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Situazioni di crisi e rielaborazione della propria posizione con l'Altro


Allora, la trasformazione del nostro schema è legata alla risposta al bisogno nella quale si veicola qualcosa di un’offerta molto più significativa che include la dimensione del desiderio, che quindi svela al soggetto che lui, come vivente, è qualcuno. Non è l’oggetto delle cure ma è il soggetto che le riceve, è il soggetto che le assume: altra distinzione molto semplice che è chiave per la nostra pratica (quando diciamo transitività o intransitività della domanda diciamo esattamente questo).
Cosa ci fa lo psicologo? Lo psicologo è quello che, nella dimensione clinica, riapre o dovrebbe riaprire questo circuito, onde si inneschi di nuovo un interrogativo.
Ecco perché andiamo a disturbare uno schema complesso come questo e perché lo dobbiamo fare come operatori: perché l’operatore è messo esattamente nella posizione dell’altro significativo in quel momento.
Il bambino piccolo ha come altro significativo in quel momento la mamma e i suoi dintorni, quindi è chiaro che questo altro primitivo in qualche modo marcherà sempre un pochino le
figure successive dell’altro, ma non possiamo pensarlo meccanicamente riprodotto; dobbiamo pensare che ci sono grandi variazioni possibili e che noi capitiamo comunque in quest’area, area che, come
vedete, include certamente (e qui è il senso di avervi riproposto questo schema) la simpatia tra il soggetto e l’altro, il fatto che senza l’altro non c’è soggetto in un certo senso. Molto rapidamente, però, il soggetto arriva a scoprire, già da bambino, che non è tutto completamente preso in questa simpatia con l’altro, che c’è qualche cosa di lui che si riorienta, che fa differenza, che c’è qualche cosa che lo distingue, se vogliamo anche
dolorosamente in qualche modo, qualche cosa che non è completamente preso nel suo essere dentro la dinamica con l’altro.
E’ che ci sono situazioni di crisi, in cui in qualche modo il soggetto è messo inevitabilmente in rielaborazione del posto dell’altro, in rielaborazione di una nuova figura dell’altro in cui emerge che l’unione non è così perfetta, che c’è un elemento che fa differenza e non sempre quella differenza lui sa dove collocarla perchè non è normata, mentre nell’unione lui si riscopre perfettamente normato..
La funzione dello scrivere il rapporto soggetto/altro in questo modo ci svela che ci sono dei rapporti strettissimi ma che c’è anche una differenza, qualche cosa che nei due insiemi non va semplicemente letto come unione ma deve essere letto come intersezione, cioè come separazione, perché questo punto, tanto appartiene ad entrambi se li leggiamo come unione, tanto a quel punto non appartiene in esclusiva all’uno o all’altro; è un campo che in qualche modo sottrae qualcosa all’uno e all’altro.
Di questa stessa costruzione noi possiamo isolare, mettere in valore, ed è quello che accade al soggetto nei momenti di crisi, crisi nel senso che quando incontra del nuovo, cioè quando l’altro non è completamente esaustivo di tutte le possibilità del soggetto: quando il bambino va a scuola si accorge che la mamma, come altro,
si riduce un pochino, perché incontra altre figure materne, donne, della stessa età. Pensate come, a volte, è inquietante il fatto che la maestra sia speculare con la mamma, perché il bambino si trova precocemente a dover scegliere e a doversi ri-situare.

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