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SQUILIBRI AMBIENTALI


Nell’economia di mercato dominano comportamenti rivolti a massimizzare i profitti privati nel breve periodo, senza considerare il bilancio ecologico a lungo periodo.  Chi ottiene vantaggi economici alterando gli ecosistemi non è necessariamente colui che subisce le conseguenze negative, ad esempio la circolazione atmosferica fa sì che i paesi che immettono maggiori quantità di ossido di zolfo nell’aria non sono gli stessi che subiscono i peggiori effetti delle piogge acide. Quando i danni economici hanno effetti che minacciano la vita dell’intero pianeta, dagli squilibri locali si passa a squilibri globali di fronte ai quali anche i soggetti in posizione dominante sono costretti a correre ai ripari; quello ecologico è diventato uno degli aspetti più rilevanti e inquietanti della globalizzazione, la cui soluzione dipende da accordi internazionali. Un fattore generale di squilibrio ambientale è dato dalle grandi concentrazioni di popolazione in aree ristrette, le maggiori concentrazioni di popolazione si hanno nelle città. La domanda di cibo della popolazione urbana fa sì che nelle zone agricole il terreno venga sempre più sfruttato coltivando specie vegetali a ciclo rapido che possano dare anche più raccolti all’anno. In aggiunta alle derrate alimentari, le città necessitano anche di approvvigionamento idrico: le falde sotterranee sempre più sfruttate tendono ad abbassarsi in prossimità dei centri urbani. Oltre a consumare la città inquina: scarichi domestici e industriali, gas di scarico, ecc. L’eccessivo sfruttamento delle risorse è un problema ecologico riguardante i rapporti uomo-ambiente, se il livello dei consumi dei paesi industrializzati dovesse diffondersi a tutto il mondo, oggi le risorse esistenti sarebbero insufficienti.

Tratto da GEOGRAFIA DELL’ECONOMIA MONDIALE di Fabio Porfidia
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