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Raffronto fra disciplina generale e di settore: nullità, annullabilità e “giustizia del contratto”


Nel codice civile del 1942 la nullità e l’annullabilità esprimono bene le idee madri del tempo: il contratto “giusto” è un contratto concluso da due soggetti, che hanno manifestato una volontà integra racchiusa in un accordo.
Nessuna qualità soggettiva o asimmetria di potere è rilevante: “il contratto di per sé esprime un assetto giusto”; la giustizia equivale ad un accordo integro, che è voluto dalle parti.
Il sistema dell’invalidità contenuta nel codice del 1942 è perfettamente coerente a queste linee di fondo: può essere impugnato un contratto nullo o affetto da un vizio del consenso o, ancora, da incapacità o che presenti le caratteristiche della fattispecie della rescissione.
Con la legislazione speciale di provenienza comunitaria emerge un nuovo problema: la necessità di dare rilievo alle qualità soggettive, alla diversità di potere e ad una diversa posizione contrattuale delle parti.
Il contratto “giusto” non è più il contratto che è negoziato da due persone capaci che manifestano le loro intenzioni in base ad una volontà integra.
Un controllo sull’assetto negoziale deve tenere conto anche delle asimmetrie informative e di potere, della disparità, delle diverse situazioni soggettive che caratterizzano le parti prima della conclusione del contratto.
Le nullità di protezione ribaltano la modalità di controllo sull’atto: tengono conto non solo di un requisito strutturale o di un illiceità, ma di uno squilibrio, di una diversità di potere, di una sproporzione che nel settore di attività in cui si interviene è sanzionata con la nullità, perché la riprovazione che l’ordinamento formula è forte.
La nullità interviene a proteggere non gli interessi di tutti, ma di una categoria negoziale o di un soggetto che si trovi nelle condizioni che la legge individua.
L’evoluzione dell’annullabilità.
Il Titolo XII del codice oggi cambia profondamente rispetto al passato e si parla di misure di protezione delle “persone che per effetto di un’infermità, ovvero di una menomazione fisica o psichica” sono prive di autonomia; tutto ciò in un ottica di piena attuazione della rilevanza giuridica della persona.
L’insufficienza della rescissione.
In tale contesto si capisce come la sproporzione o lo squilibrio sia disciplinato, nel codice civile del 1942, in modo insufficiente.
L’azione non ammissibile se la lesione contrattuale non eccede la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata aveva al momento del contratto.
Tale rimedio a una area di incidenza limitata dalla conformazione rigida della norma e dalla modalità con cui può essere fatta valere l’azione, che si prescrive in un anno dal momento della conclusione del contratto.
Da tutto ciò la necessità di ripensare il sistema.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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