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La dimensione onirica nel cinema. Il Cigno Nero come metafora del Doppio.

Il Doppio sullo schermo. Genesi e sviluppo del Doppio nel cinema.

La tematica del Doppio viene inizialmente utilizzata nel cinema come espediente spettacolare, quasi come attrazione da circo, ma senza nessuna connotazione filosofica o psicologica.
Nel 1915, con The case of Becky di Frank Reicher, il tema del Doppio si focalizza sulla dualità interiore del personaggio protagonista della storia. La struttura era quella che poi diventò tipica per ogni film su questo argomento: la protagonista, Dorothy, per uno strano esperimento di ipnosi, si trova a doversi dividere tra una tranquilla esistenza da giovane ragazza, graziosa e timida (Dorothy), e quella da volgare virago, che si atteggia da prostituta e si fa odiare da tutti (Becky). Si ha quindi la classica suddivisione del personaggio nelle due metà opposte (Buono e Cattivo, Bianco e Nero) le quali però condividono lo stesso corpo.
Grazie ad una tecnologia sempre più sofisticata, il cinema ha sviluppato il suo linguaggio rendendolo adatto a trasporre sullo schermo, anche con grande impatto visivo ed emotivo, la molteplicità dell’identità. Il cinema, che mette in scena tutte le realtà e tutte le fantasie, utilizza il tema del Doppio in ogni suo genere: nei film comici e nei film drammatici, nei noir, nei fantasy, nei thriller e negli horror. Anche perché il Doppio, nel senso del doppio ruolo, è il sogno di tutti gli attori, che possono così mostrare come siano in grado di interpretare sia il “buono” che il “cattivo”.
I primi film sul Doppio si ispiravano ad opere letterarie che trattassero questa nuova e affascinante tematica: ecco quindi Der Student von Prag (Lo studente di Praga, 1913) di Stellan Rye, tratto dal testo di H. H. Ewers; Le feu Mathias Pascal (Il fu Mattia Pascal 1926) di Marcel L’Herbier, tratto da Pirandello; le innumerevoli versioni del Dr Jekyll e Mr Hyde; stesso discorso vale per il Frankenstein di Mary Shelley, anche qui decine di versioni e di cui la più fedele sembra senza dubbio Il Mary Shelley’s Frankenstein (1994) di Kenneth Branagh. Altre trasposizioni letterarie da menzionare sono Partner (1968) di Bernardo Bertolucci, ispirato a Il sosia di Dostoevskij; Blade Runner (1982) di Ridley Scott, tratto da Philip K. Dick e The Dead Zone (La zona morta, 1983) di David Cronenberg, tratto dall’opera omonima di Stephen King.
Ovviamente l’horror e il thriller hanno usufruito molto di questa tematica. Alfred Hitchcock, ad esempio, ha realizzato opere come Vertigo (La donna che visse due volte, 1958) e Psyco (1960), in cui il Doppio rappresenta il vuoto, il buco nero, da cui tutti i personaggi fuggono ma verso il quale tutti sembrano attratti, la voragine in cui essi corrono sempre il rischio di precipitare.
Nella cinematografia americana, il Doppio si presenta come persecutore e manifesta anche la sua attitudine magnetica (il classico fascino del Male) anche se, alla fine dovrà soccombere per far tornare tutto come era prima e per assicurare il classico lieto fine; invece nelle tradizioni del Doppio propriamente europee, il riflesso è la figura persecutrice per eccellenza, e che dopo varie vicissitudini, conduce il protagonista alla morte.
Per una maggiore comprensione, vediamo ora di suddividere questo affascinante e complesso genere in determinate categorie.
Molto popolare è il tema della doppia identità: il tema dell’identità segreta eroica e di quella pubblica banale. E’ il caso di Zorro, Superman, Batman, Spiderman, de L’uomo ombra e di Cat Woman, in cui spesso si compensa con la megalomania dell’immagine eroica le ansie e le frustrazioni della mediocrità di quella privata; la doppia identità è una prerogativa obbligata di tutte le spie come La primula rossa, James Bond e La Talpa; talvolta a complicare le cose, ci sono le spie affette da amnesia, che conducono una vita tranquilla senza sospettare del loro turbolento passato come Matt Damon che perde e ritrova la memoria nella saga dedicata a Jason Bourne (The Bourne Identity, 2002 - The Bourne Supremacy, 2004 e The Bourne Ultimatum, 2007) e Geena Davis, al contempo madre amorosa e spietata killer in Spy (1996).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La dimensione onirica nel cinema. Il Cigno Nero come metafora del Doppio.

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Informazioni tesi

  Autore: Giulia Della Croce
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Lucilla Albano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

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