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Il performance management attraverso il goal setting. Una ricerca sul campo.

Tenendo conto dei propri bisogni, dei valori e del contesto situazionale, le persone stabiliscono obiettivi e sviluppano strategie per ottenerli. Per far questo esse allocano risorse e canalizzano le energie necessarie per mantenere lo sforzo e la direzione delle loro azioni (Pritchard, Youngcourt, Philo, McMonagle e David, 2007). Motivazione e cognizione agiscono così in un continuum, laddove la motivazione trova forza nel soddisfare bisogni e valori per trasformarli in intenzioni, mentre la cognizione trae dal contesto le informazioni necessarie per poter generare gli scopi, le mete e infine elaborare le strategie di avvicinamento all'obiettivo. Le persone inoltre sviluppano attraverso la cognizione le ipotesi su di sé e sulla propria identità influenzando così la scelta di obiettivi e strategie (Latham, 2007).
Il Goal Setting rappresenta attualmente la struttura teorica che meglio riesce a sistematizzare quanto finora si è appreso in ambito motivazionale e cognitivista. Vediamo quali sono gli elementi caratterizzanti di questa complessa struttura teorica sviluppata da Locke e Latham a partire dagli anni '70.
Per goal si intende ciò che una persona vuole ottenere, "una rappresentazione interna di uno stato desiderato" (Austin e Vancouver, 1996, p. 338). Il goal è il traslato, nella situazione, dei valori e dei bisogni personali (Locke, 2000). Esso ha un effetto regolatore sulla condotta umana, nel senso che determina sia il risultato che si vuole ottenere (contenuto), sia le energie e le risorse che è necessario allocare per raggiungerlo (intensità) (Borgogni e Dello Russo, 2008). In questo senso il goal funge da determinante della prestazione in quanto, se accettato dall'individuo, motiva lo stesso, attraverso meccanismi di regolazione, ad aumentare i livelli di attenzione, monitoraggio, valutazione e adattamento del comportamento funzionali al raggiungimento dell'obiettivo (Latham e Locke, 1991).

Secondo la teoria del Goal Setting, gli obiettivi devono essere specifici per condurre a prestazioni più elevate. Gli obiettivi specifici rendono possibile il confronto con gli standard adottati e semplificano quindi la valutazione della propria performance. Inoltre gli obiettivi devono essere difficili e sfidanti poiché le persone si impegnano di più per le attività difficili rispetto a quelle facili (Borgogni e Dello Russo, 2008). Sul significato del goal occorre fare un'importante precisazione: il goal rappresenta una meta da raggiungere, uno stato, ha una struttura qualitativa piuttosto che quantitativa, spesso permette di raggiungere un livello di coscienza-conoscenza superiore in relazione ad uno stato precedente. Nella pratica organizzativa si scambia con frequenza il concetto di goal con quello di task chiamando le due istanze col nome comune di obiettivo. Il task, però, ha una struttura quantitativa, è un'attività prescrittiva da svolgere secondo criteri prestabiliti e processuali, riguarda più il fare che il pensare (Borgogni e Dello Russo, 2008).

Sebbene le intenzioni e gli scopi consapevoli dirigono le azioni degli individui, non sempre i comportamenti sono sotto il controllo della consapevolezza. Per questo si parla di goal consci e di goal subconsci. Nel primo caso valgono le caratteristiche fin qui citate; nel secondo caso, la ricerca non è ancora nel pieno sviluppo, ma basti pensare al bagaglio di conoscenze immagazzinate dalle persone per supporre che queste abbiano un'influenza importante sulle condotte degli individui: la particolare combinazione di bisogni, valori, vissuti, pratiche, script mentali o le diverse concezioni del sé possono attivare degli obiettivi interni (subconsci) che agiscono per guidare la successiva cognizione ed i comportamenti nello stesso modo degli obiettivi consci, il tutto senza che la persona abbia la consapevolezza del ruolo guida dell'obiettivo subconscio (Locke e Latham, 2002).

Infine vale la pena citare i meccanismi regolatori del goal: secondo Bandura (1986), l'assegnazione di un goal avvia un processo d'induzione di discrepanza. La volontà di passare dallo stato presente ad uno stato desiderato (ad es. verso una meta) produce uno stato di disequilibrio che incita l'individuo a ricercare le risorse necessarie allo scopo. Per fare questo deve anticipare gli eventi utilizzando un controllo opposto a quello del feedback (feedforward), immaginando un possibile futuro. Il feedback entrerà in funzione come controllo dei passi sul percorso stabilito. A livello motivazionale l'obiettivo (goal) si riferisce al risultato desiderato in termini di livello di performance da raggiungere (standard) su un compito. Il contenuto del goal si riferisce invece all'oggetto o al risultato che si vuole ottenere (Locke e Latham, 1990). Così gli obiettivi di performance dovrebbero essere assegnati per ottenere risultati che sono critici per gli individui e/o le organizzazioni. Un individuo può avere obiettivi di carriera, di lavoro, finanziari così come psicologici (ad es. soddisfazione lavorativa e auto-efficacia). Un obiettivo d'apprendimento dovrebbe essere assegnato per scoprire i processi e le strategie per raggiungere i risultati desiderati quando alle persone mancano le conoscenze per farlo. Gli obiettivi di comportamento, identificati attraverso la job analysis, sono più efficienti degli obiettivi di apprendimento quando i comportamenti critici sono conosciuti (Brown e Latham, 2002). Assegnare obiettivi di apprendimento, in questo caso, equivale a favorire la paralisi attraverso l'analisi. Gli obiettivi di comportamento sono effettivamente appropriati per migliorare la soddisfazione lavorativa e l'auto-efficacia (Latham, 2009).

Per concludere, secondo la teoria del goal setting (Locke e Latham, 1990a), i determinanti dell'azione riportano alle intenzioni, alle mete, agli scopi che gli individui perseguono. In questo senso un obiettivo consapevole rappresenta l'oggetto, il fine, dell'azione e quindi influenza l'azione stessa. La teoria del goal setting si integra con teoria social cognitiva di Albert Bandura, secondo la quale le convinzioni di autoefficacia degli individui dettano i livelli di aspirazione, ne forniscono le ragioni e sorreggono l'impegno necessario alla loro realizzazione. Più le persone si convincono di essere all'altezza delle situazioni che devono affrontare - e quindi di possedere, realmente o in potenza le competenze necessarie, di saper cogliere le opportunità, di dominare le avversità -più il successo innalza i loro livelli di aspirazione, innescando un circolo virtuoso. Maggiore è la percezione di auto-efficacia, più elevate saranno le aspirazioni degli individui, i quali tenderanno ad assegnarsi obiettivi, goal, sempre più ambiziosi. E' attraverso la sintesi dei concetti appena espressi che Locke e Latham (1990a) hanno proposto un modello che spiegasse le relazioni tra goal, prestazione e soddisfazione lavorativa.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il performance management attraverso il goal setting. Una ricerca sul campo.

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Informazioni tesi

  Autore: Roberto Petrucci
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Formazione Comunicazione e Innovazioni nei contesti sociali e organizzativi
  Relatore: Laura Borgogni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 74

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Parole chiave

goal setting
obiettivi
prestazione
performance management
job satisfaction
rewards
auto-efficacia
ricompense
high performance cycle

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