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I mille volti del privato sullo schermo: tendenze ed apparenze nella programmazione televisiva

Il “mostrare”, il “far vedere”… rappresentano indubbiamente la connotazione più immediata della televisione, l’essenza stessa del suo “essere”, la sua ragione di fondo…
Nel porsi come medium tra i due spazi dell’esperienza (l’esterno del mondo e l’interno domestico), esso diventa così lo specchio di ogni visibile possibile e, insieme, il referente privilegiato per la costruzione di rinnovati percorsi semiotico-simbolici.
Tale valenza performativa trova la sua “ratifica” immediata in ogni istante in cui - cliccando sul telecomando - noi accettiamo di sottoscrivere in toto i termini del “contratto”, disponendoci così a condividerne tutte le possibili “clausole” di visibilità.
Nell’auto-proclamarsi come “il mezzo veridittivo del reale” per eccellenza (“Here is television: your window to the world”…) (1), esso viene perciò ad arrogarsi il diritto di dare “comunque” un senso a tutto ciò che mostra, reclamando - in pari tempo - sempre nuova attenzione e fiducia da parte dello spettatore.
Legittimato dal consenso comune e gratificato da calorose “risposte d’ascolto” via via più stimolanti, il mezzo televisivo ha - come si suol dire - “cavalcato l’onda”, spingendosi proditoriamente sempre più oltre,… per approdare infine su territori di visibilità così insoliti e audaci da meritarsi le non infondate accuse di mettere in scena, ormai, solo “compiaciuti esibizionismi” quando non addirittura… “spietati cinismi”.
Il conto torna… E’ solo un caso, infatti, che il verbo “mostrare” abbia un etimo in comune con la parola latina monster/monstrum?… E, del resto, il “mostro” non è, prima di tutto, un qualcosa che “non si può guardare” ma che tutti vorrebbero avidamente vedere, spiare, analizzare?…

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3 Introduzione Vedere la Gorgone, è guardarla negli occhi e, nell’incrocio degli sguardi, cessare d’essere se stesso, d’essere vivente, per divenire, come lei, potenza di morte. L’autre de l’homme: la face de Gorgò, J.P. Vernant, 1981 Una qualunque serata televisiva, il consueto zapping tra i canali… Clic. Eteree top models incedono sicure su una passerella parigina. La telecamera zomma sul dettaglio di perfette rifiniture e…anatomie mozzafiato… Un soldato israeliano è gettato “in pasto” ai nemici reclamanti… La scena, orribile, viene riproposta - almeno cinque volte - da immagini rallentate… La “fredda” show-girl confessa in diretta le sue ansie e le sue mille paure: colto in primissimo piano, il suo volto ci rimanda i tratti di una fragilità insospettata… Gli immancabili giovani, “rinchiusi” nella Casa, continuano a mimare improbabili quotidianità domestiche: l’occhio attento di trenta monitor ne spia ogni movenza, ogni discorso, ogni intimità… Il “mostrare”, il “far vedere”… rappresentano indubbiamente la connotazione più immediata della televisione, l’essenza stessa del suo “essere”, la sua ragione di fondo… Nel porsi come medium tra i due spazi dell’esperienza (l’esterno del mondo e l’interno domestico), esso diventa così lo specchio di ogni visibile possibile e, insieme, il referente privilegiato per la costruzione di rinnovati percorsi semiotico-simbolici. Tale valenza performativa trova la sua “ratifica” immediata in ogni istante in cui - cliccando sul telecomando - noi accettiamo di sottoscrivere in toto i termini del “contratto”, disponendoci così a condividerne tutte le possibili “clausole” di visibilità. Nell’auto-proclamarsi come “il mezzo veridittivo del reale” per eccellenza (“Here is television: your window to the world”…) (1), esso viene perciò ad arrogarsi il diritto di dare “comunque” un senso a tutto ciò che mostra, reclamando - in pari tempo - sempre nuova attenzione e fiducia da parte dello spettatore. Legittimato dal consenso comune e gratificato da calorose “risposte d’ascolto” via via più stimolanti, il mezzo televisivo ha - come si suol dire - “cavalcato l’onda”, spingendosi proditoriamente sempre più oltre,… per approdare infine su territori di visibilità così insoliti e audaci da meritarsi le non infondate accuse di mettere in scena, ormai, solo “compiaciuti esibizionismi” quando non addirittura… “spietati cinismi”. Il conto torna… E’ solo un caso, infatti, che il verbo “mostrare” abbia un etimo in comune con la parola latina monster/monstrum?… E, del resto, il “mostro” non è, prima di tutto, un qualcosa che “non si può guardare” ma che tutti vorrebbero avidamente vedere, spiare, analizzare?…

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Informazioni tesi

  Autore: Luciana Ridolfi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2000-01
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Sociologia
  Relatore: Giovanni Boccia Artieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 123

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