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Il fattore religioso nella Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e la condizione delle Chiese in alcune sentenze della Corte di Strasburgo

Il presente lavoro si articola in quattro distinti capitoli. Esordisce con un capitolo contenente un excursus storico-politico del Consiglio d’Europa e della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Ci si sofferma sullo Statuto del Consiglio e sulla sua struttura. Passando alla Convenzione, anche per essa si analizza il sostrato culturale nel quale ha visto la luce. Si fa, infine, cenno ai Protocolli aggiuntivi, che nel corso degli anni sono stati adottati, e ai rapporti tra Convenzione e Stati membri, per capire il valore e il rango da essa assunti. Segue la disamina degli articoli riguardanti la materia della religione: dell’art. 10, dell’art. 11, dell’art. 14. L’ultimo paragrafo del primo capitolo tratta, poi, del Primo Protocollo Addizionale alla Convenzione, relativo all'Istruzione. Il secondo capitolo del presente lavoro si occupa della Corte europea dei Diritti dell’Uomo: della sua organizzazione e del suo funzionamento; si fa menzione, poi, della riforma che è stata attuata dall’Undicesimo Protocollo e che ha portato alla creazione di una Corte unica: partendo dai motivi che hanno reso necessaria la riforma, si indica il percorso seguito per arrivare all’adozione del suddetto Protocollo. Il terzo capitolo riguarda la genesi e l’interpretazione dell’art. 9 della Convenzione. Lo studio si chiude, infine, con un capitolo dedicato alla condizione giuridica delle Confessioni religiose negli orientamenti della Corte di Strasburgo. Nella premessa si fa, anche in questo caso, un excursus relativo ai Paesi direttamente coinvolti nelle vicende giudiziarie prese in esame. Vengono analizzate cinque pronunce della Corte di Strasburgo in materia religiosa, prendendo lo spunto dalle vicende giudiziarie nazionali che ne sono alla base. Esaminando le cinque sentenze, senza pretese di esaustività, si vuole sottolineare come, in alcuni Paesi membri del Consiglio d’Europa, vi siano Chiese che ricoprono una posizione esponenziale, e come quest’ultima sia voluta e appoggiata dallo Stato, sia per ragioni storico-politiche sia per ragioni sociali. Attraverso la disamina di queste pronunce si vuole capire se la Corte, statuendo, abbia preso posizione – anche indirettamente ed incidentalmente – rispetto alla presenza di Chiese “ufficiali” in alcuni Paesi europei e se abbia eventualmente ritenuto che tale presenza contrasti con il sistema di diritti e di libertà sancito dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Altresì, si vuole affrontare il problema del riconoscimento delle Confessioni religiose da parte statale. Occorre chiedersi se esista un diritto al “riconoscimento”, e se tale diritto sia stato consacrato dalla giurisprudenza della Corte.

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3 INTRODUZIONE Il presente lavoro si articola in quattro distinti capitoli. Esordisce con un capitolo contenente un excursus storico-politico del Consiglio d’Europa e della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. Si pone attenzione al contesto – quello successivo alle due Guerre Mondiali – in cui si colloca la nascita del Consiglio, analizzando le vicende precedenti tale nascita e sottolineando la volontà degli Stati europei di concretizzare l’idea di unione, cooperazione, integrazione. Ci si sofferma sullo Statuto del Consiglio e sulla sua struttura. Con riguardo allo Statuto, si indicano i valori sui quali poggia l’Organizzazione e gli scopi della stessa; con riguardo alla struttura, invece, si individuano i suoi organi statutari, quelli principali e quelli sussidiari. Passando alla Convenzione, anche per essa si analizza il sostrato culturale nel quale ha visto la luce, con gli scontri – a volte accesi – che hanno accompagnato la sua elaborazione; ed i dibattiti circa la tipologia dei diritti da prendere in considerazione e, soprattutto, circa il problema della garanzia collettiva di questi diritti: aspetto, questo, assolutamente innovativo. Si fa, infine, cenno ai Protocolli aggiuntivi, che nel corso degli anni sono stati adottati, e ai rapporti tra Convenzione e Stati membri, per capire il valore e il rango da essa assunti. Segue la disamina degli articoli riguardanti la materia della religione: dell’art. 10, che garantisce la libertà di espressione e che include, anche, la libertà di ricevere o comunicare informazioni o idee, senza ingerenze da parte dell’Autorità; dell’art. 11, che garantisce la libertà di riunione e di associazione, particolarmente importante per ciò che riguarda le riunioni a scopo cultuale; dell’art. 14, che sancisce il divieto di discriminazione, e del quale si sottolinea il carattere accessorio. L’ultimo paragrafo del primo capitolo tratta, poi, del Primo Protocollo Addizionale alla Convenzione, relativo al diritto all’istruzione. Anche qui si ripercorre la strada seguita per arrivare all’attuale formulazione, ponendo l’accento sulle opinioni espresse dai diversi Paesi, che riguardavano la forma positiva o negativa che tale formulazione doveva assumere. Si parla, altresì, della

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Informazioni tesi

  Autore: Barbara Riggi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Cesare Mirabelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 222

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Parole chiave

condizione giuridica delle chiese
confessioni religiose
convenzione europea dei diritti dell'uomo
corte di strasburgo
divieto di discriminazione
libertà religiosa
proselitismo
riconoscimento

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