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L'idoneità psicologica all'uso delle armi nella polizia municipale

La certificazione dell’idoneità psicofisica alle armi

Per ottenere una licenza di porto d'armi, il ruolo del medico di medicina generale è centrale relativamente alle procedure di valutazione dell'idoneità sanitaria. Questo tipo di valutazione è disciplinata in ambito civile da una normativa specifica, il D.M. 28 aprile 1998, “Requisiti psicofisici minimi per il rilascio ed il rinnovo dell'autorizzazione al porto di fucile per uso di caccia e al porto d'armi per uso di difesa personale”: all'interno di questo decreto è possibile trovare un elenco di tutti i requisiti che devono essere soddisfatti per poter rilasciare un'autorizzazione al porto d'armi, ulteriormente specificati all'interno della scheda anamnestica che lo stesso medico di fiducia deve compilare insieme all'interessato.
La maggior parte di questi criteri sono di natura puramente fisica: ritroviamo quindi i requisiti visivi (visus minimo e visus corretto in soggetti sia binocoli che monocoli), uditivi (soglia uditiva minima e massima), motori (adeguata capacità funzionale degli arti superiori e della colonna vertebrale), e la presenza/assenza di eventuali patologie pregresse o presenti all'atto della certificazione, per esempio problemi di diabete o malattie riguardanti l'apparato cardiocircolatorio. Accanto a questi requisiti, troviamo anche quelli di tipo psicologico (comma 3 e 4 art. 2): nello specifico, è riportato l'obbligo di assenza di alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza (morbo di Parkinson, ischemia cerebrale transitoria, sclerosi multipla), l'assenza di disturbi mentali, di personalità o comportamentali e, infine, l'assenza di una qualsiasi forma di dipendenza da sostanze stupefacenti, psicotrope e da alcool.
La cosa importante su cui porre l’accento è che nella Legge sono elencati requisiti specifici per la vista o l'udito o la mobilità, ma rimangono a discrezione del medico (e non dello psicologo) quelle riguardanti l'area psicologica, quindi le capacità funzionali, le alterazioni neurologiche ed anche i disturbi mentali, che tra l'altro vengono indagate con domande dirette e soprattutto chiuse, che non vanno in profondità ma rimangono ad un livello meramente superficiale (Meli, 2005). È prescritto, infatti, che il certificato in questione sia compilato secondo uno schema prestabilito, lasciando al medico il compito di attestare semplicemente la provenienza delle dichiarazioni anamnestiche fornite dal soggetto interessato. È possibile comunque che nel colloquio che precede la stesura del certificato il medico, anche se non esperto in salute mentale, possa approfondire eventuali questioni di carattere puramente psicologico, ma la realtà è che la norma non garantisce che questo accada sempre. Da ciò emerge che l'intera struttura di verifica di tali requisiti si trova a basarsi sulle sole dichiarazioni, veritiere e non, del diretto interessato (Clerici, Veneroni e Invernizzi, 2006).
La verifica del possesso dei requisiti psicofisici minimi è articolato in due fasi principali. In un primo tempo (art. 2 comma 2) l'interessato deve acquisire un certificato anamnestico dal proprio medico di fiducia; in un secondo momento, munito di tale certificato di data non anteriore a tre mesi, l'interessato potrà accedere all'accertamento vero e proprio di idoneità psicofisica effettuato dagli uffici medico-legali, dai distretti sanitari delle Unità Sanitarie Locali o, infine, dalle strutture sanitarie della Polizia di Stato.
Il momento della certificazione anamnestica da parte del medico di medicina generale costituisce un momento particolarmente delicato perché, se l'acquisizione della documentazione non dovesse esaurire le verifiche, questo comporterebbe comunque un diverso orientamento delle successive valutazioni. Se necessari, quindi, ulteriori accertamenti sono affidati alle strutture pubbliche di più specifica competenza, prescritti dal “medico certificatore” degli uffici medico legali e degli altri enti sopra citati. Può però sorgere il ragionevole dubbio (ed anche il rischio) che questi eventuali accertamenti aggiuntivi siano o no previsti in base al contenuto della (auto) certificazione all'origine del processo di accertamento (Clerici, 2006).
In conclusione, nessun psichiatra o psicologo clinico è perciò coinvolto in questa valutazione di routine dell'idoneità psichica e un gran numero di medici non specialisti in salute mentale, si trova quindi a dover esprimere pareri sull'idoneità psicofisica al maneggio di armi. Questo è un problema di grande attualità che si riscontra non solo in ambito civile, ma anche in ambito militare, nel caso specifico dell'assegnazione di armi da fuoco agli agenti del Corpo di Polizia Municipale, in quanto l’iter di verifica previsto è molto simile.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'idoneità psicologica all'uso delle armi nella polizia municipale

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Informazioni tesi

  Autore: Carlotta Michelini
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia delle Organizzazioni e dei Comportamenti di Consumo
  Relatore: Marco D'Orso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 119

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Parole chiave

armi
idoneità
polizia municipale
psicologica
stress
valutazione

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