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Stato di natura e stato civile in Locke



Nel Secondo trattato Locke passa dalla pars destruens alla pars construens. Il testo si articola in quattro grandi sequenze tematiche.
Lo stato di natura è visto da Locke come uno stato storicamente legittimato: esso coincide con quello stato in cui tutti gli uomini sono assolutamente uguali e liberi allo stesso modo. Allo stato di natura nessuno ha più potere o autorità di altri e ognuno è libero di scegliere per le proprie azioni nel rispetto della basilari leggi di natura. Ciò che differenzia gli individui è il loro status: età, educazione, virtù, capacità; ma nessuno di essi è politicamente diverso dagli altri. Vita, sicurezza, libertà e proprietà sono i quattro grandi diritti che poggiano sull’inclinazione umana all’autoconservazione e alla felicità. La massima prescrizione della legge naturale è un divieto: nessuno può ledere la vita o la libertà (quindi la felicità) altrui. Sono ammesse due sole eccezioni: la punizione per una trasgressione e la legittima difesa. Come si vede lo stato di natura per Locke non coincide con lo stato di guerra di Hobbes. Per Locke infatti è vero che non esistono nello stato di natura leggi che permettono al consorzio umano di disciplinarsi, ma questo non vuol dire che tale consorzio è un perfetto inferno. Anche nello stato di natura la tendenza se pur a volte blanda, è quella della ricerca della pace. Lo stato civile non risulta allora il “male minore” ossia un risultato inevitabile affinché possa esserci convivenza. Lo stato civile rappresenta invece in pieno il luogo in cui la libertà dell’individuo si realizza totalmente attraverso la consapevolezza della sua tutela e dei suoi doveri nei confronti degli altri. È per questo motivo che sia nello stato di natura che in quello civile chiunque attenta alla libertà e felicità altrui, agisce contro l’intera comunità perché risulta potenzialmente pericoloso per chiunque. L’istinto di autoconservazione non è sufficiente per legittimare e spiegare la volontà di abbandonare lo stato di natura per diventare membri di una società politica. Ciò che spinge gli individui secondo Locke è il loro bisogno di disciplina, che è garanzia di maggior libertà per ogni cittadino. Se la libertà naturale allora consiste nel non essere soggetti ad alcuna autorità, la libertà civile possiede due facce: una quella della libertà nello stato, ossia la libertà che ogni cittadino possiede all’interno dello stato e che assume significato proprio perché è soggetta all’autorità dello stato stesso. L’altra è la libertà dallo stato che porta in ogni caso a svincolare il cittadino qualora venisse attentata la sua libertà o la sua vita. Per questo motivo neanche la società civile in realtà assicura totale protezione ai cittadini, perché esistono comunque dei pericoli esterni ed inoltre esiste la minaccia che chi è al potere ne abusi.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA MODERNA di Carlo Cilia
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