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Tra naturalia e artificialia


Nella Sicilia medievale la corte fu il fulcro delle collezioni di cose straordinarie ed insolite. Federico II aveva un interesse per gli oggetti bizzarri e preziosi e raccoglieva reperti antichi.
Gemme, gioie, cammei, tessuti preziosi, armi e tappeti creati nelle ergasteria, le officine della corte normanna e sveva, oltre ad arredare le domus imperiali, si fecero strumento di diffusione di modelli e tecniche artistiche.
La ricerca dell’eccezionale, del bizzarro, era agevolata dalle relazioni mercantili e dai contatti tra i paesi lontani.
Le collezioni rappresentavano la ricchezza e il potere del principe, ma questo monopolio era anche dei nobili, dei notabili, degli uomini di legge, dei letterati umanisti, medici, mercanti e dotti prelati.
A partire dal XIV sec si hanno cenni descrittivi di oggetti ad uso profano e scaramantico in elenchi inventariali. Inizialmente emergono riferimenti a semplici rami di corallo, in seguito appaiono manufatti in cui il corallo è abbinato ad argento e oro.
La Palermo mercantile tra Quattro e Cinquecento era luogo d’incontro di popoli diversi, catalani, veneziani, fiorentini, lombardi, pisani e genovesi. C’era un fiorire di traffici che favorirono anche la circolazione di libri preziosi, opere d’arte e prodotti di lusso. L’incontro con prodotti della cultura araba (Egitto,Marocco, Siria e Palestina) influenzarono la pratica degli artigiani siciliani dell’età normanna. Si svilupparono sia tecniche di produzione, quali il niello e lo smalto, il cesello, la tarsia, sia influssi stilistici della decorazione arabegiante dei decori dei castoni in corallo che andava a caratterizzare le composizioni delle manifatture artistiche trapanesi. Di spettacolare gusto scenografico sono le composizioni dei paramenti d’altare.
Nelle collezioni reali e granducali si andavano accumulando tesori grandi e piccoli e il corallo divenne elemento poliedrico di cui vengono sfruttate le forme arborescenti che si adattano a composizioni fantastiche ed elaborate.

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