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Teoria generale del reato


La parte “speciale” del diritto penale studia i singoli reati, i motivi che hanno spinto il legislatore ad una loro incriminazione e i loro singoli elementi costitutivi.
La parte “generale” del diritto penale studia tutti quei concetti astratti che formano lo “stampo” dei vari reati, concetti cui devono attenersi tutte le singole fattispecie astratte.
La teoria generale del reato studia il “modello” o “stampo” cui ogni previsione incriminatrice astratta deve conformarsi.
Dal punto di vista della considerazione sintetica del reato si studia il suo disvalore: come deve essere, si è visto dannoso per la società, e cosa deve riguardare, i beni giuridici protetti.
Dal punto di vista della considerazione analitica del reato si analizzano i vari elementi essenziali che ogni reato deve comprendere per poter effettuare una concreta incriminazione.
Da questi elementi generali ed essenziali del reato si capisce molto della civiltà giuridica che li ha elaborati.
La teoria generale del reato, nello studio degli elementi del reato, può concettualmente svilupparsi in due linee diverse:
1. Bipartizione, gli elementi sono divisi in due gruppi:
- Oggettivi, cioè quegli aspetti materiali del reato che devono sussistere, positivi, o devono essere assenti, negativi, per sussistere la fattispecie.
- Soggettivi, cioè gli aspetti psicologici che devono sussistere nel soggetti agente.
2. Tripartizione, gli elementi si dividono in base a tre aspetti fondamentali del reato:
- Fatto tipico, accadimento naturalistico.
- Antigiuridicità, contraddizioni tra fatto tipico e ordinamento.
- Colpevolezza, rimproverabilità dell’azione del soggetto agente.
La sostanziale differenza tra concezione bipartita e tripartita del reato sta nelle cause di giustificazione, cioè quegli elementi che non devono sussistere per mantenere viva la forza incriminatrice del reato, che nella concezione bipartita rientrano negli elementi oggettivi negativi, mentre nella concezione tripartita rientrano nell’insieme dell’antigiuridicità essendo situazioni in presenza delle quali l’ordinamento ritiene che il reato non sia più in contrasto con l’ordinamento.
Si può dire che gli elementi negativi sono valutazioni fatte dal legislatore penale all’interno delle norme penali stesse quando decide di eludere certe situazioni dall’incriminazione a tutela di alcuni contro-interessi, mentre le cause di giustificazione sono di competenza del legislatore extra-penale il quale defisse in concreto quali sono le situazioni che non presentano un’antigiuridicità.
Nella bipartizione la colpevolezza si esaurisce negli elementi soggettivi divenendo così elemento meramente psicologico.
Nella tradizione la colpevolezza è sempre l’atteggiamento psicologico del soggetto agente ma è visto in relazione alla sua rimproverabilità.
Ci saranno, quindi, reati che non prevedono la colpa come proprio elemento ma solo il dolo, in quanto solo col dolo si ritiene si compia un comportamento rimproverabile, e ci saranno reati in cui si il dolo che la colpa sono considerati rimproverabili, in quanto il comportamento colposo implica un rischio non consentito dall’ordinamento.
Successivamente all’accertamento della sussistenza degli elementi di tipicità del fatto, di antigiuridicità del comportamento e di colpevolezza del soggetto agente, si procede alla comminazione della pena.
Avvengono dei casi, però, dove nonostante sussistano tutti gli elementi essenziali, e quindi sia intatto e presente il contenuto di disvalore del reato, la punibilità è esclusa dall’ordinamento.
Questi casi avvengono a seguito di espresse previsioni normative che escludono la punibilità a tutela di altri interessi.
Nonostante gli effetti siano gli stessi della mancanza di un elemento essenziale, proprio per la particolarità di non far cessare il contenuto di disvalore, queste cause, condizioni o in generale previsioni di non punibilità sono trattate a parte.

Tratto da DIRITTO PENALE: PRINCIPI E DISCIPLINA di Stefano Civitelli
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