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Tempo, orologi, calendari


Il tempo in quanto entità calcolabile non esiste in natura, è una creazione umana, e come tale suscettibile di assumere caratteristiche diverse. Più che tempo, si dovrebbe parlare di percezione temporale, diversa da cultura a cultura. Perché gli uomini hanno bisogno di calcolare il tempo e di ridurlo in segmenti? Perché questo è indispensabile per le relazioni umane: solo attraverso un’organizzazione e una gestione del tempo è possibile collocare un evento in relazione a un altro, stabilire un prima e un dopo, calcolare la durata tra due momenti, pensare un futuro o un passato in relazione a un presente, utilizzando la relazione uomini-natura e la relazione uomini-società. Si può definire il fluire del tempo usando categorie formali (minuto, ora, giorno, settimana, mese, anno) o informali (per sempre, tra poco, indicanti con una certa approssimazione la dimensione temporale di riferimento, senza riportarla a un sistema codificato). La natura offre ottimi appigli: la ripetitività di alcuni fenomeni naturali è alla base della maggior parte dei sistemi di calcolo del tempo (arco del sole, fasi lunari, mutamento climatico delle stagioni..). I sistemi di calcolo danno vita a una concezione ciclica del tempo, fondata sulla ripetitività degli eventi, attribuita ai popoli primitivi, contrapposta a noi che abbiamo una concezione lineare del tempo legata alla storia, ma non è proprio così: non è che gli altri non concepiscono il tempo anche in modo lineare, come non è che noi non usiamo un’idea circolare di tempo. Commerci, espansioni, viaggi, hanno fatto sì che molti popoli ancora oggi usino più di un calendario, in base alle esigenze del momento.
La costruzione e i computo del tempo non si fondano solo sull’osservazione della natura, ma anche sulla base delle relazioni sociali, con elementi di confronto e ripetitività: ciò che si confronta sono soprattutto esperienze legate al singolo individuo o alla comunità, ma bisogna ovviamente trovare dei punti di riferimento percepibili da tutti e in ogni momento. I dogon del Mali celebrano la cerimonia del sigi ogni 60 anni, basando il loro calcolo sul periodo di rotazione della stella Sirio B; i mossi del Burkina Faso fanno una nuova intronizzazione del loro sovrano dopo 30 anni di regno; gli eschimesi, condizionati dalle esigenze di caccia e dai movimenti degli animali selvatici, vivevano momenti di dispersione durante i mesi estivi e periodi di contrazione in inverno, con una concezione del tempo basata su eventi sociali, piuttosto che su eventi naturali. Spesso è il lavoro a determinare la scansione temporale, come per i calendari contadini; a volte sono i cicli cerimoniali a segnare il tempo.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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