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Premessa
La tesi si propone di operare l’analisi testuale di una moderna riscrittura drammatica del King Lear
shakespeariano: il Lear (1971) di Edward Bond. In particolare l’attenzione è posta sul rapporto di
intertestualità che lega il testo al suo pre-testo con l’intenzione di individuarne i punti di contatto
e di superamento. Il lavoro è suddiviso in tre parti. La prima parte costituisce un’introduzione
all’argomento: da una generale presentazione del teatro inglese si procede gradualmente a stringere
la focalizzazione intorno ad Edward Bond e la sua produzione drammaturgica dai primi anni
Sessanta fino alla seconda metà degli anni Settanta. Sulla base di saggi e interviste dello stesso
autore vengono delineate le linee guida del suo teatro politico. La seconda parte è interamente
dedicata all’analisi testuale del dramma preso in esame: la trama viene sviscerata in ogni sua parte
con lo scopo di metterne in evidenza gli elementi di maggior interesse che vengono poi
approfonditi a livello tecnico nei capitoli successivi dedicati alla struttura dell’opera e al
linguaggio. L’interesse si sposta quindi sull’analisi intertestuale svolta in maniera duplice: a partire
dal testo shakespeariano vengono individuate le interpolazioni operate dall’autore nella sua nuova
versione della tragedia con l’obiettivo di determinarne scopi e significati. La grande notorietà del
testo di partenza determina inoltre la possibilità di analizzare il Lear anche dal punto di vista della
manipolazione delle aspettative del pubblico. A conclusione dell’indagine sul grado di parentela
che unisce le due opere è sancita la sostanziale autonomia del dramma di Bond rispetto al suo pre-
testo. La terza parte si concentra proprio sugli elementi che ampliano il discorso introdotto da
Shakespeare e che vanno oltre il suo tempo e la sua ideologia. Il lungo percorso di Lear verso la
saggezza assume, nell’opera bondiana, i connotati di una parabola del superamento del potere nella
moderna società borghese. Bond cerca di fornire le risposte a quelle domande sulla natura del
potere che Shakespeare aveva sollevato nella sua tragedia senza preoccuparsi di dare una risposta.
Vediamo quindi il Lear bondiano muoversi attraverso le principali tappe storiche percorse
dall’umanità sulla via della ricerca di un modello sociale giusto: nel testo troviamo infatti
riferimenti alla rivoluzione socialista di Lenin e alla sua degenerazione nella dittatura di Stalin,
viene inoltre approfondito il ruolo dell’intellettuale nella lotta contro l’ingiustizia e il potere (con
particolare riferimento all’esperienza di Tolstoj).
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Capitolo 1- Introduzione al teatro di Edward Bond
La scintilla del rinnovamento
In seguito agli sconvolgimenti causati dalle due Grandi Guerre, nella seconda metà del Novecento
il panorama culturale internazionale si è fatto portatore di istanze di critica del passato e promotore
di un cambiamento politico e sociale tanto radicale quanto necessario. I drammaturghi inglesi non
seguirono subito questa tendenza, incapaci da principio di produrre testi forti e innovativi che si
discostassero dalla tradizione precedente. Finita la guerra, dalla scena d’oltremanica non giunse
nessun segnale di rinnovamento: il salotto borghese tornò ad occupare il palcoscenico, come aveva
ostinatamente fatto a partire del tardo Ottocento in poi, senza eccezione. Se nell’epoca edoardiana
vi era un rispecchiamento del pubblico (specificatamente borghese) con ciò che veniva
rappresentato, un’omogeneità fra i valori e i principi espressi a teatro con le monolitiche certezze
di una classe borghese in fastosa ascesa, al termine della seconda guerra mondiale si percepisce
una profonda spaccatura fra il mondo esterno, con le sue paure e le sue angosce, e quei drammi-
conversazione ambientati in lussuosi salotti dove la storia sembra non avere accesso. Attori e
spettatori della scena inglese si fanno così complici di un inganno: si finge che nulla sia cambiato
e che la Gran Bretagna sia ancora il grande impero dei tempi del colonialismo. Nonostante si fosse
macchiato di ipocrisia, il teatro era, e rimane ancora oggi, una componente importantissima della
vita culturale inglese. La florida tradizione che ha alle spalle, l’imponente patrimonio drammatico
nazionale e il ruolo che riveste nell’ambito di scuole e università ne fanno un’istituzione di
prim’ordine in Inghilterra. Di conseguenza l’insoddisfazione per il tipo di teatro proposto, si fa
negli anni 50, soprattutto fra i giovani, profondissima. Il contrasto fra l’offerta teatrale e i
sentimenti di rabbia confusa dei giovani del dopoguerra è ciò che ha generato, a partire dalla
seconda metà degli anni 50, la scintilla del rinnovamento del teatro inglese, destinato a divenire il
maggior contributo culturale proveniente dall’Inghilterra nel secondo Novecento. Il rinnovamento
prevede una netta chiusura con la tradizione ottocentesca: ciò che si persegue è in primo luogo una
forte opposizione al teatro naturalistico borghese.
Poetica e tecniche teatrali rinnegano le convenzioni naturalistiche, rivoluzionarie
un tempo nella loro capacità di rendere il mondo di fine Ottocento, ma incapaci
poi di rappresentare la realtà novecentesca
1
Per questo le idee di teatro che maggiormente influenzarono i nuovi giovani drammaturghi inglesi
nel dopoguerra, furono quella proposta da Brecht e quella di Beckett.
Samuel Beckett svuota la forma teatrale tradizionale dall’interno, dimostrando l’impossibilità di
rappresentare un mondo “assurdo” come quello appena uscito dalla tragedia dell’Olocausto,
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Paolo Bertinetti, Il teatro inglese del Novecento, Torino, Einaudi, 2002, p. 98.
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tramite un dramma-conversazione ad ambientazione naturalistica. Il suo primo lavoro teatrale, En
attendant Godot (Waiting for Godot), scritto alla fine degli anni quaranta in francese e tradotto
successivamente in inglese, andato in scena per la prima volta a Parigi nel gennaio 1953,
costituisce una chiara dimostrazione della sua idea di teatro: in quest’opera il dialogo fra i due
stravaganti protagonisti, Vladimir e Estragon, in attesa del Godot del titolo, ha l’unico scopo di far
passare il tempo della rappresentazione. L’identità di colui che si attende è irrilevante, il senso del
dramma - e quindi della vita – si riduce all’attesa inutile di qualcosa che non avverrà mai, un
enorme vuoto colmato dal vuoto conversare dei due strani individui, intervallato da qualche
numero attoriale volto a suscitare il riso del pubblico. La portata rivoluzionaria di questo testo è
da intendersi a livello del linguaggio e delle soluzioni sceniche adottate: Beckett costringe gli
spettatori a prendere atto di trovarsi in un teatro, davanti a degli attori coscienti del loro ruolo, che
si chiamano a vicenda le battute e, a piø riprese, riproducono gag dai connotati grotteschi per il
loro singolare innesto in una situazione del tutto tragica. Beckett adotta quindi la forma tradizionale
del dramma-conversazione ma ne rende evidente l’inadeguatezza. A partire da questo testo Martin
Esslin ha teorizzato l’appartenenza di quelli che ne hanno tratto ispirazione e di quelli che ne sono
considerati i precursori, a un genere teatrale detto “dell’assurdo”
2
. Un teatro che secondo il suo
teorizzatore, fa propria una svalutazione radicale del linguaggio e una dichiarata finzione narrativa.
Il teatro di Beckett accoglie in parte questa etichetta ma va anche oltre, perseguendo una
sperimentazione estrema che prevede la costate riduzione dei mezzi drammatici e volta a
dimostrare, in ultima analisi, l’impossibilità stessa di fare teatro.
Il teatro di Brecht, come quello di Beckett, è antitetico rispetto alla tradizione ottocentesca
del well-made play
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. Secondo Brecht con questo tipo di allestimento la tensione emotiva riguardo
l’esito della vicenda rappresentata illude lo spettatore di trovarsi di fronte a un mondo immutabile.
Davanti a rappresentazioni del genere ci si sente coinvolti emotivamente quando la trama si
complica e rassicurati quando l’autore del dramma ci propone una brillante soluzione per ristabilire
gli equilibri iniziali. Brecht invece, cosciente della necessità di un cambiamento, punta a fare del
teatro uno strumento di progresso sociale. La forma teatrale che sceglie per veicolare il suo
messaggio di rinnovamento è quella epica: il teatro epico costringe lo spettatore ad avvicinarsi al
dramma da osservatore critico. L’andamento della rappresentazione sottostà alla logica di nessi
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Per approfondimenti si veda, Martin Esslin, The Theatre of the Absurd, London, Penguin, 1968.
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“La pièce bien faite, che in Inghilterra si chiamò well-made-play, fece la sua comparsa a Londra verso la metà
dell’Ottocento, con le prime traduzioni e le messe in scena dei testi di Scribe. Con pièce bien faite si indicava un
lavoro teatrale basato sulla rigorosa costruzione della trama, esposizione della situazione di partenza, “crisi” con
ingarbugliamento dei rapporti fra i personaggi, scioglimento finale, il tutto scandito da scene madri accuratamente
collocate in modo da creare la dovuta suspense. ¨ chiaro che all’interno di un simile sistema i personaggi finiscono
con l’essere mossi non dalle loro motivazioni ma dalle esigenze della trama, e che la trama stessa finisce per rivelare
tutta la sua artificiosità.” Paolo Bertinetti, cit., p. 8.
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causa-effetto che lo spettatore/osservatore è chiamato a giudicare razionalmente. L’apporto piø
innovativo che Brecht propone consiste proprio in questo appello alla ragione piuttosto che al
sentimento del pubblico. Il mezzo attraverso cui realizza tale scopo è detto effetto di straniamento:
si evita di produrre empatia fra scena e platea in modo da creare quel distacco razionale necessario
allo spettatore per formarsi un’opinione su quanto viene rappresentato. La finzione teatrale è
quindi costantemente interrotta da ogni sorta di stratagemma (canzoni indirizzate al pubblico,
proiezione di spezzoni cinematografici, ecc.) e sottolineata a livello scenografico dalla totale
assenza di illusione naturalistica. Non si vuole evocare un dato avvenimento, lo si vuole proporre
allo spettatore, tramite la mediazione degli attori, come un fatto da valutare.
Le innovative teorie del teatro nate a metà Novecento ebbero modo di influenzare i giovani
autori inglesi grazie al fermento culturale promosso da alcune compagnie teatrali al di fuori del
circolo dei teatri commerciali del West End. L’ostinata proposta di un intrattenimento spensierato
che ignorava le tensioni che agitavano la società, provocò un allontanamento dei giovani dal West
End, per aggregarsi a quelle compagnie che promuovevano le piø audaci sperimentazioni dello
spazio scenico e mettevano in discussione il patrimonio drammatico tradizionale. Le compagnie
teatrali che maggiormente contribuirono al rinnovamento della scena inglese furono il Theatre
Workshop e la English Stage Company. Il Theatre Workshop si stabilì nel 1953 in un teatro
dell’East End, il Theatre Royal. L’obiettivo del suo lavoro era di portare il teatro alle masse tramite
la proposta di un repertorio che spaziasse dal teatro classico greco a Shakespeare, da Molière alle
ultime novità come i drammi di Brecht. Altro obiettivo del Theatre Workshop era di produrre
nuovi testi che parlassero al pubblico dei problemi attuali, per questo ai giovani veniva data la
possibilità di cimentarsi nella scrittura teatrale nell’ambito di un collettivo che prevedeva la stretta
collaborazione di attori e scrittori. La English Stage Company perseguiva questi stessi obiettivi:
mettere in scena le novità per svecchiare l’offerta teatrale inglese che da anni si era fossilizzata su
un certo tipo di proposta, ma soprattutto, attraverso una politica di incoraggiamento dei giovani
scrittori, creare nuovi autori capaci di produrre un tipo di teatro che parlasse al pubblico (non solo
borghese) della realtà contemporanea e dei suoi problemi. La English Stage Company si stabilì nel
Royal Court Theatre nel 1955. ¨ proprio al Royal Court, a partire dalla seconda metà degli anni
cinquanta, che ha luogo la fase piø importante del rinnovamento del teatro inglese.
Contestualizzazione storico-artistica: Edward Bond al Royal Court.
La politica di incoraggiamento dei giovani autori venne promossa con ogni mezzo dal Royal Court.
Ad esempio venne messa un inserzione sulla rivista “The Stage” per incoraggiare gli scrittori in