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Comunicare nell'incomunicabilità: il ruolo dell'educatore nell'autismo e nella schizofrenia attraverso il gioco e l'ascolto attivo


comprendo che l’educazione è rivolta ad aiutare la persona a coprire le proprie potenzialità e la propria unicità. Essa sostiene l’espressione di questa unicità dentro la cultura sociale in cui si sviluppa. In un difficile equilibrio è compresente l’azione del Soggetto di andare verso il mondo e quella del mondo di incontrarsi con esso.
L’educazione può essere considerata la possibilità della progettualità umana, di dipanarsi secondo i suoi innumerevoli ed infiniti modi di esistere.
Tutto questo presuppone la comunicazione tra gli esseri umani.
In questo lavoro ho affrontato esistenze che appaiono incomunicabili: le relazioni interpersonali con gli schizofrenici e gli autistici. Ad essi sembra che il mondo non gli vada incontro, poiché è modo comune pensare che siano loro a non voler esprimere il proprio disagio, o che non abbiano niente da dire. Le persone hanno paura del silenzio, del delirio, del comportamento bizzarro ed imprevedibile e del dolore.
La società in genere fatica ad essere società civile nei riguardi della convivenza con l’autismo e la schizofrenia. Sembra come se chi ha un’esistenza strutturata con queste modalità sia un peso da sopportare per regole morali e non per un principio di responsabilità, amore ed accettazione verso la diversità.
Ci siamo mai soffermati a pensare quanto noi così detti normodotati siamo diversi dal loro punto di vista? Perché mai non possiamo rispettare i loro tempi nella ricerca di un dialogo possibile?
Comunicare è verbalizzare, usare segni, percepire nel dilatarsi dei silenzi, ascoltare le storie che si ripetono in un infinito, nel quale apparentemente ci viene raccontata la stessa trama, ma che invece non è mai la stessa.
Ogni particolare, nell’ascolto e nella comunicazione, ne descrive le differenze e l’unicità.
Nel dialogo tra queste identità c’è un Sé ed un Altro da entrambe le soggettività; sono angolature diverse da cui provano ad osservare l’uno il mondo dell’altro ed il contesto ambientale che li circonda. Nel suo stare assieme l’educatore trova ed usa gli strumenti della Fenomenologia esistenzialista, nel suo agire conosce le tecniche della progettazione e del lavoro in equipe. Il suo sforzo più grande è non accettare completamente come propria la delega che la società gli affida come unico responsabile delle situazioni assistenziali e riabilitative. Perché una regola della riabilitazione è l’integrazione tra il disagio ed il mondo che osserva passivamente.
Nelle istituzioni spesso operatori ed utenti hanno la condivisa sensazione di essere trattati come fossero numeri da incasellare, in tanti settori separati tra loro; in camere stagne dove lentamente si rischia di spegnere la fede e la volontà di fare dell’operatore e l’esistenza dell’altro. Compito primario della realtà sociale, per non naufragare nel mare magnum delle sue incongruità e fallimenti nell’integrazione, è quello di riconoscere la professionalità dei suoi operatori e la dignità dell’Essere-nel-mondo e con il mondo di chi soffre e da solo non ce la fa.
Accettare l’Altro come insostituibile, comprendere che solo insieme possiamo raggiungere ciò che ciascuno di noi cerca, cioè una nostra realtà esistenziale che sia unica ed irripetibile.
Alla base di qualsiasi tipo di intervento si voglia utilizzare, sia con l’autismo che con la schizofrenia, c’è la costruzione della relazione interpersonale, senza omologazione alcuna in teorie o pratiche, ma lasciando che l’altro ci educhi nel suo proprio contesto sempre diverso, sempre nuovo, sempre fonte di vita. Educare significa porre delle regole che servano al vivere in comune, ma che rispettino e si evolvano secondo i contesti e le personalità diverse. Educare è anche seguire l’ispirazione, cogliere l’attimo, aiutare l’altro perché sviluppi il proprio sé, senza sostituirsi ad esso, ma accompagnandolo perché acquisisca la libertà di assumersi la propria cura, almeno sino a dove e come gli è possibile: in un autentico senso di coesistenza.
Se si accetta che l’uomo è Dasein, è Esserci, è proprio l’uomo che dà colore al mondo ed un significato; l’uomo ha per essenza la sua esistenza e questa è possibilità e autocreazione.


Studi

  • Laurea I ciclo (triennale) in Epc Educatore Professionale di Comunità
    conseguita presso Università RomaTre di Roma nell'anno 2006-07
    con una votazione di 107 su 110
  • Diploma di maturità conseguito presso il Istituto professionaleDiploma Dirigente di Comunità
    con votazione 84/100°

Esperienze lavorative

  • Dal 2003 lavora presso coop S.Onofrio nel settore Associazioni
    Mansione: educatore con diversamente abili

    Commento personale: Aec e Assistente domiciliare

Lingue straniere

  • Inglese parlato e scritto: buono
  • Francese parlato e scritto: discreto

Conoscenze informatiche

  • Livello buono