Approfondimenti
Tiziano Mannoni e la nascita della Rivista di Archeologia Medievale (1974)
Commento e analisi di ''Enrico Giannichedda, Archeologia globale come percorso e prospettiva'', ''Diego Moreno, Anna Maria Stagno, Storia della cultura materiale e risorse ambientali. Percorsi e incontri'' et alia
11 maggio 2023
Introduzione
"A questo punto non so più a quale disciplina appartengo, o a quali discipline, a patto che ce ne sia qualcuna che mi accoglierebbe, né se sia necessario o indispensabile appartenere a qualche disciplina. Se fossi obbligato a scegliere deciderei per l'Antropologia se non fosse devastata com'è un po' ovunque, perché penso che all'Antropologia dovrebbe far da contraltare le Scienze Naturali, ma dal momento che l'Uomo fa parte della Natura l'antropologia dovrebbe essere un filone delle scienze. C'è tuttavia una realtà più profonda, quella cioè che le scienze non sono altro che un sistema umano per conoscere per gradi e a modo loro la natura, e quindi sarebbe l'antropologia che dovrebbe guidare la barca usando nel modo migliore, anche in senso umano, le scienze assieme alle esperienze che l'uomo ha anche di se stesso, studiando il suo passato per fare le scelte migliori nel presente e migliorare quindi il futuro che, per le scienze naturali che abbiamo messo a punto, potrebbe dipendere solo dall'impatto di qualche meteorite o cometa."
Dagli appunti di Tiziano Mannoni, scritti il 10 ottobre del 2010, una settimana prima della morte1. Questi ultimi appunti, lucidi, pieni di spunti su cui riflettere, dove peraltro non viene nominata l'archeologia, sono un momento di riflessione sull'operato di una vita dedicata alla conoscenza, sulla quale ci si sofferma nelle pagine seguenti2. Dunque, lo scopo del presente contributo è quello di illustrare, attraverso gli scritti di chi lo ha conosciuto, la figura umana e professionale di Tiziano Mannoni in stretto rapporto con la nascita della rivista di "Archeologia Medievale. Cultura materiale, insediamenti, territorio" (1974), fondata da Riccardo Francovich e dalla "scuola senese", con il grande contributo di Mannoni e di altri esponenti della "scuola genovese"3.
Materiali e metodi
La stesura del contributo tiene conto di molteplici articoli principalmente concernenti la figura di Tiziano Mannoni, ma anche di riflessione generale sullo status dell'archeologia medievale in Italia. Metodologicamente, attraverso cenni sulla storia degli studi, si propone come possa intendersi oggi l'archeologia medievale (e forse in generale l'archeologia stessa).
Analisi degli articoli
Tiziano Mannoni è stato, senza dubbio, uno studioso versatile e aperto alle più svariate discipline, eclettico, pronto a mettere in discussione le proprie convinzioni e adoperando un metodo rigorosamente scientifico, specchio di una visione "popperiana" della scienza. Tuttavia, volendo ricostruire un profilo umano e non solo professionale-accademico, emerge un uomo che non ha soltanto detto, ma anche fatto. Non ha soltanto studiato, ma ha saputo praticare i più svariati mestieri guadagnandosi da vivere come molti uomini e donne della sua generazione, che vissero da adolescenti la dura esperienza della Seconda Guerra Mondiale. Su questo punto, si possono citare brevemente i Dialoghi di Pantalone, ossia le parole di un maestro, un uomo saggio, che ha appreso tutte le sue conoscenze dai numerosi mestieri praticati: questa figura letteraria non può non considerarsi un alter-ego di Mannoni. Dunque, un uomo pratico e capace, che nel 1947 si diploma geometra, topografo e tecnico elettronico4. Nel 1956 entra a far parte dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri diretto da Nino Lamboglia, divenendo archeologo sul campo. Ci vollero diversi anni per ultimare gli studi e ottenere il titolo di Dottore in Scienze Naturali, nel 1967, anni dedicati al lavoro. È negli anni Sessanta che incomincia per Mannoni un iter degno di nota, a cominciare dal suo primo articolo pubblicato nel 1965: Mannoni Tiziano, "Il "testo" e la sua diffusione nella Liguria di Levante", Bollettino Linguistico, XVII, 1/2, 1965, al quale nel corso degli anni ne seguiranno altri 500 circa5. Nel 1968 avvia il settore di Mineralogia applicata all'archeologia tenutosi presso il Dipartimento di Scienze della Terra, per poi fondare assieme ad altri studiosi il Centro Ligure per la Storia della Ceramica (infatti nel 1975 Mannoni porterà a termine uno studio sulla ceramica medievale consigliatogli da Nino Lamboglia, tema allora trascurato). Negli anni compresi tra il 1969-1982 è professore di Giacimenti minerari presso la Facoltà di Scienze dell'Università di Genova tenendo corsi sulla storia dei materiali. Nel 1983 è professore associato di Rilievo e Analisi tecnica dei Monumenti antichi presso la Facoltà di Architettura. Nel 1971 fonda il "Notiziario di Archeologia Medievale" (NAM), al quale segue nel 1972 la pubblicazione dei "Quaderni del Notiziario di Archeologia Medievale". Mannoni indagò diversi luoghi di sommo interesse, e opere d'arte dal grande valore: il santuario di Monte D'Accoddi, la Porta Bronzea di Bonanno a Pisa, la Corona ferrea, i bronzi di Riace, la statuaria di Michelangelo, l'officina di Crypta Balbi a Roma.
Nel 1974 partecipa, come già accennato, alla fondazione insieme ad un giovane Riccardo Francovich (aveva 27 anni) della rivista "Archeologia Medievale: cultura materiale, insediamenti e territorio"; due anni dopo diede vita all'Istituto di Storia della Cultura Materiale con sede a Genova, ancora oggi notevolmente attivo. Come emerge da questa carrellata di date, Tiziano Mannoni è una figura che ancora oggi, a poco più di 11 anni dalla morte, ha molto da insegnare all'archeologia, eppure non sempre è stato apprezzato, anzi, purtroppo, tutt'altro. Enrico Giannichedda racconta a tal proposito del "fattaccio" del 1977. In questa sede non si possono approfondire tutti i dettagli della vicenda, ma basti notare che ad uno dei fondatori della già citata rivista di archeologia medievale, ad uno dei primi studiosi italiani a prendere sul serio lo studio delle ceramiche medievali, si negò il titolo di cultore della materia di Archeologia Medievale. L'opera di Mannoni fu definita una mera "analisi tecnica, incapace di interpretazione storica del reperto stesso", e si disse che il suo manuale di ceramica medievale (La ceramica medievale a Genova e nella Liguria, 1975) "non uscirebbe dagli schemi della classificazione tipologica". Mannoni a queste accuse rispose che è necessario, vitale, elaborare una metodologia di ricerca adatta in quanto parte dell'attività scientifica, della quale, semmai, tecnico è il meccanismo esecutivo (e non si comprende perché tale meccanismo debba essere svalutato a priori). Sottolineò, inoltre, che fare archeologia e fare storia significa tenere insieme metodologia, interpretazione e attività scientifica. Dunque, ecco la lezione di metodo che Mannoni ancora oggi lascia a chi si approccia allo studio dell'archeologia (ma non soltanto questa disciplina, probabilmente): è una lezione di metodo, il cui fine è quello di indagare l'uomo e i suoi modi di vivere in società. Tuttavia, Mannoni nei suoi scritti di rado parla direttamente di metodo, anche se di fatti se n'è occupato notevolmente. Prima di trattare più nel dettaglio il suo rapporto con la fondazione della rivista nel 1974, è utile comprendere la mentalità dello studioso, comprendere a cosa hanno portato i suoi numerosissimi studi. Si è già detto che il fine è quello, antropologicamente parlando, di indagare l'uomo. E per farlo Mannoni adotta un approccio globale: dunque un'archeologia globale che significa, come illustra Giannichedda, territorio, ricerche estese, geomorfologia, valutazione del potenziale informativo, trasformazioni storiche, congiunture e lunga durata, caratteri ambientali, insediamenti e viabilità storica. Il che non deve far pensare a Mannoni come ad un "tuttologo", né far pensare che archeologia globale significhi "tuttologia", sapere ogni cosa di tutto. Conoscere tutto è impossibile a qualsiasi essere umano, e soprattutto nell'archeologia, dove ogni giorno si può assistere ad una nuova scoperta che può smentire quanto scritto in precedenza, o cambiare prospettiva su un tema particolare, un argomento specifico. Ed è proprio la prospettiva che conta, perché in questo consiste l'insegnamento di Tiziano Mannoni: concepire un'archeologia globale come percorso e come prospettiva (concetti ben sottolineati da Enrico Giannichedda), come una lezione di metodo. E Mannoni operò in tal senso in tantissimi contesti. Insomma, l'archeologia globale, con una certa apertura intellettuale, mira alla globalità dell'approccio, ossia alla raccolta di sistemi di informazioni che le fonti (archeologiche e non) mettono a disposizione; è un sapere che richiede trasversalità6, una qualità senza dubbio positiva che fu propria di Mannoni. Come riporta Daniele Manacorda nel suo manuale Lezioni di archeologia, "Colin Renfrew richiese di praticare studi archeologici nei quali i problemi simbolici e cognitivi fossero meglio intrecciati con questioni di sussistenza e di economia e con aspetti di carattere sociale per dare una visione integrata della società"7. Ritengo che questa ulteriore apertura dell'archeologia più tradizionale alle nuove archeologie, di chiara origine post-processuale8 (ad esempio l'archeologia cognitiva: lo studio dei problemi simbolico-cognitivi come si accennava poc'anzi) sia una caratteristica dello studio di Mannoni, aperto metodologicamente a tutto ciò che fosse d'ausilio nello studio dell'uomo e del suo modo di vivere in società, sebbene Mannoni non amasse definirsi un archeologo post-processuale.
Mannoni seppe unire abilmente lo studio delle fonti scritte con quello delle strutture materiali (così fece al Castello di Genova e nella vetreria di Monte Lecco, la seconda dopo Torcello ad essere stata indagata con metodo stratigrafico in Italia), si dedicò allo studio degli atti notarili assieme alla moglie Luciana, e aprendosi ad una vasta gamma di fonti: materiali, immateriali, etnografiche, naturalistiche, scientifiche … Nel 1971-73, con l'esperienza di scavo al Castello di Genova, e poi a Cartagine, Mannoni apprende dai colleghi inglesi le basi allora fondanti del metodo stratigrafico di C.W. Harris, ancora oggi in uso dalla stragrande maggioranza degli archeologi mondiali, ma che in Italia fu accolto con scetticismo fino agli inizi degli anni Ottanta. Nel corso del tempo le pubblicazioni e gli interessi di studio di Mannoni sono proseguiti notevolmente, come dimostra la pubblicazione nel 1996 di "Archeologia della produzione", manuale scritto insieme a Giannichedda, e nello stesso anno si pubblica il primo numero della rivista "Archeologia dell'Architettura". L'anno dopo esce la rivista "Archeologia Post-medievale: società, ambiente, produzione". Ritornando indietro nel tempo, dopo un'ulteriore carrellata di date e fatti significativi, si indagano le origini della rivista del '74. Mannoni nel 1971 organizzò un convegno tenutosi a Villa Farragiana aperto a tutti gli interessati all'archeologia medievale. Come sottolineano Diego Moreno e Anna Maria Stagno9, fu un evento notevole, poiché oltre ad accogliere studiosi di formazione e origini nazionali differenti, diede da pensare al modo di concepire l'archeologia medievale in Italia. Si auspicava un maggiore dialogo con la ricerca storica e le scienze applicate, possibilmente svincolandosi dal paradigma antiquario al quale era invece molto legata, per tradizione di studi, l'archeologia classica. Finché nel 1974 avvenne una vera e propria rifondazione della disciplina, in aperta rottura con la tradizione antiquaria e storico-artistica. Questa apparizione, tuttavia, doveva fare i conti con una concezione generale dell'archeologia ancora legata all' approccio d'età fascista, che favoreggiò maggiormente l'archeologia classica, tra l'altro concepita come una storia dell'arte antica, di matrice idealistica e storicista. Questo modo di vedere l'archeologia ha lasciato un segno anche nei decenni successivi al Dopoguerra, almeno fino agli Settanta10. Invece il sostrato culturale nel quale si animò il vivace dibattito sull'archeologia medievale e l'operosità di Riccardo Francovich traeva linfa dal marxismo, quindi più incline ad occuparsi di cultura materiale, e soprattutto ad un dominio pubblico della conoscenza, affinché non restasse limitata ad una casta di studiosi, ma per tutte le classi della società. Inoltre, agli inizi Archeologia Medievale sembra voler prendere le distanze dalla più antica tradizione di studi dell'Archeologia Cristiana, rifiutando in un primo momento, ad esempio, lo studio delle chiese e degli edifici religiosi in generale, ritenendo l'Archeologia Cristiana ancora apologetico-confessionale (una visione che, da neo-marxisti, i fondatori di Archeologia Medievale non condividevano) e accusandola di non essersi ancora aperta al metodo di scavo stratigrafico. Le cose, come ha illustrato Vincenzo Fiocchi Nicolai11, cambieranno a partire dagli anni '80, quando Archeologia Medievale si apre a temi dell' Archeologia Cristiana, la quale incomincia a servirsi del metodo stratigrafico e ad andare di pari passo con lo sviluppo delle metodologie.
Discussione e conclusioni personali
"Io sono un archeologo e dedico il mio tempo a cercare di raccogliere notizie sul comportamento di uomini morti da lungo tempo … Tuttavia mi piace pensare che anche la conoscenza archeologica possa (…) dimostrarsi utile alla società (…), utile nell'aiutare a pensare in maniera più chiara e quindi ad agire in maniera più umana." 12
Per concludere questo breve contributo dedicato alla figura di Tiziano Mannoni e ad alcuni cenni della storia degli studi della disciplina, pensando ad un'archeologia del futuro, prendo a prestito le parole di Sauro Gelichi tratte da un importante contributo del Numero Speciale di Archeologia Medievale (2014), "L' archeologia del futuro … non deve eludere "Scilla e Cariddi", ma tentare di passarvi attraverso indenne se non vogliamo rimanere gli archeologi immobili e senza tempo di De Chirico o aggirarci tra le corrusche rovine del passato, come in un quadro di Monsù Desiderio, è in questo contesto che penso l'archeologia medievale del futuro abbia un senso e una funzione"13. Aggiungo delle ulteriori considerazioni personali: l'archeologia deve assumere maggiormente un ruolo civile e democratico, aprirsi alla società, dove le conoscenze siano di pubblico dominio. Innegabilmente, non tutti nella società possono avere conoscenze e competenze in egual misura, ma ciò che ho appreso (e chiunque può apprendere) dall'insegnamento che Tiziano Mannoni ha voluto lasciare ai posteri è che non conta solo sapere (importantissimo, indubbiamente), ma anche saper fare, saper (inter)agire in vista di uno scopo comune. È necessario perché anche la società riconosca il valore dell'archeologia, se ne senta coinvolta e non esclusa. Soltanto così si potranno abbattere quegli steccati, quelle mura, quelle insormontabili distanze che allontanano l'uomo comune dal mondo del sapere.
Roberto Kocaj, Roma, scritto il 02/02/22, presentato ed esposto il 25/02/22.
***
1Gli appunti sono stati trovati nello studio del prof. Mannoni da Mauro Darchi, nel 2010.
2La lettura di queste riflessioni mi riporta alla mente l'ultima considerazione esistenziale di Ranuccio Bianchi Bandinelli. Manacorda, 2008, p. 6: "Per quanto mi riguarda gli anni Settanta, in uno qualunque di questi anni, segneranno la mia morte. Mi piacerebbe andarmene con le idee chiare dopo aver capito qualcosa su di me e di ciò che accade intorno a me (…). In realtà mi sembra di aver vissuto 200 anni (…). Era il 1925; ma avrebbe potuto essere benissimo il 1825, se non fosse stato per la luce elettrica e l'acqua corrente". Ciò che accomuna le due riflessioni, a mio avviso, è la domanda esistenziale: chi sono io? Ho lasciato qualcosa ai posteri? Questo dubbio emerge notevolmente nella parabola esistenziale di Mannoni, e credo che la risposta sia affermativa. Tiziano Mannoni ha lasciato ben più di qualche cosa.
3Francovich, 2008, pp. 9-10. È molto utile questo contributo di Nicoletta Frasncovich, che traccia un profilo della primissima rivista di Archeologia Medievale, "una rivista fatta in casa", in un clima sereno, domestico e stimolante per il lavoro, e soprattutto segnato da amicizie e serie collaborazioni.
4Boato, 2011, passim.
5Giannichedda, 2012, p. 3. Allude a circa 550 titoli, ove 160 articoli sono compresi nei cinque volumi editi nel 1994 e 260 successivi, con uno spiccato interesse per l'archeologia della produzione, del commercio e dell'architettura. Si aggiunge che la maggior parte delle informazioni qui riportate (soprattutto le date) sono tratte da Giannichedda, 2021,
pp. 19-22. Su questo contributo si è costruita "l'ossatura" del mio scritto, con altri riferimenti presenti sia in nota che poi in bibliografia.
6Manacorda, 2008, pp. 230-231.
7Manacorda, 2008, p. 231.
8In tal senso, è stata importante la figura di Ian Hodder, negli anni '80 del Novecento.
9Moreno, Stagno, 2021, p. 74, p. 77.
10Manacorda, 2008, p. 6.
11Per questi cenni al rapporto tra archeologia medievale e cristiana, che meriterebbero un ulteriore approfondimento e una preparazione migliore della mia, si veda Fiocchi Nicolai, 2014, p. 24.
12Childe, 1962, pp. 200-201. L' ultima frase esprime dei concetti, a mio avviso, molto simili agli ultimi appunti di Mannoni sopracitati.
13Gelichi, 2014, p. 9.
***
Bibliografia
1) A. Boato, Tiziano Mannoni è stato per me un vero Maestro, in Commemorazione di Tiziano Mannoni presso l'Accademia ligure di Scienze e di Lettere, 17 ottobre 2014 (dal sito ufficiale dell'ISCUM di Genova: Tiziano Mannoni è stato per me un vero Maestro – ISCUM), consultato l'ultima volta il 02/02/22.
2) V. G. Childe, Società e conoscenza, Milano, 1962.
3) N. Francovich, Una rivista fatta in casa: gli esordi di Archeologia Medievale, in Una sola moltitudine: scritti e ricordi per Riccardo Francovich, Sesto Fiorentino, All'Insegna del Giglio, 2008, pp. 9-12.
4) S. Gelichi, Il "canto delle sirene" e l'archeologia medievale del futuro, in Archeologia Medievale, Numero Speciale, Sesto Fiorentino, All'Insegna del Giglio, 2014, pp. 7-9.
5) E. Giannichedda, Anni senza guida o, se si vuole, il ricordo di tante lezioni, in F. Redi, A. Forgione (a cura di), VI Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, L'Aquila 12-15 settembre 2012, pp. 3-7.
6) E. Giannichedda, Archeologia globale come percorso e prospettiva, in Tiziano Mannoni. Attualità e sviluppi di metodi e idee. Volume I. Sezione I. Ricordando Tiziano: lezioni e prospettive (a cura dell'ISCUM), All'Insegna del Giglio, Sesto Fiorentino, 2021, pp. 19-26.
7) D. Manacorda, Lezioni di Archeologia, Roma, Laterza, 2008.
8) D. Moreno, A.M. Stagno, Storia della cultura materiale e risorse ambientali. Percorsi e incontri, in Tiziano Mannoni. Attualità e sviluppi di metodi e idee. Volume I. Sezione I. Ricordando Tiziano: lezioni e prospettive (a cura dell'ISCUM), All'Insegna del Giglio, Sesto Fiorentino, 2021, pp. 74-81.
9) V. Fiocchi Nicolai, Archeologia Medievale e Archeologia Cristiana: due discipline a confronto, in Archeologia Medievale, Numero speciale, Sesto Fiorentino, All'Insegna del Giglio, 2014, pp. 21-31.