6
modello contabile e i diversi modelli basati sullo Shareholder Value
Approach, che hanno invece una connotazione quantitativa.
Nel secondo capitolo, partendo dai limiti insiti nei modelli economico-
finanziari, si presenteranno i modelli che le discipline aziendali hanno coniato
più recentemente, i quali si fondano su una concezione sistemica dell’azienda:
la Balanced Scorecard, con una sua particolare applicazione che è il Navigator
di Skandia, e il Sistema olistico delle misure. Si accennerà anche al concetto
di cultura aziendale divenuto sempre più importante col diffondersi di una
concezione dell’azienda unitaria ed integrata.
Nel terzo capitolo si analizzeranno i pregi e difetti di tutti i modelli presentati,
partendo dalle teorie da cui essi derivano, la teoria della creazione del valore e
la teoria degli stakeholder, inoltre si confronteranno i vari modelli, in
particolare quelli sistemici.
Nel quarto e ultimo capitolo si presenterà lo scenario attuale caratterizzato da
forti turbolenze e incertezze e si analizzerà il caso Indesit Company S.p.A.
Nel complesso si cercherà di dimostrare l’inadeguatezza e l’incompletezza
degli strumenti di valutazione strategica quantitativi, rigidi e meccanicistici,
nel contesto competitivo attuale, affermando l’importanza e la necessità di
utilizzare strumenti di valutazione quali-quantitativi che considerino l’azienda
come un organismo unitario e fortemente legato all’ambiente in cui opera,
nonché agli interessi di tutti gli interlocutori che operano direttamente o
indirettamente nel processo di creazione di valore.
7
Capitolo 1: Gli strumenti di valutazione della strategia
1.1. L’importanza e il ruolo della valutazione strategica
Una strategia aziendale è un modello decisionale con il quale si determina lo
scopo dell’impresa, definendo il suo territorio competitivo. E’ uno strumento
per conseguire il vantaggio competitivo programmando le dovute azioni e la
conseguente allocazione delle risorse, per definire i compiti del management e
per definire il contributo economico che l’impresa intende dare ai propri
stakeholder.
Si può definire la valutazione strategica come un giudizio sulla capacità delle
scelte decisionali di soddisfare tutti gli stakeholder e quindi di creare valore
per essi, in quanto la creazione di valore è alla base di ogni obiettivo e
indirizzo gestionale
1
. L’azienda infatti ha come scopo primario quello di
raggiungere il successo sul mercato in cui opera, intendendo per successo la
soddisfazione dei soggetti coinvolti nel processo di creazione di valore, e la
strategia è il mezzo privilegiato per raggiungere tale scopo.
Il valore però non è una misura oggettiva perchè si fonda su attese future e
soggettive perciò è possibile definirlo in diversi modi a seconda delle attese
del soggetto considerato: valore di mercato, valore economico, valore per i
clienti ecc. Quando si parla però di creazione di valore si intende fare un
1
Valutare una strategia di un’azienda significa esprimere un giudizio sia su sulla concezione di fondo
dell’azienda sia sui concreti obiettivi e indirizzi gestionali e organizzativi in cui tale concezione si esplica.
Coda V. Il problema della valutazione strategica. In “Economia & Management” 1990.
8
discorso organico che coinvolge tutti i livelli organizzativi interni e tutti gli
interlocutori dell’azienda, per questo quando si valuta una strategia occorre
considerare l’impatto che essa ha sull’intera azienda intesa come organismo
unitario.
L’importante ruolo svolto dalla valutazione strategica deve conseguentemente
rispettare una serie di principi fondamentali: 1) coerenza tra la strategia e il
modello di gestione; 2) sistematicità che consiste nel considerare l’azienda
come un complesso unico e non frammentato; 3) orientamento al futuro in
quanto ogni strategia deve sempre guardare avanti avendo lo scopo di guidare
l’azienda verso obiettivi futuri
2
. Gli strumenti di valutazione strategica che si
sono succeduti nella pratica manageriale non sempre hanno rispettato questi
criteri ma hanno presentato forti limiti e distorsioni che non offrivano una
visione di insieme e non permettevano di raggiungere un vantaggio
competitivo sostenibile.
2
Sono necessari criteri di valutazione per cercare di scegliere la migliore alternativa strategica. 1)
Difendibilità: non basta solo conquistare il vantaggio competitivo ma anche sostenerlo in futuro e adattarsi
alle forze che erodono quello attuale. 2) Coerenza tra gli elementi della strategia e gli obiettivi prefissati. 3)
Fattibilità della strategia rispetto alle risorse disponibili. 4) Vulnerabilità: è necessario comprendere i rischi di
fallimento e le eventuali riconversioni. Day G.S, Strategie di mercato e vantaggio competitivo. Torino 1991.
9
1.2. Modelli contabili e a matrice
Intorno agli anni ’60 si sentì l’esigenza di coniare degli strumenti a supporto
del management più adeguati alla complessità aziendale tipica di quel periodo
caratterizzato da aziende di notevoli dimensioni e dal proliferare delle
diversificazioni in più business.
I primi modelli furono di natura meramente qualitativa come le matrici;
successivamente si svilupparono anche quelli quantitativi di estrapolazione
contabile.
1.2.1. Matrice Crescita – Quota di Mercato
Alla fine degli anni ’60 la Boston Consulting Group elaborò la matrice
crescita – quota di mercato con lo scopo di offrire ai managers un valido
strumento di pianificazione strategica.
10
?
1. QUESTION MARK
2. STRATEGIA DI SVILUPPO O DI
RAFFORZAMENTO
3. FABBISOGNO FINANZIARIO
1. DOG 1. CASH COW
2. DISINVESTIMENTO 2. STRATEGIA DI SFRUTTAMENTO
3. EQUILIBRIO FINANZIARIO 3. GENERAZIONE DI CASSA
Figura 1. Matrice di Redditività
ALTA
BASSA
BASSA Quota di mercato ALTA
Tale matrice permette di rapportare su uno stesso piano cartesiano il tasso di
crescita di mercato, che misura l’attrattività di settore, e la quota di mercato,
che indica la posizione competitiva, definendo così quattro quadranti in cui
posizionare i vari business. Questi ultimi in base alla loro collocazione,
presenteranno caratteristiche differenti e implicheranno particolari scelte
strategiche con una conseguente posizione finanziaria (vedi fig. 1).
Questo strumento ha trovato una notevole diffusione per la sua utilità e
semplicità di utilizzo, per la possibilità di considerare simultaneamente più
strategie, ma è uno schema estremamente riduttivo. Le variabili in esame sono
solo due, inoltre l’analisi economica è incompleta e inefficace perché la
matrice prende in considerazione solo aspetti qualitativi, perciò essa deve
T
a
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o
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1. STAR
2. STRATEGIA DI
DIFESA/MANTENIMENTO
3. EQUILIBRIO FINANZIARIO
11
essere utilizzata esclusivamente come riferimento logico senza conferirle
un’interpretazione rigida e meccanicistica
3
.
1.2.2. Indicatori contabili
Il modello contabile ha lo scopo di esprimere in forma sintetica i risultai attesi
dalle corrispondenti strategie sia a livello di azienda che di singolo business.
Tale modello si avvale di una serie di indici (ratios) che assumono vari
significati in base alla specifica natura contabile che hanno i valori che li
compongono. Essi si dividono in indicatori di profittabilità, di liquidità, di
indebitamento e di struttura patrimoniale
4
, ma quelli più utilizzati per valutare
le scelte strategiche sono quelli di profittabilità, in particolare il ROE (Return
On Equity) che si riferisce ai portatori di capitale proprio, e il ROI (Return On
Investiment) relativo agli investimenti nelle singole aree di affari.
Attraverso la scomposizione del ROE e quindi del ROI (vedi fig.2), si
possono analizzare i fattori che incidono maggiormente sulla redditività
economica complessiva.
3
La sua semplicità può facilmente sconfinare in semplicismo, qualora si intenda dare al modello
un’interpretazione rigida e meccanicistica, invece che farne un supporto di riferimento logico. I sostenitori si
sono sforzati di dimostrare le implicazioni finanziarie del modello ma tali riflessi finanziari vengono lasciati
solo ad uno stadio di estrema genericità. Cfr Donna G., La Valutazione Economica delle Strategie d’Impresa.
pagg 42-43.
4
Accounting approaches to characterizing a firm’s performance often rely on ratio analysis. accounting ratios
come in various shapes and sizes. the major categories of accounting ratios are profitability ratios (ratios with
some measures of profit in the numerator and some measure of firm size or assets in the denominator),
liquidity ratios (ratios that focus on the ability of a firm to meet its short-term financial obligations), leverage
ratios (ratios that focus on the level of a firm’s indebtedness), and activity ratios 8ratios that focus on the
level of activity in a firm’s business). Cfr. Barney J.B., Gaining and Sustaining Competitive Advantage. NY
1997, pagg. 32-34.
12
Figura 2. Albero del ROE
Tali indici sono semplici da calcolare e possono essere scomposti facilmente
nei diversi componenti della gestione in modo da poter risalire ai responsabili
dei vari livelli e verificare le cause degli scostamenti con gli obiettivi
prefissati. Ma accanto a questi punti di forza, gli indici di bilancio soffrono di
notevoli punti di debolezza: innanzitutto per la loro natura contabile, i valori,
anche se rettificati, restano valori di bilancio e come tali rispondono a leggi
civilistiche e fiscali nonché alle varie politiche di bilancio adottate dai diversi
managers.
Inoltre essi sono relativi alla gestione del passato, quindi mal si conciliano col
concetto di strategia in cui è insito l’orientamento al futuro. Infine, un ROE e
un ROI analizzati singolarmente a livello di azienda non forniscono nessuna
informazione, occorre sempre compiere un’analisi nel tempo, studiando
ROE
Reddito
Netto/Cap
Netto
Incidenza della
Gestione Finanziaria
Red Netto/Red Operativo
ROI
Red
Operativo/Cap
Inv
Leva Finanziaria
Cap Inv/Cap Netto
ROS
Reddito
Operativo/Vendite
Tasso di rotazione
del capitale
Vendite/Cap Inv
13
l’evoluzione degli indicatori, e nello spazio, considerando i valori delle
aziende operanti nello stesso settore, sempre che queste aziende abbiano
analoghe strutture operative e organizzative
5
.
Da quanto appena descritto si può evincere che gli indicatori contabili se usati
appropriatamente possono anche essere utili ma da soli sono insufficienti e
spesso inadeguati soprattutto se sono presi come unici strumenti di
valutazione strategica, poiché non sono in grado di quantificare l’entità
economica del cambiamento che deriva dalla strategia.
5
L’analisi sostanziale si snoda attraverso lo studio dell’evoluzione nel tempo e nello spazio delle variabili da
osservare. Nei raffronti con le altre imprese similari operanti nel settore occorre, però, fare molta attenzione
perchè ogni processo produttivo si qualifica in modo peculiare e non è affatto detto che le strutture operative
ed organizzative delle diverse imprese debbano necessariamente essere analoghe. Cfr. Cavalieri-Ranalli
Economia Aziendale. Roma, 1997, pag. 456.
14
1.3. Modelli di valutazione strategica secondo lo Shareholder Value
Approach
Viste le gravi lacune che presentano i modelli contabili si è avvertita
l’esigenza di trovare un diverso approccio alla valutazione strategica che
considerasse il rischio, il valore del tempo e le opportunità future
riconducibili alle decisioni di investimento ricomprese nei piani. Tale
approccio si identifica nello Shareholder Value Approach (SVA) che risponde
all’obiettivo del management di implementare strategie che creino valore per
l’azionista. In tal modo l’azionista diventa lo stakeholder principale e le
valutazioni delle strategie sono effettuate in base al flusso di dividendi
attualizzati
6
. I modelli basati sullo SVA sono diversi ma tutti hanno lo scopo
di monitorare le leve che determinano il valore
7
.
6
L’importante passaggio dai modelli contabili ai modelli finanziari cosiddetti del valore si perfezionò grazie
al diffondersi della teoria che poneva come obiettivo del management la creazione di valore per gli azionisti
(SVA). Ciò significa giudicare la performance dell’azienda in funzione allo stesso tempo dei dividendi
erogati e dell’incremento del valore subito dal titolo azionario. Viganò, Il valore dell’azienda, Padova 2001,
pag. 115.
7
Misani N., Economia e Gestione delle Imprese: strategia e valore. Milano, 2002, pag 14.
15
Figura 3. Le determinanti del valore
Fonte: MISANI N., Economia e Gestione delle Imprese: strategia e valore. Milano, 2002, pag. 14.
Le leve principali, come si vede dalla fig. 3, sono il Costo del capitale e i
flussi di dividendi attesi, che a loro volta dipendono da altre determinanti, in
quanto il valore economico di una strategia è pari alla differenza tra i
rendimenti futuri e la remunerazione del capitale investito.
1.3.1. Modello di Fruhan
Il primo modello che risponde alle caratteristiche dello SVA è quello di
Fruhan, coniato negli anni ’70, il quale è caratterizzato dal calcolo del Market
to Book, dato dal rapporto tra il valore contabile dell’azienda e il suo valore
sul mercato. E’ un modello misto con una forte connotazione contabile, per
cui anch’esso non è privo delle distorsioni e dei limiti tipici dei valori di
bilancio, ma presenta una novità importante poiché agli indicatori contabili,
VALORE
Vantaggio
competitivo
Rischio
operativo
Durata della
Crescita
Redditività
corrente
Flussi di
cassa attesi
Costo del
capitale
Politica di
indebitamento
Tasso di
crescita
Politica di
investimento