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Prima fase della rivoluzione in Inghilterra: guerra civile 1642-49


Nel 1642 dopo la fuga del re da Londra c’erano nella società inglese due schieramenti al cui interno non erano presenti classi sociali omogenee. Nel partito del re militavano l’aristocrazia, la chiesa anglicana, i grandi proprietari nobiliari. Nello schieramento di opposizione parlamentare militavano gli esquires della gentry, professionisti, mercanti, artigiani e i ceti che popolavano le aree limitrofe di Londra. Nel 1642 la cavalleria fedele a re Carlo composta prevalentemente da aristocratici si scontrava con l’esercito del parlamento detti teste rotonde. L’esercito degli oppositori del re cominciarono a conseguire alcune vittorie grazie al sostegno finanziario della city (elite finanziaria londinese), l’alleanza con la Scozia, l’esperienza e la disciplina militare grazie soprattutto a un capomilitare calvinista ed esponente della gentry di provincia, Oliver Cromwell. Fu la new model army, l’esercito ideato e realizzato da Cromwell a sconfiggere i realisti nel 1645 a Naseby e Lang Port. La nuova armata era altamente specializzata e qualificata e dimostrava una ferera disciplina militare. Vinta la resistenza del re Carlo, che nel 1646 si arrese pure agli scozzesi e fu consegnato al parlamento di Londra, la fase più cruenta della guerra civile si concludeva. Emergevano ora divisioni e conflitti interni allo schieramento che aveva combattuto il re, Conflitti religiosi e ideologico-politico. Erano riconoscibili 3 forze politiche rappresentate alla camera dei comuni: la maggioranza era costituita dai presbiteriani (conservatori, fautori di una chiesa calvinista, fondata su un sistema di consigli ovvero presbiteri). Ad essi si opponevano gli indipendenti, il gruppo egemonico della new model army (si opponevano a qualsiasi chiesa di stato e credevano nella tolleranza per tutti i credo religiosi; erano fermi sostenitori del libero mercato, dell’iniziativa privata, della proprietà). Alla loro sinistra i levellers (livellatori, espressione politica delle sette religiose che predicavano l’assoluta libertà religiosa, la democratizzazione della società, nei casi estremi l’abolizione della proprietà privata e il comunismo dei beni). Il ruolo di centro tra le diverse forze fu assunto da Cromwell e Henry Ireton, un giurista che guidò la battaglia ideologico-politica contro i levellers. Il radicalismo dei livellatori si era diffuso tra la new model army. I presbiteriani che cercavano di accordarsi con il re per il ripristino del autorità monarchica chiedevano lo scioglimento della nuova armata. Cromwell e Ireton de un lato sostennero la new model army, dall’altro cercarono di bloccare i levellers che vedevano la rappresentanza politica in modo differente rispetto agli indipendenti. I levellers si battevano per il suffragio universale per una costituzione repubblicana che garantisse l’uguaglianza dei cittadini. Gli indipendenti collegavano la rappresentanza alla proprietà. La preoccupazione maggiore degli indipendenti era il rischio dell’anarchia sociale e politica, un rischio reale: i presbiteriani controllavano il parlamento, Carlo I era fuggito in Scozia nel 1648; l’esercito era in fermento e non riusciva a contrastare le spinte radicali che lo agitavano, soprattutto quelle degli zappatori che occupavano terre, tentando esperimenti di comunione dei beni. Si profilava un pluralismo di poteri e l’affermazione di forze centrifughe che avrebbero potuto vanificare tutte le conquiste del movimento rivoluzionario: i cardini dello stato inglese, l’assolutismo, la chiesa episcopale, erano stati distrutti; il vescovo Laud condannato a morte; aboliti tutti i tribunali del re. Cromwell esclude (bisogna dire epurò) dal parlamento tutti i presbiteriani lasciandovi solo i suoi fedelissimi. Quindi andò all’attacco dell’esercito di Carlo, appoggiato dagli scozzesi, e lo sconfisse a Preston. Il re fu processato e condannato per alto tradimento. Il 30 gennaio 1649 Carlo I venne giustiziato: con la sua testa cadeva anche il principio del diritto divino dei sovrani

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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