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I beneficiari dell'attività dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.

La storia degli ultimi cinquant’anni non ha conosciuto periodi durante i quali le politiche degli Stati non abbiano prodotto un flusso di profughi.
Le crisi umanitarie si sono succedute con impressionante regolarità e l’emergenza è stata pressoché perenne.

L’assenza di altre organizzazioni internazionali esplicitamente deputate alla tutela dei profughi, insieme a ineccepibili considerazioni di ordine umanitario e logistico, hanno indotto l’Assemblea Generale e l’ExCom ad affidare all’UNHCR la gestione di situazioni che formalmente non rientrano nelle sue competenze statutarie.
L’intervento dell’Alto Commissariato a favore non solo dei rifugiati ma anche degli sfollati, dei rimpatriati, degli apolidi e dei richiedenti asilo è stato considerato quanto meno opportuno. La regolarità con cui è stato richiesto ha prodotto un’estensione di fatto del mandato dell’UNHCR, che ha visto quasi raddoppiare le persone rientranti nelle sue competenze, ma anche gli sforzi per tutelarle.

È da osservare, tuttavia, che la logica di base che ha ispirato lo sviluppo delle competenze risiede nell’evitare il riprodursi ciclico degli esodi e nella prevenzione del fenomeno.
In generale, l’Alto Commissariato è stato chiamato ad intervenire in emergenze, potenziali o già esplose, che, se non arginate in tempo, avrebbero potuto generare un flusso di rifugiati ed aggravare ulteriormente la situazione. L’assistenza ai rimpatriati ed il monitoraggio della loro situazione anche durante il periodo successivo al ritorno, ad esempio, si inserisce esattamente in quest’ottica. Il rimpatriato che subisce le stesse persecuzioni che lo hanno costretto a partire la prima volta, infatti, rappresenta un futuro rifugiato.
Lo stesso discorso può valere per gli sfollati, che possono scegliere di avvalersi del diritto d’asilo e oltrepassare le frontiere nazionali, andando ad ingrossare le file degli asylum seekers.
L’attività dell’Alto Commissariato a favore di quest’ultima categoria è di estrema importanza, proprio perché è volta principalmente all’ottenimento dello status di rifugiato a favore del richiedente.
Ricordiamo che la Convenzione del 1951 e il Protocollo di New York non contengono disposizioni riguardanti le procedure per la determinazione dello status di rifugiato, lasciando liberi gli stati parte di scegliere in che modo e a quale livello le norme ivi contenute possono incidere a livello interno.
I criteri direttivi per l’interpretazione della definizione di rifugiato , elaborati dall’UNHCR, sono stati concepiti proprio per arginare la discrezionalità degli Stati in materia di determinazione dello status e per garantire al richiedente, di conseguenza, maggiore sicurezza ed equità di trattamento.
A tal fine sono numerose le pressioni affinché gli Stati adottino, da una parte, procedure interne per la determinazione dello status di rifugiato e, dall’altra, un sistema comune per l’armonizzazione delle norme in materia d’asilo. La condivisione della responsabilità dell’accoglienza tra i vari Paesi d’arrivo, ritenuta fondamentale, non può attuarsi, infatti, con procedure interne troppo eterogenee o addirittura improvvisate.

Quando si analizza la responsabilità degli Stati d’arrivo si considerano tematiche prodotte da un flusso di rifugiati già generato. Sarebbe, tuttavia, opportuno spostare l’attenzione anche sulla responsabilità degli Stati d’origine, che spesso hanno direttamente generato il flusso di rifugiati con una politica contraria ai diritti umani fondamentali, e riconsiderare l’importanza dell’aspetto preventivo.
Questo deve essere valutato della massima importanza, poiché si devono considerare non solo gli effetti, ma anche e soprattutto le cause del problema dei profughi. Gli obblighi degli Stati di rifugio di ricevere e proteggere i rifugiati non devono far trascurare gli obblighi fondamentali dello Stato di origine verso i propri cittadini .
Se si tiene presente che il profugo diviene tale a causa della paura di essere perseguitato e perché teme per la sua vita e la sua libertà, risulta evidente che la migliore prevenzione consiste nell’adozione, da parte del proprio Stato, di una politica rispettosa dei diritti umani fondamentali e di pace.
L’attività dell’Alto Commissariato in tal senso può consistere solo in pressioni ed inviti alla civiltà e ad un’opera di sensibilizzazione rivolti ai Paesi meno virtuosi. Pressioni ed inviti che spesso restano inascoltati, cedendo alle logiche del più distorto potere.
L’operato dell’UNHCR, come quello di tante altre organizzazioni umanitarie, è così destinato ad arginare crisi create dalle violazioni dei diritti degli individui e dalla barbarie degli Stati. Senza la loro collaborazione la crisi perenne finora vissuta è destinata a protrarsi all’infinito.

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7 Introduzione Tra gli strumenti di diritto internazionale dedicati alla questione dei rifugiati, la Convenzione di Ginevra del 1951 è senza dubbio l’atto più rilevante, sia perché ha carattere universale e cogente sia perché è l’unico a regolare in modo unitario ed in termini universali il regime giuridico applicabile a coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato. Tra le sue disposizioni, meritano una particolare menzione l’art. 1, che contiene una definizione universalmente accettata di rifugiato, e l’art. 33, che sancisce il divieto di refoulement, cioè di respingere il rifugiato verso Stati dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate per le cause che sono a fondamento del rifugio 1 . La Convenzione di Ginevra del 1951 è certamente la pietra angolare dell’intero sistema di tutela dei rifugiati, costituendo, tra l’altro, il punto di riferimento per tutte le altre convenzioni di carattere regionale in materia. La Convenzione di Ginevra affida la supervisione dell’applicazione delle sue norme all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati 1 Secondo la giurisprudenza più autorevole, il principio del non-refoulement è entrato a far parte del diritto internazionale consuetudinario. Per una trattazione specifica, vedi “50 anni dopo la dichiarazione dei diritti dell’uomo”, Pisillo Mazzeschi R., testo riveduto della relazione presentata al Convegno su “La tutela dei diritti umani a 50 anni dalla Dichiarazione universale”, svoltosi il 7 maggio 1999 presso l’Istituto Orientale di Napoli.

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Informazioni tesi

  Autore: Vincenzo Livieri
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2002-03
  Università: Università degli Studi di Siena
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Gabriella Ferranti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 234

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