assolutamente interna. Egli lo aveva detto perché contestava i manichei, i quali giustificavano il male nel mondo attraverso la teorizzazione dell’esistenza di due principi opposti (Bene e Male) che in ogni momento sono in lotta, ora con la vittoria dell’uno ora dell’altro. Per di più il male veniva identificato on la materia; dato che l’uomo era anch’esso formato di materia, era impossibilitato a vincere il male. Pelagio voleva insomma rivendicare la piena libertà dell’uomo che decide per sé della sua salvezza o dannazione. Agostino reagì alle posizioni dell’una  dell’altra tendenza. Egli infatti da una parte rivendicò l’importanza della sequela pratica a Cristo, dall’altra mise anche l’accento sull’azione salvifica e giustificatrice della fede e della croce di Cristo. Nei confronti del pelagianesimo egli affermava che è la concupiscenza la testimone del fatto che l’uomo è interiormente portato a compiere il male, a causa della corruzione del peccato originale e che per forza di cose ha bisogno della redenzione divina. Dall’altra parte però sostiene che il peccato originale non ha corrotto completamente la natura umana che possiede comunque un margine di libertà che lo porta a poter scegliere il bene.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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