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La privatizzazione della Deutsche Bundespost

Base ideologica delle liberalizzazioni e delle prime privatizzazioni sono stati i paradigmi neoliberali che dagli anni ottanta hanno ispirato i programmi di tanti Governi.
Conseguenza di tali nuove posizioni politico-economiche furono la creazione di mercati liberi e concorrenziali per settori, quale quello delle telecomunicazioni, che in precedenza altro non avevano conosciuto che l’esistenza di monopoli statali. Proprio le telecomunicazioni sono state legate da sempre, un po’ ovunque, alle aziende postali nazionali; il processo d riforma ha però raramente interessato contemporaneamente entrambe le realtà, facendo sì che i destini del telefonico e del postale si dividessero marcatamente.
Ed è proprio ai processi di liberalizzazione e privatizzazione del settore postale che si interessa questo lavoro di tesi. Tanto più, che nel nostro Paese, l’Italia, la riorganizzazione del settore postale è ancora lungi dal potersi dire concluso. Diversamente, in Germania l'iter di liberalizzazione del settore, iniziato negli anni novanta, può ben considerarsi pressoché terminato con la quotazione in Borsa e la cessione ai privati di rilevanti quote dei diritti proprietari dell’azienda Deutsche Post AG. Nel lavoro si prendono in esame le cause e le aspettative che hanno accompagnato, in Germania, la privatizzazione delle Poste federali e quelle che sono state le conseguenze e gli effetti post-dismissione sui vari attori sociali, istituzionali, nonché sull’azienda stessa.
Il primo è un capitolo prettamente introduttivo, nel quale sono stati considerati tutti quegli elementi ritenuti necessari per poter comprendere con più facilità e precisione gli argomenti trattati nella tesi. Si inizia con una carrellata di dati storici sulla lunga tradizione monopolistica nella quale ha operato negli anni l’Ente Poste tedesco. Nel II capitolo, si esaminano i monopoli naturali, le società di pubblica utilità che solitamente operano in tale situazione di mercato e le diverse soluzioni che derivano dalla regolamentazione di queste imprese, con particolare riferimento all’esperienza vissuta in Germania. Nel capitolo successivo si prendono in esame quali erano le aspettative dei vari protagonisti dell’economia tedesca sull’eventuale privatizzazione della DBP e quindi, infine, si valutano le stesse e le si confrontano con gli effettivi risultati positivi sul piano della concorrenza. Nel IV capitolo il lettore trova una dettagliata descrizione di quello che è stato il reale passaggio di proprietà della quota azionaria dell’azienda Deutsche Post AG ai privati. Nello stesso si discute della necessità che l’azienda fosse quotata in Borsa, nonché, delle modalità di vendita della quota proprietaria di una public utility attraverso delle offerte pubbliche di vendita (IPO ed OPV).
In ultimo si analizza il quadro internazionale della privatizzazione dei servizi postali, con un riferimento particolare al caso italiano. Con la caduta dei monopoli e la liberalizzazione dei servizi, le Poste italiane sono state convertite alla formula societaria ed inserite nella libera competizione, sebbene, da subito, in posizioni inerzialmente avvantaggiate. Tuttora però gestiscono, con un’esclusiva di fatto, taluni servizi specifici. Di cedere la quota azionaria di Poste Italiane ai privati ad oggi non se ne parla. I tempi tuttavia sarebbero maturi: l’azienda chiude già da anni il proprio bilancio in attivo. L'esperienza di Deutsche Post e dell'olandese TNT avverte che il monopolio povero può diventare ricco anche nel quadro della liberalizzazione dei servizi postali avviata nel 1992 dalla Commissione UE. Certo, con 155 mila dipendenti, Poste Italiane resta il massimo datore di lavoro in Italia. Ma, con i vincoli stringenti della finanza pubblica anche il dividendo clientelare delle assunzioni si è ridotto all'osso. E’ stato il Banco Posta a dare la spinta decisiva per riportare in nero un bilancio che nel 1998 perdeva 1,3 miliardi e nel 2004 è arrivato ad un profitto di 236 milioni, nonostante il forte impatto dell'Irap. Degli 8,4 miliardi di ricavi, 4,1 vengono dal Banco Posta. L’unità dell’azienda è, per questo motivo, molto importante che venga preservata: un’operazione di pre-privatizzazione come è stata attuata in Germania, da noi, alla luce di quanto detto, non è praticabile, pena la sopravvivenza del sistema postale italiano.

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4 Introduzione Già sulla soglia del XXI secolo ci eravamo resi conto che anche l’organizzazione politica della società moderna viveva un periodo di transizione. Effettivamente, spesso, il passaggio da un secolo ad un altro è occasione perché occorrano cambiamenti radicali: mutamenti spesso impercettibili ai più che vivono il periodo stesso. Così è per noi, che conviviamo quotidianamente con una profonda metamorfosi che lo Stato nazionale oggi affronta e che si è rivelata essere la più significativa, dalla comparsa di questo sulla scena mondiale. Nei secoli passati si era andato via via affermando il principio per cui società diverse andavano progressivamente organizzandosi, territorialmente e funzionalmente, in organizzazioni statuali a se stanti ed indipendenti l’una dall’altra. Nei Paesi socialisti e comunisti, tale principio, si è poi evoluto in quello che è stato il triste e completo assorbimento di intere società nello Stato stesso. La rapida caduta di buona parte dei regimi comunisti del Novecento non rappresenta soltanto il punto di arrivo di un processo di riconversione che vedeva lo Stato onnipresente, nelle società come nell’ economia, fare dei passi indietro. Tale declino, ha dato uno stimolo decisivo al processo stesso, avendo siglato, agli occhi dei tanti, un importante punto a favore di tutti coloro che avevano sino a quel momento tifato per un libero mercato e per uno Stato relegato a puro arbitro e difensore delle libertà individuali. Il “ settore pubblico” che dal XIX secolo era andato man mano crescendo sempre più in tutti i Paesi maggiormente industrializzati, toccò l’apice della sua espansione negli anni ottanta del Novecento. Studiosi del fenomeno ci riferiscono con certezza, utilizzando indicatori socio- politici ed economici, che intorno alla metà degli anni novanta il trend espansionistico in questione diviene fortemente negativo. 1 Il ritiro dello Stato, in particolare dall’economia, è spiegato come un processo di adattamento a fenomeni quali l’Integrazione Europea e la Globalizzazione. 1 Strange, Susan, The Retreat of the State: the Diffusion of Power in the World Economy, Cambridge, Cambridge University Press, 1996.

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Informazioni tesi

  Autore: Leonardo Visciglia
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Internazionali e Diplomatiche
  Relatore: Marco Bigelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 99

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