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Blade Runner e il postmoderno

Introduzione

Il lavoro qui proposto, ha come scopo quello di fornire un’ analisi di uno dei film di fantascienza che ha riscosso maggiore successo e fama nella cinematografia mondiale, Blade Runner; e cercare di mettere in luce, perché può essere definito un sorta di manifesto cinematografico della Postmodernità, movimento che come poi vedremo comincia ad interpretare la modernità come un qualcosa di ormai passato ed obsoleto.
Blade Runner, a buon titolo, può fregiarsi di essere diventato il cult movie per antonomasia del cinema contemporaneo.
La sua immensa fama, di cui gode ancora oggi, non giunse subito. Anzi alle sue prime apparizioni nelle sale cinematografiche nel 1982, il film sembrava destinato ad un successo piuttosto modesto.
Ma complice anche l’ influsso di un mercato europeo molto affascinato dal clima plumbeo e dall’ originalità del film, Blade Runner è diventato uno dei lungometraggi più apprezzati, studiati e che ottennero maggior successo nella storia del cinema. Un altro elemento che contribuì notevolmente a catalizzare gli interessi sul film fu la diffusione della televisione via cavo e del mercato del VHS, che permisero al pubblico di rivedere ed approfondire la loro conoscenza su Blade Runner; un’ opera che necessitava di maggiori approfondimenti per poter essere apprezzato in tutti i suoi molteplici aspetti.
Sicuramente non tutto il merito per la nuova attenzione che si dedicò a questo film può essere dato all’ home video e alla Tv via cavo. Infatti, mentre l’ interesse continuava a crescere in quei settori per tutti gli anni ottanta, cominciarono ad apparire articoli di elogio in periodici specializzati e molto influenti, come “Film Comment, American Film, Premiere e Sight and Sound”.
Il segno più evidente che Blade Runner era stato ormai apprezzato pienamente, si concretizzò nel 1991, quando la Bowling Green State University Popular Press pubblicò un intero libro dedicato al film. Intitolato Retrofitting Blade Runner: Issues in Ridley Scott’ s Blade Runner and Philip K. Dick’s “Do androids dream of electric Sheeps”?, questo ampio volume accademico, curato da Judith B. Kerman, prendeva in esame, una serie di influenze e testi che convergono nel film di Scott.
Un ulteriore conferma che Blade Runner aveva raggiunto una popolarità di livello mondiale, fu espressa dalla più sincera forma di adulazione che Hollywood potesse riservare ad un film: fu imitato da tutti. L’ ambientazione di Blade Runner cominciò ad essere rappresentata in moltissime serie televisive, video musicali e film. Per quanto riguarda la creazione vera e propria del film, fu molto travagliata.
Il progetto del lungometraggio aveva cominciato a circolare nel mondo cinematografico, molto tempo prima che fosse affidata a Ridley Scott e ad altri collaboratori.
Già nel 1970, Martin Scorsese, aveva tentato di ottenere un’ opzione sul romanzo di Philip K. Dick Do androids dream of electric sheep?, che era uscito solo due anni prima, ma non riuscì ad ottenerla.
Fu poi la Herb Jaff Associates a procurarsi i diritti, e a far scrivere a Robert Jaffe la prima deludente stesura del film.
Verso la fine degli anni ’70, cominciò a prendere forma la strada che avrebbe portato alla versione di Ridley Scott.
Fu Hampton Fancher, talentuso sceneggiatore, che ottenne preziosi elementi per dar vita al film, direttamente da Dick, che si mostrò molto interessato al lavoro cinematografico che si stava organizzando a partire dalla sua fatica letteraria.
Una volta aggiuntosi all’ impresa il produttore Michael Deeley, fu il turno del regista, e del cast.
La figura del detective privato inizialmente doveva essere affidata a Robert Mitchum, che cominciava però ad essere troppo vecchio per la parte, oltre che fuori luogo nel mondo post-industriale immaginato dai realizzatori.
Dunque la scelta cadde definitivamente su Harrison Ford. Per quanto riguarda la regia, fu affidata a Ridley Scott, che ebbe la meglio su un gran numero di registi tra i quali Adrian Lyne, Bruce Beresford e Michael Apted, e che aveva girato pochi anni prima un altro grande capolavoro fantascientifico, Alien (1979).
Blade Runner è diventato con il passare degli anni e nell’ immaginario collettivo, un film senza autore, uno di quei cult movies, che non hanno bisogno di un marchio, di identificarsi in un attore, nel regista, per essere vivi nel pensiero generale.
Blade runner si compone di valori plastici, fascino narrativo, estetica avanguardistica, ma non si può ricondurre alla mitopoiesi di un singolo realizzatore.
È un caso quasi unico di film senza autore, o se vogliamo pluriautoriale, che vale quasi esclusivamente per ciò che rappresenta ed ha rappresentato nell’ immaginario di ogni singolo spettatore.

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Introduzione Il lavoro qui proposto, ha come scopo quello di fornire un’ analisi di uno dei film di fantascienza che ha riscosso maggiore successo e fama nella cinematografia mondiale, Blade Runner; e cercare di mettere in luce perché può essere definito un sorta di manifesto cinematografico della Postmodernità, movimento che come poi vedremo comincia ad interpretare la modernità come un qualcosa di ormai passato ed obsoleto. Blade Runner, a buon titolo, può fregiarsi di essere diventato il cult movie per antonomasia del cinema contemporaneo. La sua immensa fama, di cui gode ancora oggi, non giunse subito. Anzi alle sue prime apparizioni nelle sale cinematografiche nel 1982, il film sembrava destinato ad un successo piuttosto modesto. Ma complice anche l’ influsso di un mercato europeo molto affascinato dal clima plumbeo e dall’ originalità del film, Blade 2

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Informazioni tesi

  Autore: Paolo Filippini Lera
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2003-04
  Università: Libera Univ. degli Studi Maria SS.Assunta-(LUMSA) di Roma
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Claudio Siniscalchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 97

FAQ

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Parole chiave

analisi blade runner
postmodernità
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