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Teoria generale del reato

Teoria generale del reato

La cd. teoria generale del reato studia ogni elemento del reato separatamente dall’altro, prescindendo dalla specifica fisionomia che esso assume in questa o quest’altra fattispecie criminosa: non dunque la madre, ma il soggetto attivo in quanto tale; non l’omissione di soccorso, ma il comportamento omissivo in quanto tale, e così via dicendo.
Da un diverso punto di vista si può guardare al reato considerandone non i singoli elementi, ma il “significato”, il “contenuto significativo”, il “disvalore” unitariamente incarnato da quel raccontino di vita. Di quest’ultimo non si va a scomporre la trama negli elementi che la costituiscono, ma si cerca di afferrare razionalmente il significato con il quale il legislatore l’ha pensato, il “significato” che esso presenta comunque nel mondo sociale e che costituisce poi la ragione “sostanziale” per cui è stato previsto come reato.

Ma ci si può muovere anche ad un più elevato grado di astrazione e generalità: non con riferimento a questa o a quella fattispecie criminosa, ma in relazione al reato come tale, come specie di illecito sanzionato con pena criminale. In questa seconda prospettiva viene in gioco il contenuto stesso del diritto penale, ciò che può dirsi costituisca la “criminalità” nella sua accezione normativa, in quanto assunta come tale dal legislatore.
I principi di garanzia sostanziale, proprio perché riguardano il contenuto che il legislatore può legittimamente dare al diritto penale, consistono in definitiva in limiti generali alle (specifiche) scelte di criminalizzazione del legislatore.  

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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