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1.2 Il gruppo e la sua struttura
Esistono diversi significati del termine “gruppo”; per alcuni studiosi il fattore unificante è
l’esperienza di un destino comune, per altri l’elemento chiave è l’esistenza di una
determinata struttura sociale che permette l’instaurarsi di relazioni, per altri ancora queste
relazioni strutturali hanno luogo grazie all’interazione faccia-a-faccia. Tolta la prima
definizione, le altre due sono applicabili ai piccoli gruppi. Un gruppo esiste quando due o
più individui si identificano come membri della medesima categoria sociale e quando viene
riconosciuto da almeno un’altra persona. I gruppi hanno proprietà specifiche che emergono
dalle relazioni tra i singoli membri. Essere membro di un gruppo e comportarsi come tale
ha conseguenze psicologiche. Bisogna distinguere l’atteggiamento interpersonale da quello
in situazione di gruppo. Il comportamento all’interno del gruppo è normalmente omogeneo
e uniforme, mentre il comportamento interpersonale è diversificato dalla varietà degli
individui con cui si entra in contatto. Questa differenza è data dalla modifica del concetto di
sé, cioè del modo in cui le persone vedono se stesse. Ciò è determinato dall’identità
personale e da quella sociale. La prima comprende autodescrizioni basate su caratteristiche
individuali; la seconda si riferisce a descrizioni in termini di appartenenza a categorie. Vi è
un’uniformità negli atteggiamenti e nei comportamenti tra i membri dello stesso gruppo e
questo perché essi stabiliscono un’associazione tra se stessi, le norme e le ideologie che
condividono facendone appunto parte.
L’esperienza dell’entrata nel gruppo, benché sia spesso emozionante, può comportare un
certo grado di tensione.
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L’individuo subisce dei cambiamenti quando entra a far parte del
gruppo, ma anche il gruppo a sua volta deve adattarsi ai nuovi membri; tra i due quindi si
instaura un rapporto di reciprocità. L’identità sociale della persona è fortemente legata alla
sua appartenenza al gruppo. Perciò quando diveniamo parte di un gruppo modifichiamo
l’immagine che percepiamo di noi stessi; ridefiniamo ciò che siamo e questo può portare a
delle conseguenze per la nostra autostima. Se interiorizziamo la nostra appartenenza ad un
determinato gruppo ne deriva che qualsiasi prestigio o valore associato a questo avrà delle
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Cfr. Rupert Brown, Psicologia sociale dei gruppi, Il Mulino, Bologna 1990, p. 36
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implicazioni circa le opinioni che abbiamo del nostro valore. La valutazione sociale del
gruppo a cui apparteniamo quindi, influenza il concetto che abbiamo di noi stessi.
L’ostacolo iniziale, quando si entra a far parte del gruppo, è comunque quello di essere
accettati dagli altri come elemento effettivo e questo porta ad essere caratterizzato come
“nuovo membro”. Si attuano cerimonie di iniziazione che possono andare da un caldo
benvenuto all’esperienza opposta in cui il nuovo arrivato viene schernito, messo in
imbarazzo o addirittura aggredito fisicamente. Queste svolgono una funzione simbolica sia
per il nuovo arrivato che per tutti gli altri membri e in alcuni casi possono servire per far
capire quali siano gli standard normativi propri di quel determinato gruppo. L’iniziazione
dura e severa risulta attraente e quindi viene utilizzata dal gruppo per ottenere lealtà e
coesione. I membri del gruppo generalmente sono interdipendenti; le esperienze, le azioni e
i risultati di un individuo sono legati in qualche modo alle esperienze, alle azioni e ai
risultati degli altri appartenenti al gruppo.
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Vi sono due tipi di interdipendenza: quella del
destino e quella del compito. Nella prima il gruppo si crea nel momento in cui gli individui
che lo formano si accorgono che il loro destino è legato al destino dell’intero gruppo,
mentre nella seconda lo scopo del gruppo è talmente importante che i risultati di ciascun
membro hanno delle conseguenze, positive o negative, sui risultati dei compagni. In
condizioni di interdipendenza del compito positiva, gli individui saranno motivati a
cooperare per il raggiungimento di un obiettivo condiviso; in situazioni di interdipendenza
del compito negativa, invece, tra le persone si verificherà una competizione. In questo
ultimo caso la produttività diminuisce, il livello di coordinazione si riduce e vi è anche un
calo nella quantità di attrazione interpersonale.
Analizzando i processi di interazione alcuni studiosi hanno affermato che ogni piccolo
gruppo esiste al fine di realizzare un determinato compito, perciò qualsiasi attività
all’interno del gruppo è diretta verso questo scopo. Le azioni degli individui quindi sono
indirizzate verso l’obiettivo del gruppo a cui si appartiene. Può accadere però che le
persone si trovino in disaccordo sul modo in cui si deve affrontare il compito e quindi si
creino delle tensioni che ostacolano il progresso del gruppo verso il suo risultato. Questi
contrasti devono essere risolti per mezzo di attività espressive che si concentrano sulle
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Ibidem, pp. 43-44
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relazioni interpersonali. I gruppi hanno una tendenza naturale verso l’equilibrio. Il gruppo
per affrontare il compito deve orientarsi verso il problema e apprendere tutte le
informazioni; queste devono poi essere valutate per permettere al gruppo di effettuare delle
scelte; quando poi ci si avvicina alla decisione i membri del gruppo eserciteranno un
controllo reciproco affinché si arrivi a una conclusione articolata e volta al successo.
In ogni gruppo vi sono delle norme, cioè delle regole di comportamento che lo
caratterizzano e che i membri dello stesso devono rispettare ed interiorizzare. Gli individui
incorporano nel proprio comportamento gli standard già preesistenti nel gruppo. Da una
ricerca effettuata sui bambini risulta che questi, prima di entrare completamente a far parte
del gruppo, trascorrono un periodo di tempo cercando di capire quali siano le regole base
appropriate. Le norme di gruppo hanno un significato importante per i propri membri
perchè sono strutture di riferimento attraverso cui si interpreta la realtà e inoltre sono
particolarmente utili in situazioni nuove o ambigue in quanto suggeriscono il
comportamento appropriato da adottare. Le norme, inoltre, contribuiscono a regolare
l’esistenza sociale e di conseguenza aiutano a coordinare le attività dei membri del gruppo;
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esse sono strettamente legate ai suoi obiettivi. Verranno così create delle regole appropriate
per il raggiungimento dello scopo prefissato. Le norme, ancora, possono essere utili per
migliorare o mantenere l’identità di gruppo e oltre a variare un po’ tra i membri dello
stesso, possono anche cambiare nel corso del tempo adeguandosi alle circostanze. Non tutte
però, sono soggette a cambiamenti perché esistono delle norme che sono particolarmente
stabili. Gli aspetti costanti della vita di gruppo sono quelli che ne determinano la struttura.
Essa viene definita come una rete interdipendente di ruoli e status gerarchici in cui per
ruoli e status si intendono comportamenti associati alle posizione occupate dai membri
all’interno del gruppo. Una persona dotata di uno status superiore agli altri è il leader che
ha una posizione particolare. La differenziazione di ruolo è una caratteristica importante
all’interno del gruppo in quanto può contribuire a portare ordine e facilitare il
raggiungimento dell’obiettivo. Inoltre i ruoli contribuiscono a formare la consapevolezza di
ciò che siamo e concorrono in modo fondamentale alla nostra identità. Essi non sono
valutati allo stesso modo e hanno diverso potere di influenza o controllo sugli altri; vi è
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Ibidem, p. 63
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quindi una gerarchia di status. Chi possiede uno status elevato dà gli input e il “via” sulle
attività da svolgere che poi vengono proseguite dagli altri. Le posizioni all’interno del
gruppo non sono stabili temporalmente; esse cambiano quando entrano membri nuovi o se
ne vanno di quelli “vecchi”.
Se i ruoli ci permettono di conoscere chi siamo, la nostra posizione di status ci aiuta a
sapere quanto siamo capaci.
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Si applica una sorta di autovalutazione; vi è una pulsione
umana che ci spinge a valutare le nostre opinioni e capacità. Per far questo usiamo degli
strumenti oggettivi di giudizio o, dove non è possibile, ci affidiamo all’aiuto degli altri
(confrontandoci con loro), per ottenere la maggiore quantità di informazioni riguardo alle
nostre capacità. La differenziazione di status all’interno del gruppo è di conseguenza molto
importante poiché fornisce ai membri la possibilità di comprendere quanto essi valgano. Il
confronto sociale perciò serve per scoprire le capacità degli individui; osservando la
prestazione degli altri di status simile possiamo dedurre la nostra competenza nello stesso
ambito. i risultati del conflitto portano a delle conseguenze per la nostra autostima, perciò
siamo portati ad evitare comparazioni con coloro che sono migliori perché l’esito sarà
sicuramente spiacevole per noi. Tuttavia però, questo confronto potrebbe risultare
addirittura positivo in quanto può spingerci a cercare di superare i loro risultati. I processi
di confronto sociale influenzano la prestazione effettiva; gli individui tendono a migliorare
la loro prestazione specialmente in rapporto a coloro che sono simili o appena superiori.
I leader sono coloro che hanno un elevato status all’interno del gruppo e hanno la tendenza
a proporre idee ed attività; hanno i mezzi per influenzare gli altri membri a cambiare il loro
comportamento. Il leader perfetto dovrebbe essere un esperto nel compito e quindi il meglio
attrezzato per aiutare il gruppo a raggiungere i suoi scopi, ma nello stesso tempo dovrebbe
prestare molta attenzione e rispondere ai sentimenti degli altri membri del gruppo. E’
difficile però che una stessa persona rivesta entrambi i ruoli; di solito essi si trovano in
individui diversi. Lo stile del leader interagisce col tipo di situazione che deve affrontare. I
fattori che determinano una situazione favorevole sono: le relazioni leader- membri basate
sulla fiducia e la lealtà, la struttura del compito che deve avere istruzioni chiare e infine il
potere indiscusso sul gruppo.
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Ibidem, p. 78