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Transizione e democrazia. Forme di governo a confronto: i casi polacco e ungherese.

Contesto storico: dalla guerra fredda alla caduta del muro

Per poter comprendere le cause dei problemi affrontati dai paesi dell'ex Unione Sovietica nel processo di democratizzazione, non possiamo non tener conto del contesto storico che questi paesi si sono trovati ad operare e le conseguenze che hanno dovuto subire. Dopo la seconda guerra mondiale due soli Stati potevano aspirare al ruolo di superpotenze mondiali: Stati Uniti e Unione Sovietica. Entrambe erano entità continentali e multietniche, molto diverse dai vecchi Stati-nazione; entrambe dotate di immense risorse naturali e di un massiccio apparato industriale; entrambe avevano interessi di dimensioni mondiale; ciascuna, infine, era portatrice di una propria cultura, di un proprio messaggio globale sul modo di assicurare il benessere e il progresso dei popoli. Mentre il messaggio americano era l'espansione della democrazia liberale, quello sovietico era la trasformazione dei vecchi assetti politico-sociali in nome del modello collettivistico, fondato sul partito unico e sulla pianificazione organizzata. Proprio per effetto di questa contrapposizione globale tra Usa e URSS, si giunse ad un nuovo sistema essenzialmente bipolare, con influenze determinanti sulla vita dei singoli Stati. Negli Stati occupati dall'Armata Rossa, le possibilità che l'influenza sovietica si affermasse nel rispetto della volontà popolare, erano pressochè inesistenti. Per affermare la propria egemonia nella sua zona d' influenza, l'URSS non trovò così altro mezzo che imporre al potere i partiti comunisti locali, con l'appoggio dell'esercito sovietico e con una serie di crescenti forzature sui meccanismi democratici. Le vicende della Polonia ebbero in questo senso un valore emblematico. Per Stalin la Polonia rappresentava un problema di sicurezza, era quindi indispensabile che a Varsavia si costituisse un governo amichevolmente disposto nei confronti dell'Urss. Particolarmente tenaci furono anche le resistenze opposte dalle forze non comuniste in Ungheria nel 1956, ma altrettanto tenace fu la risposta sovietica al processo di sovietizzazione del paese. Una svolta radicale per l'Unione Sovietica e per l'intero mondo comunista si verificò a partire dalla metà degli anni 80. Nel 1985, dopo la morte di Breznev, la segreteria del Pcus fu assunta da Gorbacev. Gorbacev si mostrò subito deciso a introdurre una serie di radicali novità nel corso della politica sovietica, sia sul piano interno, sia su quello internazionale. In politica economica, il nuovo segretario attuò una serie di riforme volte a introdurre nel sistema socialista elementi di economia di mercato. Sul terreno delle istituzioni, Gorbacev si fece promotore di una nuova costituzione che, senza intaccare il sistema del partito unico, lasciava spazio a un limitato pluralismo distinguendo più chiaramente le strutture dello Stato da quelle del partito. Ancora più importante delle riforme, che per lo più si dimostrarono inadeguate e furono scavalcate dall'incalzare della crisi all'interno del sistema, fu il rilancio del dialogo con l'Occidente. Il riformismo gorbaceviano aprì le prime brecce nel sistema, cercando di introdurvi dosi controllate di pluralismo e rinunciando all'uso della forza nei confronti dei satelliti; l'intera costruzione crollò in tempi rapidissimi.
E crollarono nel contempo gli equilibri internazionali nati dalla seconda guerra mondiale. Furono gli avvenimenti polacchi ( vedi par. successivo) a dare vita a una sorte di reazione a catena che avrebbe messo in crisi l'intero sistema. Il primo paese a seguire la Polonia sulla via delle riforme interne fu l'Ungheria dove, dall'inizio dell' 89, era stato deposto il vecchio Kadar. Sempre nel 89 i nuovi dirigenti comunisti ungheresi, decisi a spingere il processo riformatore fino alla sue ultime conseguenze, riabilitarono i protagonisti della rivolta del 56, legalizzarono i partiti e indissero libere elezioni per l'anno successivo. Ma la decisione più importante fu la rimozione dei controlli polizieschi e delle barriere di filo spinato al confine con l'Austria: questo provvedimento aprì la prima vera breccia nella cortina di ferro. Il 9 Novembre del 1989 furono aperti i confini fra le due Germanie, compresi i passaggi attraverso il "Muro di Berlino", simbolo della guerra fredda. La caduta del Muro rappresentò un evento epocale e assunse a simbolo della fine delle divisioni che avevano spaccato in due l'Europa e il mondo all'indomani del secondo conflitto mondiale. Se il crollo del muro segnò simbolicamente la fine della divisione del mondo in blocchi, l'avvento decisivo fu il collasso dell'Unione Sovietica.

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Transizione e democrazia. Forme di governo a confronto: i casi polacco e ungherese.

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Informazioni tesi

  Autore: Nicolò Caruso
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Catania
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'amministrazione
  Relatore: Sara Gentile
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 84

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