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Studio antropologico: la discendenza


Tra le funzioni del matrimonio c’è la regolamentazione della gestione dei beni rispetto al coniuge e ai figli. Questi ultimi ricevono in eredità dai genitori beni materiali e uno status sociale sulla base di una linea di discendenza stabilita. Non tutte le società, però, considerano uguale l’apporto dei due genitori nel momento in cui occorre determinare la discendenza dei figli. Una delle più diffuse regole di discendenza è quella unilineare, secondo la quale diritti, doveri e privilegi vengono trasmessi ai figli solo lungo la linea paterna o solo lungo la linea materna. Presenta due forme ben caratterizzate: quella patrilineare, dove è il padre a trasmettere eredità e status, e quella matrilineare, dove è invece la madre a trasmetterle. Ciò non significa che siano le donne a gestire il controllo dei beni, ma fungono solo da polo per il passaggio di beni alla generazione successiva. In questo caso, beni e status di un uomo non andranno a suo figlio, ma al figlio della sorella. Esistono poi alcuni gruppi in cui la discendenza è doppia o bilineare, come nella nostra società o presso gli yako della Nigeria.
Oltre a stabilire legami di alleanza orizzontali e sincronici, il matrimonio innesca relazioni di filiazione verticali e diacroniche tra generazioni diverse: il risultato è il formarsi di linee di discendenza, che costituiscono la base di gruppi che hanno al loro interno generazioni presenti e passate e che fungono da modelli organizzativi della società. Tali gruppi vengono chiamati lignaggi e clan: il primo è un gruppo di discendenza patrilineare o matrilineare i cui membri possono ricostruire le proprie relazioni di discendenza (è quindi un gruppo storicizzato e non molto profondo nel tempo, circa 4-5 generazioni); il secondo è un gruppi la cui origine si perde in un passato lontano, a volte mitico, con al suo interno individui che si riconoscono in un antenato o in una coppia di antenati comuni.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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