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Regole di validità e regole di correttezza tra autonomia e coordinamento


La fase delle trattative e della formazione del contratto è disciplinata da un duplice ordine di regole: da un lato, le norme in materia di responsabilità precontrattuale (artt. 1337 e 1338 c. c.); dall’altro, le norme in materia di validità del contratto, di cui una parte tratta specificatamente i vizi del consenso (artt. 1427 ss. c. c.), prevedendo l’annullabilità del contratto nei casi in cui il consenso sia stato manifestato per errore, estorto con violenza o carpito con dolo.
I due ordini di regole appaiono molto diversi nella struttura testuale e nella rispettiva sanzione. Tuttavia, proprio perché insistono entrambi sulla formazione del vincolo contrattuale, danno luogo a delicati problemi di coordinamento.
A tal proposito, è pacifico che, in caso di mancato accordo, le regole sulla responsabilità trovino applicazione indipendentemente da quelle sulla validità del contratto, qualora il recesso di una delle parti sia ingiustificato. È, altresì, condiviso che il dolo e la violenza, così come la mancata comunicazione alla controparte del suo errore essenziale riconoscibile con l’ordinaria diligenza, integrino tipiche ipotesi di responsabilità precontrattuale, con la conseguenza che l’obbligo risarcitorio potrà, in questi casi, sommarsi alla sanzione caducatoria.
Al contrario, è discusso se i comportamenti non integranti i tipici vizi del consenso  possano, in quanto giudicati scorretti alla luce della clausola generale di buona fede ex art. 1337 c. c., dar luogo a responsabilità precontrattuale.
In particolare, è evidente la stretta connessione del problema della configurabilità di una responsabilità precontrattuale in caso di negozio validamente concluso con la tematica degli obblighi di informazione nella fase antecedente il perfezionamento del rapporto contrattuale: la specificazione della clausola di buona fede precontrattuale in obblighi di avviso è, peraltro, riconosciuta pressoché unanimemente in dottrina, ma tuttora controversa è la loro ampiezza e, in particolare, l’inquadrabilità dell’ipotesi di cui all’art. 1338 c. c. - ovvero la mancata comunicazione dolosa o colposa di una causa d’invalidità del contratto - quale fattispecie a sé o, piuttosto, quale esemplificazione di un dovere di informare più ampio ex art. 1337 c. c.
Allo stesso tempo, è pressoché unanime in dottrina che l’eventuale applicabilità della disciplina ex art. 1337 c. c. in caso di negozio validamente concluso implica l’influenza delle regole di responsabilità sul sistema delle regole di validità, quale problematica causa di erosione della tipicità delle cause di annullabilità del contratto. In particolare, qualora si accolgano impostazioni che reputano modificabile nel tempo il rapporto tra regole di responsabilità e regole di validità, «l’espansione dei vizi tradizionali del consenso comporta inevitabilmente una contrazione delle regole di responsabilità, il che è particolarmente evidente in materia di dolo; basti per esempio pensare al semplice mendacio, alla reticenza ed all’inganno colposo» .
Prima di affrontare queste problematiche, è comunque opportuno un breve excursus storico sull’istituto della responsabilità precontrattuale.

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