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Per il calcolo, contro il calcolo


Abbiamo visto finora che le lingue dichiarano attaverso vari espedienti il loro essere creative ma che per altri versi esse rispettano alcuni caratteri propri ai calcoli. Tra questi De Mauro elenca e motiva i seguenti parallelismi. Come nei calcoli: a) i segni linguistici risultano articolati in monemi; b) il valore della presenza di un monema può risultare, anche in molti segni linguistici, dalla collocazione del monema nella serie paradigmatica, cui appartiene, rapportata, secondo il posto che ha, alla struttura profonda del segno; c) dato un insieme di unità di base, cioè un insieme di monemi o “vocabolario”, è possibile generare un numero infinito di frasi applicando ricorsivamente un numero chiuso di regole di formazione; d) tra frasi diverse possono stabilirsi rapporti di sinonimia, oltre che di esclusione; e) molti funtori e connettivi logici, cioè usati nei linguaggi formali artificiali delle logiche simboliche, sono determinazioni, raffinamenti simbolici di parole di lingue storico-naturali. Per contro questi requisiti possono venire ampiamente violati da veri e propri universali linguistici, insiti negli aspetti semantici, non presenti né ammissibili in un calcolo, tra questi: a) Coesistenza di espressioni agglutinate e sintagmi omonimi deagglutinati; b) Contraddittorietà interna alla stessa proporzione e tra proposizioni diverse; c) Elenco: ogni sequenza di parole, anche se non connesse sintatticamente, può essere segno di una lingua e costituire elenchi ordinati diversamente; d) Correctio o editing: corrisponde alla correctio della retorica classica e consiste nella correzione di un enunciato all’interno dell’enunciato stesso; e) Autonomia e riflessività: è la capacità metalinguistica con cui i segni possono designare se stessi, descriversi, analizzarsi, spiegarsi a vali livelli; f) Omonimi: oltre ai sinonimi esistono segni con uguale significante e diverso significato non determinabili in base a calcoli; g) Oscillazione del vocabolario: come già accennato, nel lessico si verificano continui mutamenti che impediscono la non creatività dell’insieme dei monemi. Dagli esempi riportati nelle pagine precedenti, si evince che gran parte della creatività viene espressa attraverso la modificazione del vocabolario che risulta un insieme variabile tanto in direzione diacronica che sincronica. Le modalità di creazione delle parole si muovono su due principi che si bilanciano vicendevolmente: dovendo nominare un nuovo significato si può decidere di contare un nuovo significante o di utilizzarne uno già esistente che, aprendosi ad una nuova accezione, diviene omonimo (polisemico). La nascita di una nuova accezione aumenta l’ambiguità del significante ma limita l’espansione del vocabolario e, nell’ordine dell’economicità, consente una più facile fruizione dovuta ad un minore sforzo memoriale.
Neologismo -> nuovo significante – nuovo significato = maggiore ambiguità – maggiore sforzo
Accezione -> significante già noto – nuovo significato = maggiore ambiguità – minore sforzo.

Dallo schema a pagina 136 si evince che: a) il nucleo centrale, detto vocabolario di base, contiene circa 7mila lemmi noti alla generalità di coloro che hanno frequentato la scuola di base. Questo è al suo interno suddiviso in: 1) vocabolario fondamentale: in italiano le 2000 parole note ed usate da chi abbia una conoscenza e pratica elementare della lingua; 2) vocabolario di alto uso: circa 2750 parole note ma usate meno frequentemente delle precedenti; 3) vocabolario di alta disponibilità: circa 2300 parole in cui si pensa con grande frequenza seppur vengano usate raramente e in particolari contesti; b) il vocabolario comune è il repertorio lessicale messo a disposziione da ciascuna lingua: largamente noto agli adulti di varia condizione sociale, conta decine di migliaia di parole; c) Accanto al vocabolario comune vivono, inoltre, numerosi linguaggi speciali ciascuno dei quali è composto, a sua volta, da centinaia di migliaia di parole: anche detti vocaboli settoriali, questi raccolgono le terminologie specifiche dei settori del sapere e, pertanto, sono usati da determinate specifiche fasce di persone.
I confini tra le varie sezioni non sono stabili e ciò per due motivi: il primo è che, come abbiamo visto, un significante può accogliere più significati ed entrare perciò in più sezioni diverse del vocabolario; il secondo è che le parole classificate in uno stadio possono trasferirsi in un altro: infatti, termini di dominio settoriale possono entrare a far parte del dizionario comune per fattori socaili di vario tipo e viceversa.

Tratto da SEMIOTICA E COMUNICAZIONE di Niccolò Gramigni
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