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L'atto di missione nel regolamento arbitrale della Camera di Commercio Internazionale

Uno dei motivi che può condurre alla dichiarazione di nullità del lodo è l’inosservanza da parte dell’arbitro dei limiti del suo incarico. Egli, infatti, ha solamente quei poteri che gli sono attribuiti dalla volontà delle parti e che risultano consacrati nel patto d’arbitrato.
Nonostante tale principio appaia chiaro, esso è all’origine di numerose difficoltà quanto alla sua applicazione ed è fonte di contestazioni dopo che la sentenza arbitrale è stata resa.
Per tale motivo, è opportuno che l’arbitro, che ha accettato l’incarico, ne precisi i termini e fissi le regole essenziali relative alla condotta della procedura.
Tale esigenza può essere soddisfatta attraverso una pratica informale , ma la sua importanza dovrebbe indurre l’arbitro ad elaborare insieme alle parti uno specifico atto.
Tale atto viene previsto come obbligatorio dal Regolamento di arbitrato della Camera di Commercio Internazionale (CCI), che lo definisce “atto di missione” .
Il nuovo Regolamento, entrato in vigore il 1° gennaio 1998 , ha mantenuto tale istituto con identica finalità e con contenuto solo parzialmente modificato rispetto a quello contemplato nel previgente Regolamento, nonostante esso sia stato oggetto di numerosi dibattiti dottrinari e di ricorrenti proposte di soppressione .

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3 Introduzione Uno dei motivi che può condurre alla dichiarazione di nullità del lodo è l’inosservanza da parte dell’arbitro dei limiti del suo incarico. Egli, infatti, ha solamente quei poteri che gli sono attribuiti dalla volontà delle parti e che risultano consacrati nel patto d’arbitrato. Nonostante tale principio appaia chiaro, esso è all’origine di numerose difficoltà quanto alla sua applicazione ed è fonte di contestazioni dopo che la sentenza arbitrale è stata resa. Per tale motivo, è opportuno che l’arbitro, che ha accettato l’incarico, ne precisi i termini e fissi le regole essenziali relative alla condotta della procedura. Tale esigenza può essere soddisfatta attraverso una pratica informale 1 , ma la sua importanza dovrebbe indurre l’arbitro ad elaborare insieme alle parti uno specifico atto. Tale atto viene previsto come obbligatorio 2 dal Regolamento di arbitrato della Camera di Commercio Internazionale (CCI), che lo definisce “atto di missione” 3 . 1 V. la pratica anglosassone della “pre-trial conference”, in base alla quale l’arbitro riunisce informalmente le parti al fine di raccogliere il loro consenso sulle modalità della procedura, o, eventualmente, fissarle. 2 Vista la sua obbligatorietà, neanche un accordo tra le parti ed il tribunale arbitrale, sulla base di quanto contemplato dall’art. 15 dello stesso Regolamento relativamente all’utilizzo di poteri discrezionali modificativi degli standards procedimentali, potrebbe consentire di fare a meno dell’atto di missione. Infatti, l’art. 15 attribuisce alle parti, o in difetto al tribunale arbitrale, il potere di completare le disposizioni del Regolamento applicabili alla procedura, ma non di derogarvi. 3 La redazione obbligatoria di un atto di missione è prevista, anche nei Regolamenti di altre istituzioni arbitrali, quali, il Regolamento del Centro belga per lo studio e la pratica dell’arbitrato nazionale ed internazionale (CEPANI) o quello dell’Associazione Italiana per

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Informazioni tesi

  Autore: Sara Sileoni
  Tipo: Tesi di Specializzazione/Perfezionamento
Specializzazione in DIRITTO DELL'ARBITRATO INTERNO E INTERNAZIONALE
Anno: 2000
Docente/Relatore: Piero Bernardini
Istituito da: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 27

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