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Rapporto di proporzionalità tra offesa e difesa, art.52


Importante! In realtà, richiamando la proporzione tra “offesa”e “difesa” l'art. 52 postula proprio un tal tipo di raffronto, che coinvolga quindi, insieme con i beni in conflitto, l’intera serie degli elementi dell'aggressione e della difesa.
L’intensità dell’offesa ingiusta va anche valutata con riferimento non solo al disvalore intrinseco del fatto aggressivo incombente (una lesione grave, un furto di pochi centesimi, una violenza sessuale selvaggia -!!!-) ma anche all’intensità del pericolo, cioè alla più o meno elevata probabilità di realizzazione dell’aggressione => vengono in gioco tutti gli elementi di fatto che condizionano in senso favorevole o sfavorevole la realizzazione dell’offesa ingiusta.
Poiché poi la proporzione concerne l’obiettivo rapporto di disvalore tra pericolo di aggressione e reazione difensiva, il pericolo va valutato sulla base di tutti gli elementi influenti sulla realizzazione dell’aggressione, anche se ignoti al momento del fatto tanto all’aggressore quanto all’aggredito.

Lo stato di necessità: art. 54 c.p.

Art. 54 cp: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di una danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.

Es. alpinista che, per salvarsi, taglia la corda che lo lega al compagno sospeso nel vuoto e che rischia di trascinarlo con sé; Tizio che, per salvarsi dal pericolo di un sequestro, sottrae un'automobile; Sempronio, che per salvare suo figlio da un incendio, ferisce una persona svenuta nel rimuoverla dall'unico accesso disponibile.
In alcune delle situazioni cui è applicabile, lo stato di necessità si prospetta quale scriminante immorale!

Fondamento:

Nella prospettiva del bilanciamento degli interessi, la scriminante si basa sulla identità di valore tra il bene salvato e quello sacrificato: poiché uno dei due doveva perdersi (e talvolta entrambi), la circostanza che uno di essi sia stato preservato, rappresenta un atto “non negativo”, per l'ordinamento, il cui “bilancio” si chiude, per così dire, almeno “in pareggio”.
Nella prospettiva della inesigibilità di un comportamento conforme alla norma, lo stato di necessità poggia invece sul rilievo che, in presenza di particolari situazioni di pericolo, non è sensato pretendere da un soggetto il rispetto dei doveri giuridici impostigli.
E’ chiaro che, mentre la prima prospettiva orienta lo stato di necessità verso le cause di giustificazione, la seconda ne sposta la rilevanza sul piano della cause di esclusione della colpevolezza (scusanti), basate sul difetto di un «normale» processo di motivazione.  
Ma adottando l'una o l'altra delle due prospettive, muta, e non di poco, il contenuto stesso dello stato di necessità.  
In una dimensione scriminante, esso tende infatti ad ampliare la propria sfera di applicabilità a tutti gli interessi giuridicamente protetti (in termini di bilanciamento, tanto vale che si sia salvata vita con vita; o cosa con cosa, come, ad es., se Tizio si impossessa dell'estintore altrui per spegnere l'incendio della propria autovettura).  
In una dimensione scusante conta invece essenzialmente l'oggetto del pericolo, perché l'inesigibilità dell'osservanza può ragionevolmente prospettarsi solo in presenza di situazioni-limite.  
In questo senso rileva soprattutto destinatario del pericolo.  
L'impossibilità di motivarsi normalmente può derivare dal pericolo che minacci l'agente stesso o una persona a lui legata da vincoli particolari (ad es., il figlio, un caro amico), non già da un pericolo che riguardi un perfetto estraneo; mentre invece, nella prospettiva del bilanciamento, il soccorso di necessità in favore del terzo è in linea di principio sempre consentito (Tizio può, ad es., salvare Caio sacrificando Sempronio: per l'ordinamento la vita dell'uno vale quella dell'altro).
La semplice lettura dell'art. 54 co. 1 rende manifesto che il nostro c.p. ha proceduto ad una vera e propria commissione delle due prospettive, con un risultato che, oltre ad essere spesso intrinsecamente insoddisfacente, rende problematica la collocazione sistematica della figura.  
In questa sede essa viene peraltro mantenuta nell'area delle scriminanti in ossequio ad una tradizione largamente consolidata in dottrina.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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