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Art. 27, 3° co. della Costituzione e la funzione della pena nel nostro ordinamento positivo - Il caso Angelo Izzo

Con l’emanazione della legge 354 del 26 luglio 1975 il legislatore ha enunciato le “Norme sull’Ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e con il successivo “Regolamento di Esecuzione” si è data applicazione, sul piano pratico, al principio dettato dall’art. 27, 3 c. Cost. in cui viene enunciato il principio secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
L’attuazione pratica di questo principio non ha però portato i risultati sperati.Nel corso di questo lavoro proveremo a fare un’analisi, seppur sommaria, delle cause di questo fallimento, perché tale deve considerarsi, dell'ideale del trattamento rieducativo affidato alle attuali strutture penitenziarie.
Con questo lavoro non siamo in grado di indicare una soluzione alternativa alla pena detentiva per la punizione di chi commette reati, ma vogliamo analizzare i vari aspetti della pena e le diverse modalità attraverso le quali possa essere espiata.
Nel primo capitolo sarà effettuata una panoramica e un’analisi generale sulla problematica della pena intesa come concetto giuridico e sociale.
Passeremo in rassegna le più significative teorie che sono state sviluppate attorno al concetto di pena e sulle finalità che questa intende perseguire. Faremo poi una breve excursus storico sulla nascita del carcere e di come in passato fosse considerato l’unico strumento idoneo in grado di permettere l’espiazione della pena.
Analizzeremo poi le varie dottrine e scuole che si sono susseguite nel tempo, partendo dalla concezione elaborata dalla Scuola Classica, passando poi per la Scuola Positiva confrontando i loro diversi approcci in tema di funzione della pena.
Approfondiremo poi la nascita, in seno all’Assemblea Costituente, dell’attuale testo dell’articolo 27 della nostra Costituzione, con particolare attenzione al 3° comma. Esamineremo poi le diverse correnti che si sono succedute per la sua interpretazione e che hanno influenzato lo sviluppo del sistema penitenziario, aspetto questo strettamente legato alla realtà storica del momento e alle varie vicende che influenzavano la questione in termini pratici.
Arriveremo poi ad analizzare quei interventi legislativi che hanno introdotto importati riforme in grado di riorganizzare l’intero sistema penitenziario apportando cambiamenti e migliorie.
Nel secondo capitolo andremo ad analizzare più nello specifico cosa si intende con la nozione di “rieducazione del condannato” che viene usata nel dettato costituzionale e di come venga posto in essere un trattamento sul detenuto che abbia come fine ultimo quello di rendere il reo una nuova persona in grado di essere reinserito nella società e capace di condurre una vita normale in armonia con il resto della comunità.
Deve essere sottolineato come il trattamento sia impostato secondo un criterio di individualizzazione secondo quanto disposto dal dettato legislativo, cioè il trattamento per ogni singolo deve tenere in considerazione le specifiche condizioni del soggetto in modo da individuare i bisogni, le carenze e le cause specifiche del disadattamento sociale.
Ci soffermeremo sulle modalità con cui tale trattamento venga messo in pratica all’interno dei penitenziari e quali strumenti vengano utilizzati per conseguire questo risultato.
Nel terzo capitolo verrà fatta una panoramica su possibili diverse modalità di espiazione della pena: le misure alternative.
Attraverso questa soluzione si cerca di evitare, o al massimo limitare, al reo la permanenza all’interno del carcere, perché l’esperienza ci insegna che il soggiorno prolungato all’interno di un penitenziario abbia più effetti negativi che positivi e pertanto si cerca di evitare l’entrata in carcere per quei soggetti che debbano scontare solo una pena di breve durata o coloro che abbiano commesso reati di lieve entità per fare in modo che nel corso della loro permanenza non vengano a contatto con criminali che si siano macchiati di delitti più efferati da cui possano venir “contagiati” .
Per ogni singola misura alternativa verrà fatta una breve panoramica su quelli che sono i suoi obbiettivi e le sue caratteristiche e i requisiti che debbono sussistere perché un soggetto possa essere ammesso alla sua attuazione, oltre che le condizioni che deve rispettare per non incorrere in una revoca.
Nel quarto, ed ultimo, capitolo sarà presentato un caso pratico che è accaduto nel maggio scorso e di cui la cronaca nera degli ultimi tempi si è occupata a lungo, la cui analisi può essere significativa per capire se e come il nostro sistema penitenziario sia in grado di mettere in pratica le finalità rieducative che vengono declamate nel testo legislativo e ci dimostra come la realtà sia molto diversa dall’intenzione del legislatore: Angelo Izzo.

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6 Introduzione Con l’emanazione della legge 354 del 26 luglio 1975 il legislatore ha enunciato le “Norme sull’Ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e con il successivo “Regolamento di Esecuzione” 1 si è data applicazione , sul piano pratico, al principio dettato dall’art. 27, 3 c. Cost. in cui viene enunciato il principio secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Tale concetto giace da mezzo secolo nella nostra coscienza collettiva quale principio civile e indiscusso, quanto palesemente inattuato e persino ammuffito. L’attuazione pratica di questo principio non ha però portato i risultati sperati, anzi la situazione attuale del nostro sistema penitenziario è tutt’altro che rosea. Nel corso di questo lavoro proveremo a fare un’analisi, seppur sommaria, delle cause di questo fallimento, perché tale deve considerarsi, dell'ideale del trattamento rieducativo affidato alle attuali strutture penitenziarie. Nel corso del nostro studio prenderemo in considerazione l’attuale realtà penitenziaria e alcune statistiche provenienti dal Ministero della Giustizia che ci permetteranno di capire quale sia la situazione italiana e in quali condizioni versano i detenuti nel nostro Stato. Analizzeremo poi un caso pratico, avvenuto in tempi recenti di cui si è a lungo occupata la cronaca nera del nostro paese, che ha tristemente dimostrato come la pena detentiva e gli strumenti ad essa assimilabili, come le misure alternative, adottati nel nostro sistema non 1 DPR 29 aprile 1976 n. 431.

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Ciarlantini
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Macerata
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Bruno Guazzaloca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 220

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