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Sulla morte psichica di Borgogno

Osservazioni fatte da me 6-7anni dopo la prima presentazione pubblica riguardanti il non sentirsi esistenti nella relazione con l’altro: una riflessione sugli insidiosi timori da cui viene preso l’analista quado si trova a dover affrontare problematiche come quelle che sono emerse nell’analisi con M e cioè di quanto ci si senta inetti, inutili come esperti e come il proprio intervento invece di richiamare alla vita e al rapporto sembri essere quasi dannoso.
Prima di tutto è molto difficile lasciare che l’influenza del pz su di noi metta le sue radici mentre saremmo tentati di interrompere subito i sentimenti traumatici che siamo costretti ad esperire; spesso si prova frustrazione ed odio che sorge dal terrore della sofferenza di dover stare a contatto con stati di regressione estrema; una forma di dipendenza primitiva che non prevede un contraccambio emotivo, in quanto la non risposta del pz è una forma esasperata dovuta al dilemma che vive dato che la rinuncia al perseguimento dei suoi bisogni è stata usata come tecnica di sopravvivenza e viene usata come difesa da una nuova delusione;
talvolta l’analista viene intaccato dalla paura che il pz prova per l’amore e per l’odio tanto da regredire e giungere lui stesso ad avere paura per il dipendere cosi tanto dagli stati d’animo provati dal suo pz ma non sempre questo ouò essere nefasto; può raggiungere elaborazioni più profonde attraversando qst impasse
Quindi la dissociazione tra sentimento e pensiero o di entrambi che permea qst analisi non può essere un problema che riguarda solo il pz ma è l’analista che deve arrivare a pervenire a una soluzione elaborativa
Occorrono quindi pazienza, umiltà.
Addentrarsi nel vivo del pz non è mai facile:l’ambiente adatto deve essere creato  
A partire dal singolo incontro e qst non ci è consentito ne’ da una buona tecnica ne’ da una solida conoscenza delle teorie psicoanalitiche; benchè sia importante avere un bagaglio concettuale bisogna non dando per scontato nulla costruire seduta x seduta il giusto dosaggio di presenza e comunicazione che permetta lo sviluppo di quella relazione d’oggetto  che lo conduca a riappropriarsi di quella storia che gli manca.
Un tragitto così incerto conduce inevitabilmente l’analista a mille dubbi che però a mio parere risultano legittimi co questo tipo di pz.

Quando M. giunse in analisi non era viva mentalmente; lo era forse fisicamente ma non aveva slanci creativi ed era incapace di r. in parole e pensieri le sue emozioni; il suo non reagire alle mie emozioni mi trasmise un’impressione di vuoto facendomi sentire inutile, e come se dovesse essere terribile per lei vivere in un mondo dal quale non si aspettava più nulla se non una catastrofe; l’assenza di feedback mi condusse a credere  che epr lei non aveva alcuna importanza il nostro rapporto; che per lei non contasse molto ritrovarmi e mi sembravano inutili i miei tentativi di cercare di capirla.
In situazioni come questa dovremmo noi analisti interrogarci: il pz esiste come persona nella sua mente? e  noi, i suoi esistiamo?; non dando x scontato che sia capace gia della percezione immaginativa di Winnicot e cioè dell’essere in grado di percepire il proprio se le altre persone con cui entra in rapporto sentendosi vivo; Non dovremmo invece chiederci chi è il pz e chi è l’analista x lui. 
Questo forse col senno di poi serviva più a me che a lei, per capire dov’ero, per dare un senso a me come analista, e forse da lei era percepito come un tentativo uguale a quello dei  suoi di condurla nel mio mondo, nella mia verità.Era una pressione indiretta che io mettevo a lei e alle nostre sedute sbagliata.

Per quanto riguarda il mio stile interpretativo sottolineo:
-il non colpevolizzarla o rimproverla cercando da un lato di conservare inespresse ma non negate cose osservate e formulando i miei commenti (lei mi dice che sono..)
-il variare i miei interventi 

Interpretazioni giunte più avanti quando mi muovevo con più dimestichezza: le cosiddette interpretazioni fondate sul rovesciamento dei ruoli che io usavo non per dare forma a ciò che succedeva nell’hic et nunc  ma per descrivere da una posizione terza le dinamiche intrapsichiche che venivano a riattualizzarsi nel processi di transfert e controtransfert  prima di diventare davvero comprese a livello esplicito;

No influenzare i fatti dell’analisi è pressochè impossibile con pz come M
L’analista desidera rimanere vivo e desidera che anche il suo pz lo sia ma il problema deriva dal non esistere ed è qst area ostica che deve essere incarnata ed elaborata per non introdurre un’artificiosa atmosfera più vivibile  
Altrettanto inevitabile è che l’analista anticipi un’esistenza o una soggettività che potrà realizzarsi solo nel futuro
Quindi sicuramente metterà a disposizione del pz una realtà personale per quanto cerchi di negarlo.


Tratto da LA SIGNORINA CHE FACEVA HARA-KIRI di Ivan Ferrero
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