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Una dolorosa separazione: il rientro in patria dei piccoli


Una parentesi la merita l’esperienza temuta ma anche praticata della separazione tra madre e bambino nei primi mesi di vita. Tranne il caso delle madri egiziane dove la maternità rappresenta tutto lo scopo del progetto migratorio insieme al ricongiungimento col marito per le altre il dover conciliare le esigenze lavorative con quelle di genitori è spesso impossibile e si deve prendere in considerazione l’ipotesi dolorosa del portare il piccolo in patria per farlo accudire dai parenti fino a quando non sarà possibile ricongiungersi. Tutto ciò rappresenta un esperienza traumatica sia per il bambino costretto a vivere tra due paesi spesso disorientato dalle diverse cornici culturali e i genitori che vedono i loro figli cresciuti da altri. Ciò porta il piccolo a non distinguere la nonna o la zia dalla madre: per lui la mamma è colei che lo ha cresciuto giorno dopo giorno: quando vedono i genitori non li riconoscono, chiamano la zia mamma e la mamma zia. A casa piangeva e piangeva, l’altra casa era piena di nipoti con cui poteva giocare e tutti la coccolavano. Qui ci siamo solo io e mio marito che è sempre al lavoro. Le alternative a questo distacco così doloroso possono essere:-
a)    ipotizzare un rientro in patria ma come coppia madre-bambino e non il piccolo solo
b)    farsi aiutare da associazioni di volontariato o istituti religiosi perché gli asili nido spesso non accettano stranieri a causa della loro situazione irregolare e gli asili privati sono troppo cari.
c)    Usare come baby sitter delle connazionali che però dovrebbero essere preparate, formate e non giovani donne appena arrivate che lo fanno per tirare su qualche soldo, senza esperienza. Le donne egiziane essendo per la maggior parte casalinghe non sentono questo bisogno ma richiedono invece la possibilità di accedere a luoghi di incontro per mamme e bambini.
d)    Centri accoglienza per madri sole, aiuti socio-assitenziali: rappresentano l’ultima spiaggia ( Caritas di pg) . l’inserimento in una comunità alloggio o una struttura di questo tipo avviene sulla proposta del servizio sociale territoriale nei casi in cui la situazione abitativa, socio-economica della madre o del nucleo familiare non sia tale da garantire le cure adeguate. La perdita del lavoro a causa della gravidanza, la mancanza di reddito, l’alloggio precario, la solitudine relazionale fanno si che il piccolo possa trascorre del tempo in una situazione protetta fino a quando la madre non trova lavora o migliora la sua situazione.

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